di Giulia Rodano
Zingaretti è andato, come prima uscita, nei cantieri del Tav. Non è un buon inizio. E non solo perché il Tav è diventata simbolo di un’idea sbagliata di sviluppo basato sul consumo di suolo e sulla prevalenza del mercato sulle ragioni ambientali. Ma soprattutto perché potrebbe testimoniare il muoversi del nuovo segretario del PD in piena continuità con le scelte compiute dal PD nel passato. E’ su questo che si giocherà la segreteria di Zingaretti. Il binomio da lui stesso posto a base della sua esperienza – unità e cambiamento – potrebbero entrare persino drammaticamente in contrapposizione.
In tanti e tante hanno gridato al gruppo dirigente del Pd che vogliono cambiare. In molti hanno votato Zingaretti per disperazione o per paura. Disperazione per mancanza di alternative, paura per il crescere di pulsioni razziste e autoritarie. Ma certamente c’è stato anche un voto di speranza, che, come si sa, è l’ultima a morire. La speranza che il drastico mutamento del contesto in cui il Pd di Zingaretti si troverà a muoversi, ne potrebbe favorire il cambiamento.
Il Pd di Renzi e Minniti è stato punito dagli elettori, è all’opposizione, non può illudersi di poter tornare a “inciuciare” con Berlusconi per mantenere il potere e anche l’asse europeo tra liberali, popolari e socialisti che ha promosso e sostenuto le politiche liberiste, ormai scricchiola in tutta Europa. E soprattutto, per chi ha occhi per vedere e cervello per intendere, scricchiolano le politiche liberiste di cui il PD in questi anni si è fatto, nella migliore delle ipotesi, garante. In Europa e nel mondo aumentano le disuguaglianze, le insicurezze e i rischi di guerra, si accentuano i pericoli ambientali, crescono le pulsioni autoritarie e per di più ristagna la crescita. Pensare di continuare così sarebbe da folli.
In questa situazione un Pd utilizzabile a sinistra sarebbe una manna. Questo, credo, hanno pensato e sperato tanti elettori e elettrici delle primarie. Certo è difficile mettere a tacere, per chi ricorda questi anni recenti, le scelte sbagliate sul lavoro, sui migranti, sul welfare, sull’economia e sui diritti, la subalternità culturale all’avversario, il tarlo che, dal fondo del nostro cervello che si ostina a sperare, ci chiede se questa volta sarà vero o se invece, per l’ennesima volta, il Pd ha chiesto voti a sinistra per poi usarli a destra.
Difficile insomma non rendersi conto che Zingaretti non è Corbyn.
In realtà, per non deludere questa “ennesima disperata speranza” ci vorrebbe anche una sinistra, quella sinistra che, se pure non è stata subalterna al liberismo, è rimasta ingabbiata nella sua altrettanto disperata e ininfluente solitudine e ha lasciato a tante e tanti come sola possibilità quella di delegare la propria voglia di alternativa a Zingaretti. Più alternativa ci sarà, più gli uomini e le donne delle primarie avranno una chance. Ma a ciascuno la propria responsabilità e la propria pena; alla sinistra quella di rendere visibile e credibile una alternativa, a Zingaretti quella di rispettare le sue promesse.
E allora vediamo se Zingaretti sarà capace di tacitare quel tarlo fastidioso, se creerà un nuovo ambiente o verrà rinchiuso nella vecchia gabbia. Vediamo se sarà capace di imporre qualche tema nell’agenda politica o si limiterà ancora a inseguire leghisti e grillini nell’assurda speranza di sostituirli. Se i temi della opposizione del PD rimarranno gli stessi di questi mesi, la fedeltà all’attuale Europa e alle sue attuali politiche, lo sviluppo basato su grandi opere e sostegno agli interessi delle imprese, precarizzazione e svalorizzazione del lavoro, allora la speranza sarà rapidamente delusa.
Ci sono un paio di temi e alcune scadenze in cui, almeno per me, “si parrà la sua nobilitate”. Il Pd sosterrà la Fiom che a Pomigliano d’Arco chiede di rientrare dalla cassa integrazione quando aumenta la produzione? Si metterà cioè dalla parte dei lavoratori o si piegherà come il Pd di Renzi al ricatto del profitto? Sosterrà Zingaretti le rivendicazioni dei lavoratori poveri e privi di diritti aprendo una battaglia per cambiare una legislazione sul lavoro che li ha privati di ogni diritto? Si batterà il governatore del Lazio per cambiare le politiche di austerità che hanno condotto milioni di cittadini, anche nella sua regione, a non potersi più curare? Tornerà indietro rispetto alle scelte scellerate sulla scuola e l’università?
Per questo avrei voluto che Zingaretti fosse andato a Pomigliano, invece che a Torino. E ancora vorrei che trovasse il coraggio di andarci.