Riceviamo e pubblichiamo
Il Sud dimenticato di cui nessuno parla. I porti commerciali di Venezia, Trieste, Ravenna e Genova diventeranno il terminale della “Nuova Via della seta”, ambizioso progetto infrastrutturale e commerciale che collegherà la Cina con l’Europa. La Cina è fortemente impegnata nella realizzazione di due corridoi commerciali, uno marittimo e l’altro ferroviario (“OneBelt, One Road”).
Il porto di Gioia Tauro non è presente tra le destinazioni e gli investimenti pubblici della Cina, nonostante fosse la prima richiesta che i cinesi avevano fatto alcuni anni fa. Ancora nello scorso novembre il ministro cinese Li Bin ha visitato il porto di Gioia Tauro nonostante il governo Gentiloni avesse offerto solo i porti del nord.
Oggi, in conseguenza di questo, una folta schiera di influenti politici italiani sta promuovendo il futuro scalo merci marittimo di Venezia, mentre Gioia Tauro non viene considerato. Il panorama è chiaro: l’Italia del Sud deve essere esclusa dal più grande investimento infrastrutturale e strategico della storia.
Questa scelta condizionerà negativamente l’Italia in quanto ha già perso e continuerà a perdere parte importante del traffico che sarà spostato sugli altri porti che si trovano, come Gioia Tauro, al centro del mediterraneo a cominciare da quello greco del Pireo che nel frattempo è stato acquisito dai cinesi.
Per ospitare le maxi navi porta container (portata 18.000 TEU), che forse in Italia solo Gioia Tauro, grazie ai suoi fondali, potrebbe far attraccare, bisognerà costruire a Venezia un nuovo porto commerciale: i cinesi sono pronti ad investire cifre considerevoli: circa 2 miliardi di euro e, inoltre, sono ben disposti anche a gestirlo.
Il porto di Gioia Tauro, inoltre, è forse l’unico in Italia ad avere gli spazi per creare strutture di smi-stamento merci e poteva diventare come Rotterdam il luogo di sdoganamento per tutte le merci che passano dal mediterraneo dirette per l’Europa; sarebbe stata una spinta enorme al rilancio dell’economia di tutto il Sud dell’Italia.
Il governo cinese attraverso le sue società controllate sta acquisendo sempre maggiore importanza all’interno del bacino del Mediterraneo.
L’implicazione di questa esclusione è facilmente prevedibile. Il porto calabrese sarà escluso dalle più importanti rotte di navigazione Far East-Europa con evidenti ripercussioni sul volume di traffico containerizzato e sui livelli occupazionali (diretti e indiretti) legati alle attività di transhipment. Il tempo perso in questi anni ha fatto perdere all’Italia una grossa fetta di fatturato di cui hanno beneficiato i porti del Pireo, di Tangeri e Algeciras.
Questa la sintesi dei fatti. Il Comitato Costa dei Gelsomini ha cercato evidenziare per tempo, ovviamente inascoltato dalla classe politica calabrese, la necessità di fare fronte comune contro l’estromissione del Porto di Gioia Tauro, senza riuscire a scalfire il muro di indifferenza sempre presente ossessivamente nel nostro territorio.
Era l’otto Giugno 2017 quando organizzammo una conferenza stampa per la presentazione di una interrogazione parlamentare sul tema.
Noi crediamo che una qualsiasi reazione allo stallo della rappresentanza politica, alla incapacità di lottare al momento opportuno per il proprio territorio sia necessaria, indispensabile e urgente. Questa grande lacuna, unita ad una scarsissima conoscenza delle potenzialità della Calabria, segnano indelebilmente la caratura della classe politica regionale. I rappresentanti nazionali della Calabria, pochi e palesemente asserviti alle logiche politiche, sono assenti in modo clamoroso. In queste ore si firmano contratti e memorandum sulla Via della Seta: ma neanche in questa occasione si fa cenno all’estromissione della nostra Regione. A chi sta bene?
Costa dei Gelsomini – Possibile