“Mai robba da Prima Repubblica”, “basta operazioni di Palazzo”,” la politica è tra la gente”. Queste le frasi da sempre punto cardine del politico Matteo Renzi. Questi i presupposti che lo differenziano dagli “altri”. E per i presupposti piaceva. Un giovane ambizioso, coraggioso, determinato, che rimette in primo ordine la correttezza e la costituzionalità, che fa, paradossalmente, semplicemente il suo dovere. Un uomo che in poco tempo ha raggiunto l’apice ed è diventato il soggetto in cui la nazione, o quasi tutta, ha riposto le sue speranze, dopo un abbassamento dell’asticella politica drastico e devastante. Ebbene un giovane di sì simile fattura, un giovane dalle potenzialità e dai poteri così forti ,perché avrebbe dovuto rinnegare il suo Credo così esplicitamente? Per quale ragione avrebbe dovuto “tradire la gente”? Mediante un gesto politico (ma poco etico) così forte il giovane fiorentino compie il così detto “tutto dentro”, mette in dubbio il suo intero operato. Ma un’azione così repentina è verosimilmente il manifesto di una scelta obbligata, il risvolto necessario di una maturazione matura. “Compiere azione di Palazzo, formando un nuovo governo o andare al voto ?”. Questo è il bivio postosi dinanzi a Renzo. Ma chi è Renzi? È un giovane sindaco di Firenze stante nel Partito Democratico, che nel corso di questo ultimo anno ha agito fuori dai Palazzi del Governo, il quale parlando bene o agendo bene (non è questo il punto) si è formato un’immagine politica di cambiamento che è arrivata in tutte le case. Ma per questo intero anno Renzi ha riservato agli italiani il dubbio che della sorpresa, in questo intero anno il sindaco fiorentino non si è mai messo in gioco prendendo precise decisioni, ma è sempre stato fuori dal frullatore politico divenendo il potenziale salvatore. Orbene questo tempo di sospensione è giunto ,come è lecito, al termine. Questo periodo di maturazione è divenuto maturo e il bivio che si è posto davanti a Renzi è il limite di questo. Dopo un anno Renzi deve fare politica, prendendo decisioni politiche. Da un’impostazione partitica che puzza di Prima Repubblica è uscito un esecutivo Letta ,poco deciso e forte. In virtù di questa stessa impostazione il governo Letta cade ( o viene fatto cadere. Mettere entrambe le interpretazioni è obbligo): si va al voto o si fa si forma un nuovo governo? Renzi ha optato per la seconda.Così ha rinnegato i suoi presupposti, citati all’inizio dell’articolo, mettendosi contro gran parte della gente, ha sobbillato il suo partito, il quale minaccia scissioni, ha sfidato la sorte. Se infatti l’esecutivo Renzi non porterà risultati positivi è ovvia e conseguente una decadenza, o perlomeno una flessione del politico. Arrivando al crogiuolo del discorso, cerchiamo di guardare con gli occhi di Renzi la situazione. Ricordiamoci che Renzi aveva promesso una legge elettorale nuova, con una precisa data di scadenza per realizzarla. Questa legge elettorale non è arrivata. Quale scandalo votare di nuovo con il porcellum e come difendersi nell’ipotetica campagna elettorale dalle accuse di inconsistenza nell’operato? Tornando al voto, Renzi forse avrebbe ricevuto una perdita di credibilità maggiore di quella ora ricevuta. Ed allora pur di restare all’apice ha preferito nullificare il voto delle persone, sperando di riscattarsi con i buoni risultati che lui prospetta di fornire dall’esecutivo.
di Marco Lesci