L’impoverimento culturale di un Paese non può essere legato, come vogliono farci credere da anni, ad un solo essere umano. Le personalità di spicco del centro-sinistra hanno ripetuto per anni il ritornello della decadenza culturale dovuta a Berlusconi e al suo modo di fare politica, cinema, televisione, informazione. In un momento di crisi, qualsiasi crisi, l’individuazione di una delle possibili cause scatenanti è solo il primo passaggio. Momento imprescindibile è e deve essere quello della creazione di un Modello alternativo.
Nel campo culturale è un ragionamento intuitivo: per sconfiggere una crisi culturale occorre proporre un modello culturale alternativo. Limitarsi all’elenco delle cause che limitano lo slancio culturale di un Paese, senza trovare ricette per quello slancio, è improduttivo. La sinistra in questi anni si è sentita estranea al processo di impoverimento, convinta che bastasse solo rivendicare l’estraneità al Berlusconismo per non esser giudicati dalla Storia. Ma la mancata proposizione di un’alternativa culturale è un boomerang nel lungo periodo, ti si ritorce contro e ne vieni pervaso. La critica sterile è morta infatti con il Governissimo.
Con le larghe intese l’assenza di una diversità culturale ha raggiunto la sua massima espressione e soprattutto è stata confermata, per chi pensava non fosse reale. Immaginiamo un domani, un domani quando Silvio decadrà ufficialmente, quando la Destra crollerà nei consensi o domani quando i Parlamentari del PDL si dimetteranno in toto dal Parlamento, quale alternativa culturale propone al Paese il Centro-Sinistra italiano? Oggi la “questione culturale” è “questione politica”. Difendere e raggiungere una diversità morale e culturale. Questa dovrebbe essere la ricetta per ritornare alla fiducia nelle istituzioni e nella politica tutta. La questione è stata però travisata. La superiorità è diventata “supponenza”, arroganza nel rivendicare non una diversità, ma una semplice e vigliacca estraneità ai fatti e una difesa di un modello culturale elitario e non comunicabile. I responsabili sono i cittadini che non capiscono, che non hanno i mezzi per comprenderci, si sentiva ripetere nei circoli e nelle sezioni, mentre l’operaio sceglieva il rude e semplice messaggio leghista o il sogno berlusconiano.
Questo è il padre di tutti gli errori. Il centro-sinistra in questi anni ha ospitato la crema della società civile e svariate personalità indimenticabili dal punto di vista culturale (assieme a personaggi spesso sgradevoli, ma qui non ne parleremo). La grande sconfitta è stata, per tutta questa classe dirigente, non riuscire a trasmettere questa esperienza e questa preparazione ad un Popolo enorme e voglioso di spiegazioni e chiarezza. La complessità della sinistra italiana è stata rigettata proprio perchè non compatibile con l’italiano-medio che da simbolo del centro-sinistra è diventato marionetta del centro-destra. Il meglio della nostra cultura ha sempre cercato di rinchiudersi in piccole formazioni politiche elitarie. Da piccole percentuali derivano piccole responsabilità e questo agli intellettuali di sinistra è sempre particolarmente piaciuto e convenuto fino ad oggi. Esprimere una cultura popolare, mainstream, potabile, accessibile, una cultura che possa esprimersi al Governo e non solo all’opposizione, una Cultura che sia maggioranza del paese e non minoranza non è facile.
Il concetto che abbiamo fatto passare è che la cultura è nicchia, è che i libri sono per pochi, alcuni film per pochi, alcuni cantautori solo per alcune persone. Quello che nessuno ha mai capito è che i delusi da Berlusconi non si conquistano con l’abbassamento di un’imposta in più rispetto al PDL, ma con il lavoro casa per casa, scuola per scuola, paesino per paesino, indirizzato al cambiamento del paradigma culturale. Questo la sinistra non l’ha fatto, non è riuscita a rendersi “più” rispetto al Berlusconismo, ma semplicemente “Altro”, fino a diventare “uguale” con il Governissimo. Non è il popolo che si deve elevare alle conoscenze della classe politica, ma la classe politica che, dopo un’attenta osservazione del proprio bacino d’utenza, dovrà divulgare in modo chiaro e preciso il proprio programma culturale e cominciare un processo di crescita non imposto ma condiviso. Non sarà un uomo solo a risollevare la cultura in questo Paese, a rimettere in sesto questo immenso patrimonio in decadenza, di cui l’attuale Pompei è perfetta metafora. La sinistra deve tornare ad essere POP, perchè essere pop non significa perdere valore ma significa lottare per un POP diverso e migliore.
La sinistra è ontologicamente popolare e non elitaria. Un Partito che punta a governare e che mira al Bipolarismo deve essere POP. Apriamo gli occhi, “guarda intorno a te, che doni ti hanno fatto” e cominciamo in ogni piccola realtà a mettere a disposizione della comunità i nostri saperi. Sfondiamo il muro della nicchia e torniamo a mettere in comune le nostre esperienze. VInciamo l’agorafobia che ha caratterizzato la sinistra in questi 20 anni, torniamo a mettere in piazza le nostre idee senza lasciarle morire in comodi salotti. Abbandoniamo candidature che godono dell’appoggio di una vecchia classe dirigente sconfitta dalla storia, dal consenso ma non dalla rassegnazione purtroppo. Sosteniamo il nuovo, il diverso. Sosteniamo chi combatterà i 101 e non chi gode del loro appoggio. Abbiamo tra le mani un enorme patrimonio culturale. Proteggiamolo scegliendo forze fresche che abbiano voglia di difenderlo insieme a noi. Ecco perchè sottolineo da tempo e con forza l’imprescindibilità della leadership collettiva, perchè permette di cambiare il paradigma davvero e concretamente, perchè porta ad un cambiamento universale e non particolare e imposto. Ecco perchè non cerco un leader ma un Segretario garante della sovranità popolare. Ed ecco perchè, in tutti i modi, l’attuale gruppo dirigente del maggior partito del centro-sinistra italiano cerca di ostacolare e ignorare le forze e i soggetti che rappresentano vera discontinuità rispetto ad un gruppo di potere arroccato sulle proprie posizioni e sordo al mondo.
di Antonio Sicilia