A colloquio con la presidente dell’Istituto Carlo Cattaneo. Con lei discutiamo di politica e antipolitica, crisi dei partiti e riforme necessarie. Elisabetta Gualmini è docente ordinario di Scienza politica presso l’Università Alma Mater di Bologna. Nel 2012 è stata eletta all’unanimità presidente dell’Istituto Carlo Cattaneo, la prestigiosa istituzione che ha raccolto l’eredità dell’Associazione di cultura e politica “Carlo Cattaneo” legata alla storica rivista “Il Mulino”.
E’ la prima donna a salire al vertice della prestigiosa fondazione che, fondata nel 1956, esegue ricerche di alto profilo scientifico sul comportamento elettorale, sui temi più attuali e rilevanti della società spaziando dall’ economia alla politica. Nel 2005 ha ricevuto dalla Società Italiana di Scienza Politica il premio per il miglior volume di Scienza Politica scritto da giovani studiosi sotto i 40 anni (L’amministrazione nelle democrazie contemporanee, Laterza, Bari). Con Piergiorgio Corbetta ha appena pubblicato Il partito di Grillo (Il Mulino, Bologna, Collana “Contemporanea”). “L’Italia – chiarisce Gualmini – ha passato diverse fasi di instabilità e di transizione. Questa è davvero una opportunità per cambiare profondamente e per inserire, se non in questa legislatura nella prossima, riforme strutturali sia delle istituzioni che della politica economica”.
L’attuale situazione politica segnala un crollo verticale di credibilità dei partiti e della classe politica nel suo complesso. Cosa ha determinato tutto ciò?
Gli ultimi decenni sono contrassegnati in tutti i paesi europei da un calo significativo della fiducia nei confronti dei partiti, poiché i cittadini hanno elevato le loro conoscenze e le loro aspettative rispetto ai sistemi democratici e questi ultimi non sono stati in grado di essere sufficientemente ricettivi ed efficaci. In Italia, però, il crollo della fiducia ai partiti tra il 2008 e il 2013 è stato causato dagli scandali che nel 2012 hanno riguardato tutti i partiti tradizionali (dal Pd con Penati e Lusi, al Pdl alla Lega, all’Idv). L’ondata di corruzione che ha nuovamente investito la politica, così come era successo durante Tangentopoli, ha dato il colpo di grazia ai partiti.
Stiamo parlando, in ogni caso, soltanto di un momento di difficoltà per la politica e le istituzioni o di una crisi irreversibile di sistema?
La crisi ha un carattere fisiologico un po’ in tutta Europa, ma da noi ha raggiunto un picco nel 2012, quando la crisi morale della politica si è combinata alla recessione economica.
Tra crisi economica e vincoli europei si ha perfino l’impressione che la politica sia inutile, sempre più debole e con una funzione residuale rispetto ad altri poteri che la sovrastano. QUal è la sua opinione al riguardo?
La politica non ha dimostrato di essere efficace, anzi è apparsa negli ultimi anni decisamente autoreferenziale e completamente distante dai problemi dei cittadini. Durante il governo Monti spettava ai partiti portare a casa le riforme delle regole istituzionali (legge elettorale, abolizione delle province e altre riforme istituzionali) mentre al governo toccava il “lavoro sporco” del risanamento finanziario. Ma i partiti non hanno mantenuto alcuna promessa.
Come si spiega, in questo quadro, il successo di Grillo?
Il successo di Grillo è inversamente proporzionale alla crisi dei partiti tradizionali. L’inconcludenza dei partiti ha aperto una autostrada alla protesta di Grillo e alla voglia di partecipazione dei cittadini, desiderosi di mandare a casa una “casta” percepita come rinchiusa in se stessa e interessata ai propri interessi individuali.
Come si può definire, da un punto di vista politologico, il partito di Grillo?
E’ un partito a tutti gli effetti, in quanto dal 2009 i suoi rappresentanti vengono eletti nelle istituzioni di governo del nostro paese, prima a livello comunale e regionale e poi nel Parlamento. Ha una chiara matrice populista, perché l’intento principale è quello di abbattere ogni corpo intermedio (partiti, sindacati, organizzazioni) tra il popolo che è puro e incontaminato e il governo.
Ma i partiti sono davvero finiti, come dichiara apoditticamente Grillo, oppure hanno ancora un futuro, oltre che una funzione, nella nostra società?
La democrazia non può esistere senza partiti. Ma il segnale forte e chiaro mandato da Grillo è che i partiti tradizionali si devono fortemente rinnovare.
Una domanda secca: la nostra democrazia è in pericolo?
No, non penso proprio che sia in pericolo. L’Italia ha passato diverse fasi di instabilità e di transizione. Questa è davvero una opportunità per cambiare profondamente e per inserire speriamo, se non in questa legislatura nella prossima, riforme strutturali sia delle istituzioni che della politica economica.
di Luigi Pandolfi