La partecipazione di Grillo a Porta a Porta non ha fatto altro che confermare lo scadimento della politica italiana a mera lotta mediatica tra i vari fronti populisti che si contendono disperatamente l’elettorato, nello scenario di un paese stordito dalla crisi e sensibile ai richiami degli uomini della provvidenza. Slogan, approssimazione e sensazionalismo – “Plebiscito, colpi di scena, apparato coreografico fantasmagorico“, avrebbe detto Antonio Gramsci – sono oggigiorno la vera cifra della politica e, a malincuore, bisogna prenderne atto.
Nel profluvio di parole di Grillo, nondimeno, ce ne sono state alcune che mi hanno fatto molto riflettere: quelle pronunciate a proposito della questione immigrazione.
A parte alcune banalità del tipo “da soli non ce la possiamo fare” oppure la freddezza insita in espressioni come “Meno cuore più intelligenza“, di significativo ha detto più o meno questo: l’immigrazione serve alla destra e alla sinistra per qualificare il proprio profilo identitario e creare tra di loro differenze artificiose. In sostanza ha ridotto il dramma dei migranti che arrivano sulle nostre coste – e di quelli che non ci arrivano perché muoiono in mare – ad elemento di disputa ideologica tra destra e sinistra, che secondo lui, ovviamente, costituiscono ormai categorie superate per leggere le differenze tra le forze in campo. Nel merito non ha espresso alcuna opinione.
Non mi hanno colto di sorpresa quelle parole, beninteso. Già noti erano certi argomenti del comico genovese su temi sensibili come il reato di clandestinità, lo ius soli, la concorrenza tra lavoratori stranieri e italiani. Viene da chiedersi piuttosto se ci sia un equivoco sull’approccio del M5S al tema dell’immigrazione o invece la sua posizione sia proprio quella che traspare dalle dichiarazioni del capo.
Si ricorderà che la recente vicenda del voto sulla depenalizzazione del reato di clandestinitàaveva fatto emergere una differenza di opinioni tra la maggioranza della “base” ed il duo Grillo-Casaleggio, segno di una prevalenza nel ventre del movimento di una diversa sensibilità sull’argomento rispetto a quella della diarchia.
Resta da capire il perché Grillo sulla questione alterni atteggiamenti omissivi a posizioni pregiudizievoli, associandosi di fatto – per stare alla sua visione – al campo delle destre. Probabilmente ad influire saranno anche le sue personali convinzioni, ma ciò non basta a spiegare il tutto. Dagli scontrini della buvette di Montecitorio al rapporto con tematiche “difficili” come quella di cui stiamo parlando, il filo conduttore della politica pentastellata è sempre lo stesso: stare in sintonia con gli umori della “gente”, che non di rado, stanti le difficoltà materiali dell’esistenza, nella continua ricerca di capri espiatori, si nutrono di sentimenti di rancore e di desideri di vendetta.
E Grillo da questo punto di vista, citando ancora Gramsci, non solo incarna il demagogo che “pone se stesso come insostituibile” e “vuole entrare in rapporto con le masse direttamente“, ma anche la figura dell’eroe dei romanzi popolari, vendicatore dei torti subiti e subendi dal popolo che pretende di rappresentare.
Casta, banchieri, immigrati, partiti, tutto fa brodo nella fase di decadenza che stiamo attraversando. Certo, parlare di solidarietà, di accoglienza, oggi non va proprio di moda. Questo Grillo l’ha capito e se n’è guardato bene dal farlo a pochi giorni dal voto.
Come lo vogliamo chiamare questo, cinismo?
di Luigi Pandolfi
da: http://www.huffingtonpost.it/