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Un’unica lista a sinistra per l’alternativa

Crediamo che sia necessario, per una lista a sinistra, riprendere il cammino iniziato con la grande assemblea del 18 giugno al Teatro Brancaccio. Non farlo significherebbe ancora una volta, l’archiviazione indecorosa, del “tentativo (ingenuo?) di offrire una sponda politica al NO sociale del 4 dicembre, quando la difesa della democrazia ha incrociato un’implicita, poderosa, richiesta di applicazione della Costituzione nella sua parte più propriamente programmatica e sociale” e di incrociare, in un percorso inedito, le formazioni politiche che in quella battaglia avevano fatto fronte comune.

Archiviarlo sarebbe una sconfitta pesante per tutti gli attori coinvolti. Provocherebbe un danno incalcolabile al desiderio di partecipazione e di rinnovamento della politica, vitale per la democrazia. Ricadrebbe pesantemente sulle fasce sociali e le aree territoriali più deboli, su tutti i soggetti coinvolti e, in ultima analisi, sul Paese nel suo insieme.

La storia, passata e recente, ci insegna che nel sociale, in tutte le sue articolazioni, e nella politica, come nella vita dei singoli, non esistono percorsi lineari, netti, puri. 

Ogni percorso è costellato da errori più o meno gravi, le cui cause e le cui colpe ognuno è portato a cercare e guardare dal punto di vista che gli deriva dalla sua storia, formazione e cultura.

Tutti sapevamo, quando ci siamo ritrovati al Brancaccio, che la costruzione di un’unica lista a sinistra del PD avrebbe richiesto capacità di mediazione, disponibilità ad accettare un compromesso (politico, quindi alto) su un programma minimo, ancorché di forte discontinuità con la logica che ha ispirato le politiche dei governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni, almeno.

Il meccanismo, forse perché non adeguatamente sostenuto da tutti, ad un certo punto si è bloccato e, dopo l’annullamento dell’assemblea in programma per il 18 novembre, siamo arrivati al rischio concreto di un deragliamento disastroso.

Per colpa di chi? Dei partiti che, dentro e fuori il percorso del Brancaccio, com’è stato sostenuto da alcuni, hanno lavorato per garantirsi la sopravvivenza, o per mettere il cappello su quella spinta? Oppure, come sostenuto da altri, dell’ingenuità/inadeguatezza o, peggio del cedimento di Falcone e Montanari che hanno avuto sulle spalle per intero tutto il peso dell’avvio e della conduzione del processo innescato al Brancaccio? 

Poco importa, a questo punto. 

Rimane il fatto che la forza e l’autonomia del movimento nato dall’appello di Anna Falcone e Tomaso Montanari, costituivano e costituiscono l’unico argine ad una deriva “ulivista” della lista unitaria, come i fatti stanno, testardamente, dimostrando.

Che fare ora? Noi pensiamo che ci sia spazio e tempo per fermarsi, riannodare le fila e ripartire. Anche perché se il progetto naufragherà definitivamente, avremo perso tutti. Anche quelli che, in questo momento, pensano di avere vinto.

Fuori da queste beghe c’è un’Italia che soffre, che non va più a votare o, addirittura, trova le risposte alle sue domande nella tossica narrazione della realtà che propinano le destre, variamente intese. E’ già accaduto nella storia, e sappiamo come è andata a finire.

L’idea di un’unica lista a sinistra del Pd, la più inclusiva possibile, radicale nei contenuti, con tanti volti nuovi, rimane un’idea valida, per scongiurare questo epilogo e per arginare la frana politica e sociale incombente. 

C’è bisogno di una lista che coniughi rinnovamento e radicalità. Un progetto che metta al primo posto il lavoro, la sua dignità e i suoi diritti, la riconversione ambientale con incentivi a favore degli enti locali, il ripristino dei trasferimenti di risorse finanziarie ante 2007 dallo Stato ai Comuni, una politica attiva di accoglienza dei migranti anche per la rinascita delle aree interne spopolate, il rifiuto della partecipazione a qualunque azione bellica e la fine del blocco navale anti-immigrati nel Mediterraneo, la legalizzazione delle droghe leggere, la lotta senza quartiere alla borghesia mafiosa e l’utilizzo sociale dei beni confiscati. Su tutto, un nuovo ruolo “economico” dello Stato, anche come datore di lavoro di ultima istanza.

Il conseguimento di tale obiettivo, l’unico e il più avanzato possibile nelle condizioni date, richiede che ognuno fermi la propria macchina e si ritorni a dialogare. Per arrivare ad un appuntamento unitario, dove, democraticamente e con la più ampia partecipazione possibile, si definiscano il profilo programmatico della lista ed i criteri di selezione delle candidature.

Chi non è convinto di questa prospettiva, lo dica chiaramente e faccia altro. 

 

Giuseppina Ancona (Un’Altra Storia Agrigento); Piero Bevilacqua (Università La Sapienza) Carmela Cappa (Funzionaria Belle Arti Catania); Massimo Covello ( Segretario Fiom Calabrie); Alfio Foti (Un’Altra Storia Sicilia); Alfonso Gambacurta (Università La Sapienza); Gabriele Giannini (Segretario nazionale Flc-CGIL); Angela Merendino (BB CC Catania); Ottavio Navarra (Editore- Palermo); Santo Oliveri (Ingegnere, Un’altra Storia – zona Ionico-Etnea); Luigi Pandolfi (CNR Cosenza, giornalista) Tonino Perna (Università di Messina); Giuseppe Pierino (Già parlamentare PCI); Mimmo Rizzuti (Forum Italo – Tunisino); Gianni Ruggieri (Scuola di Formazione politica Alberto Tolumello – Palermo); Enzo Scandurra (Università La Sapienza); Leonide Spinelli (Consigliere comunale – Saracena in Comune); Martina Talarico (Studentessa universitaria – Unical).

 

Scritto da Redazione

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