Il governo taglia le stime di crescita del Paese e riveda al rialzo il deficit che, tuttavia, resterà abbondantemente sotto il tetto del 3% del Pil imposto dall’Unione europea: “Il Consiglio ha approvato il Def, siamo stati seri e rigorosi” ha detto il premier Matteo Renzi. Il Pil, quindi, crescerà dello 0,8% quest’anno per arrivare al +1,3% l’anno prossimo, “ma spero di essere smentito” ha aggiunto Renzi. Nel 2016, poi, l’economica crescerà dell’1,6% e nel 2017 dell’1,8% (le stime precedenti). Calerà, invece, più lentamente il deficit: il disavanzo sarà al 2,6% quest’anno per arrivare al 2% l’anno prossimo e all’1,5% nel 2016.Ancora limitato, almento per quest’anno, l’impatto delle riforme che dovrebbe far aumentare il Pil di 0,3 punti percentuali per poi raggiungere gradualmente nel 2018 un livello di 2,2 punti percentuali più elevati rispetto allo scenario di base. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha però voluto sottolineare come “la semplificazione della Pubblica amministrazione sia una precondizione per la crescita” prima di aggiungere: “Il rispetto dai parametri europei è essenziale per promuovere un cambiamento”. Continua a salire il debito. Quest’anno arriverà al 134,9% del Pil considerando anche i sostegni al fondo salva Stati e al 131,1% senza considerare questi impegni.
Il debito scende poi progressivamente: 133,3% nel 2015, 129,8% nel 2016, 125,1% nel 2017, 120,5% nel 2018.
Debiti PA. Secondo il comunicato emesso dopo il consiglio dei Ministri ulteriori 13 miliardi di risorse per il pagamento dei debiti P.A. si aggiungeranno ai 47 già stanziati dai precedenti governi.
Disoccupazione. Sono quindi confermate le indiscrezioni della vigilia che parlavano di una revisione al ribasso della crescita del Paese, stimata in precendenza all’1%. D’altra parte per la Commissione europea l’Italia non crescerà più dello 0,6% a fine anno. L’attesa, però, si sposta sui provvedimenti che verranno licenziati dal consiglio dei ministri, nella speranza che da Palazzo Chigi arrivino nuovi stimoli alla crescita anche perché sul fronte della disoccupazione non arrivano segnali incoraggianti: il tasso a fine anno dovrebbe scendere al 12,8% dal 13% di febbraio, ma le regressione sarà lenta. Palazzo Chigi la stima al 12,2% nel 2016, mentre solo pochi giorni fa Renzi aveva fissato l’obiettivo al 10% entro la fine del 2018.
Tasse e fisco. Il governo promette il taglio del cuneo fiscale con una riduzione dell’Irpef per circa 10
miliardi a regime che andranno in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi lordi inferiori ai 25mila euro, mentre l’Irap dovrebbe scendere del 10% attravero l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Il governo presentare un decreto legge il prossimo 18 aprile nel quale Renzi garantisce risposta anche per gli incapienti, coloro che percepiscono meno di 8mila euro l’anno e non possono beneficiare dei tagli Irpef. Tuttavia, la pressione fiscale aumenterà dal 43,8% dello scorso anno. Secondo il Det il peso del Fisco salirà al 44% nel 2014 e 2015, per poi scendere al 43,7% nel 2016 e al 43,5% nel 2017.
Tagli e privatizzazioni. Uno dei documenti più attesi è quello sui tagli alla spesa pubblica dal quale si aspettano 4,5 miliardi per finanziare il taglio del cuneo fiscale e rilanciare i consumi nel Paese, mentre dalla banche arriverà un miliardo in più grazie alla plusvalenze sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia; un altro miliardo deriverà dall’aumento del gettito dell’Iva con il pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione. L’esecutivo, poi, conta di recuperare nuove risorse grazie alle privatizzazioni che secondo il Pnr, piano nazionale per le riforme, porteranno nelle casso dello Stato 40-48 miliardi di euro fino al 2017: i proventi saranno destinati all’abbattimento del debito. “Le privatizzazioni di Enav e Poste sono in dirittura d’arrivo” dice Padoan prima di soffermarsi sul debito che “anziché scendere sale, ma perché l’Italia contribuisce ai fondi per il salvataggio dell’Eurozona e, soprattutto, perché la crescita nominale è troppo basse. La zona euro dovrebbe avere un tasso di inflazione del 2% e una crescita dell’1%. Se fosse così avremmo una crescita al 3% e nelle attuali condizioni di finanza pubblica italiana, da solo basterebbe a portare il debito sul sentiero discendente in modo costante”.
IL REBUS DELLE COPERTURE
“Il merito del Documento di economia e finanza (Def) passato in consiglio dei ministri in tempo per i tiggì della sera è nel suo sforzo di realismo. Non capita spesso che il ministro dell’Economia formuli una previsione di debito per l’anno in corso peggiore di quella sfornata poche ore prima dal Fondo monetario internazionale.
Il problema è che le scelte ponderate finiscono qui. Il nucleo del Def approvato ieri, un taglio alle tasse da dieci miliardi sui redditi bassi, solleva domande in chiunque lo affronti con il pallottoliere dei conti anziché con le ali della politica. In primo luogo lo fa sulla natura delle coperture all’ammanco di cassa. Esse dovrebbero da garantire, almeno nelle promesse, che il deficit pubblico non aumenterà e a prima vista queste contromisure svolgono tutto il loro lavoro. Lo sgravio fiscale quest’anno peserà 6,6 miliardi di euro (poiché varrà solo da maggio, non da gennaio) e sarà garantito da tre voci diverse: 4,5 miliardi di tagli di spesa; circa un miliardo di prelievo supplementare dalle banche sul guadagno di 7 miliardi registrato rivalutando per decreto di governo le loro azioni in Bankitalia;
e ancora circa un miliardo dal gettito Iva prodotto dal pagamento degli arretrati dello Stato alle imprese.
Messo alla prova però l’intero edificio vacilla paurosamente. Le entrate dell’Iva legate alla liquidazione dei debiti dello Stato non rappresentano nuove risorse, ma solo l’anticipo di ciò che sarebbe successo in futuro quando quelle fatture sarebbero state comunque pagate. In altri termini, si sta spostando una posta di bilancio da un anno all’altro e si creerà dunque un ammanco equivalente negli prossimi esercizi”.
Fonte: http://www.repubblica.it/