di Massimo Torelli e Luigi Pandolfi
L’Italia è l’unico Paese d’Europa dove non c’è una forza della sinistra in grado di esprimere una rappresentanza adeguata ad ogni livello e di contare nella politica nazionale. È il risultato dei nostri fallimenti politici ed organizzativi.
Dopo la caduta del muro di Berlino, sembrava che la razionalità del capitalismo finanziarizzato fosse fuori discussione. Fino a quando la grande crisi globale non si è incaricata di dimostrare il contrario. Ma mentre in altri Paesi europei e negli stessi Stati Uniti la crisi ha fatto da levatrice per una nuova sinistra radicale e di classe, in Italia abbiamo assistito all’eclissi anche di quel poco di sinistra che c’era. I nostri fallimenti, perciò, non riflettono una crisi dei valori fondanti della sinistra, a cominciare dal valore dell’uguaglianza. Sono il frutto di ataviche divisioni ed incomprensioni, personalismi e narcisismi, inaccettabili tatticismi. In pratica, tutto ciò che adesso andrebbe buttato al macero. Perché la sfida della costruzione di una nuova sinistra, con un forte respiro europeo, in grado di contrastare da un lato il neoliberismo e dall’altro il sovranismo/populismo reazionario, è più attuale che mai. L’Europa continua ed essere stritolata nella morsa dell’austerità e delle politiche neoliberiste. Per il nostro Paese, questo significa che il debito viene usato ancora come un macigno per sbarrare la strada a progetti di risarcimento sociale a favore dei ceti più colpiti dalla crisi.
EPPURE, se da un lato in questi anni non sono mancate letture convincenti della crisi e dei suoi effetti, dei nuovi problemi del capitalismo, della stessa emergenza climatica, dall’altro scontiamo l’assenza di una visione politica condivisa di questi problemi e proposte chiare per un’alternativa di sistema.
PER COLMARE questo vuoto c’è bisogno di un cambio radicale di rotta e scelte nette. Bisogna confrontarsi con il pessimo risultato delle ultime elezioni europee, che ha fatto seguito ai fallimenti delle liste presentate dopo il 2014, ma anche con l’irrilevanza, apparsa ancora più evidente durante la crisi di agosto ed i suoi sviluppi.
NON È MAI facile, ma come L’Altra Europa con Tsipras lo abbiamo fatto e ne traiamo le dovute conseguenze, chiudendo con la fase che ci ha visti per un quinquennio soggetto di rappresentanza elettorale. Ripartiamo dalla nostra missione fondativa, quella di cercare una strada perché ci sia in Italia una sinistra degna di questo nome e non, come adesso, un’imbarazzante galassia di sigle. L’obbiettivo non è legato ad una scadenza elettorale, ma alla costruzione di una soggettività politica nuova ed organizzata. Un progetto alla cui realizzazione intendiamo concorrere trasformandoci da sigla (ormai una delle tante, anche se l’unica che in questi anni ha raggiunto l’obbiettivo anche elettorale che si era posto) ad associazione politica con questa specifica priorità. Lo facciamo in questi mesi di avvio del nuovo governo, quando già riaffiorano vecchie questioni, come quella delle alleanze e del rapporto col Pd, del governo e dell’opposizione. Noi pensiamo che nelle condizioni date il problema della sinistra sia la sua esistenza come tale, non altro. E che i problemi della sinistra non possano essere risolti, sic et simpliciter, con la partecipazione di alcune sue componenti con pochi parlamentari all’esecutivo nato dal fallimento dell’esperienza gialloverde. Scelta che non ci convince, mentre l’avere sventato il disegno eversivo di Salvini è stato indubbiamente un fatto positivo.
MA QUESTO governo non è un governo di cambiamento e tanto meno costituente, se ci si riferisce all’inedita maggioranza che lo sostiene. E ad ora non sta affrontando nemmeno l’emergenza democratica dichiarata nel suo costituirsi. Lo dimostrano il taglio dei parlamentari che asseconda logiche populiste e demagogiche (il voto su questo punto, previsto per i prossimi giorni, è un passaggio dirimente: la Costituzione non può essere oggetto di scambio), la riproposizione della dottrina Minniti sui migranti, il ritorno di insidiosi progetti di riforma costituzionale, ma soprattutto il traccheggiamento sulla reintroduzione di un sistema proporzionale puro, senza sbarramento, come unica forma di tutela del quadro democratico. Per non dire che la discontinuità in economia non va solo cercata rispetto al Conte Uno, ma anche ai governi precedenti, senza ricadere nelle vecchie politiche senza svolta, come invece ancora fa la Nota di Aggiornamento del Def appena varata.
NONDIMENO, questa fase politica può permettere sia di incalzare il governo sulle grandi questioni sociali ed ambientali aperte, sia di costruire l’alternativa di domani. A questo lavoreremo, creando occasioni per l’elaborazione di una vera agenda del cambiamento e coinvolgendo le tante risorse politiche e intellettuali, associative e di movimento che, a determinate condizioni, siamo convinti che potrebbero di nuovo attivarsi. È un progetto ambizioso quanto necessario.
Documento Altra Europa con Tsipras- Decisioni assunte il 14 settembre 2019