Dovevano rappresentare la voce critica del partito e votare la sfiducia al ministro dell’Interno. Ma alla fine Laura Puppato, Felice Casson e gli altri senatori si sono allineati alle direttive di Franceschini e palazzo Madama ha bocciato la mozione a larga maggioranza.
Laura Puppato si alza, chiede la parola per dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo. I senatori di Sel e del Movimento 5 stelle la sostengono con un forte applauso. Puppato è l’unica dei dissidenti del Pd che sembra disposta a resistere e votare la mozione di sfiducia ad Alfano. Gli applausi però si trasformano subito in un brusio incredulo, poi in qualche fischio.
«Volevo confortare i colleghi della maggioranza», dice Puppato, «non voteremo la mozioni di sfiducia. Intervengo perché voglio supportare quanto già detto dal collega e capogruppo Zanda…». Il presidente Grasso è costretto a interromperla: «Senatrice serve il voto in dissenso per fare la dichiarazione in dissenso…». Alcuni senatori del M5S protestano. «Gli tolga la parola!». Poi Puppato arriva al punto: lei si astiene. O almeno così dichiara. Perché alla fine preferisce non partecipare: «qualcuno dove averle fatto notare che al senato astenersi è come votare no. Non ci sarebbe stato dissenso col gruppo», maligna il senatore Pd Latorre. «Dev’essersi accorta che non l’avrebbe notata nessuno», fa coro un collega. Come lei fa Lorenza Ricchiuti, e Walter Tocci, ma senza intervenire, senza far rumore, «che non sono il tipo». Nessuno dei due risponde all’appello del voto nominale.
Felice Casson, invece, vota contro la mozione. A favore del governo e di Alfano. Durante il dibattito, applaudito dalle opposizioni, aveva strappato anche lui gli applausi di 5 stelle e vendoliani. Poi però ha annunciato un voto «per disciplina» in linea con quello del gruppo, seguendo quindi gli argomenti di Luigi Zanda: «I senatori del Pd voteranno contro, pur sapendo che il caso non può considerarsi chiuso e che servono ulteriori risposte per capire quali poteri abbiano mosso come burattini le forze di polizia». Il Pd vota no, anche perché «un voto così è sempre politico» e «le ragioni per cui abbiamo fatto nascere un governo presieduto dal nostro vicesegretario non sono venute meno». Casson, dunque, sfila sotto la presidenza ed esprime il suo voto. Dice «sì», ma è un errore. Infatti chiede di correggere il voto e si adegua.
Per chi li guarda da fuori è una delusione fortissima. Ma non inattesa. «Siete voi della stampa che date troppo spazio e importanza a questi dissidenti del Pd», si sfoga un senatore di Sel. «Sono quattro gatti». «Sono dei poveretti. Anche simpatici ma poveretti». «Fanno sempre così».
Si coglie però un dispiacere, una delusione. E la frustrazione di non poter strappare ed esasperare il rapporto con l’alleato di sempre. Loredana De Petris, capogruppo Sel al Senato, non è comunque morbida: «il Pd non voterà la mozione di sfiducia, non perché crede alla versione del ministro. Farà come i parlamentari del PdL che non credevano alla barzelletta di Ruby ma si sono adeguati. Il Pd antepone la salvezza di questo governo alla propria dignità». «Cristo è morto di freddo», provoca De Petris, «Votereste anche questo pur di salvare il governo. Pensate di fare così un buon servizio al paese e al vostro partito?».
Nel M5s, invece, si fregano le mani. Lo staff fa una considerazione banale: «Da dove pensi che arrivino i voti che ci stanno facendo risalire nei sondaggi?». Il capogruppo Morra, intervenendo, aveva detto: «Ci siamo ritrovati nelle parole di Casson». Forse era un modo per ringraziare.
Grazie che dal Pd non arrivano. Perché anche non aver risposto all’appello è considerato troppo. L’umore diffuso è quello del senatore Pd Stefano Esposito: «vuoi il voto di Beppe Grillo, gli applausi dei grillini? Allora vai con Grillo! Basta non se ne può più. Siamo scemi noi che ci prendiamo gli insulti e gli permettiamo di condurre una campagna congressuale sputando sul partito? Se ne vadano».
di Luca Sappino
fonte: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/pd-i-dissidenti-ci-ripensano/2211546