Mentre persino il Fondo monetario internazionale avverte che la bassa crescita italiana, stimata in +0,6% per l’anno in corso e un incerto +1,1% per quello a venire (inferiore quindi a quasi tutti i paesi della Ue, compresa la martoriata Grecia), il nostro nuovo governo procede come su nulla fosse. Il Def dei miracoli annunciato da Renzi è peggio del topolino partorito dalla montagna di promesse via twitter del Presidente del Consiglio. Non vi è traccia neppure dei famosi pugni da battere sul tavolo della Ue, dal momento che non si parla di utilizzare il margine fino al 3% del deficit annuo. D’altro canto il fiscal compact è alle porte e di fronte a questo non c’è finanza creativa che tenga – neppure quella del nuovo responsabile economico del Pd Taddei – ma solo la sua abolizione.
L’insieme del Def e del decreto Poletti sul lavoro dimostrano che l’unica novità è che dopo l’appannamento della propaganda su una impossibile austerità espansiva, il governo italiano abbraccia con decisione quella della “precarietà espansiva”. Tutto viene puntato sulla integrale precarizzazione del rapporto di lavoro. Il decreto Poletti contraddice persino le norme della Ue ed è quindi giusta la denuncia avviata dall’Associazione dei giuristi democratici del governo italiano agli organi europei. Il governo spera che privando completamente di protezione, di formazione e di diritti i giovani e gli oltre tre milioni di disoccupati come per incanto le imprese tornino ad assumere. Finge di non rendersi conto che in Italia da diversi anni la crescita del Pil è assai più bassa della media europea, mentre le ore lavorate per ogni singolo lavoratore sono altissime.
Ad esempio in Germania sono 1400 all’anno, in Italia 1800. L’intensificazione dello sfruttamento di pochi e la disoccupazione e la precarizzazione di molti non fa ripartire l’economia. Il tasso di variazione del lavoro temporaneo in Italia, tra il 1990 e il 2012, è del 164%, contro una media europea del 34,5%. La stessa Irlanda, un altro dei paesi PIIGS, ha avuto un tasso di crescita del 19.7%.
È quindi già dimostrato che, come l’austerità espansiva, anche la precarietà espansiva è un puro imbroglio. Naturalmente non manca il corredo delle solite privatizzazioni, già previste da Enrico Letta, e qui ribadite, a conferma di una linea di smantellamento del patrimonio pubblico, quello migliore e più utile in primis, che è l’unico che eventualmente può interessare ai centri del potere finanziario internazionale.
Ovviamente Renzi cerca di mascherare l’operazione non solo con i tweet ma con misure ad effetto, come il tetto agli stipendi ai manager – peraltro già previsto in misura inferiore con eccezione delle società quotate in Borsa dal secondo governo Prodi, poi sostanzialmente eluso dai governi successivi -, o l’incremento delle tassazioni sulle plusvalenze delle banche che realizzeranno a seguito del grazioso regalo – che tale resta – della rivalutazione delle loro quote in Bankitalia, per trovare una qualche copertura, oltre che dalla spending review che vuole dire licenziamenti nel pubblico impiego, alle famose 80 euro in più nella busta paga. Che, come si vede, se ci saranno saranno pagate con lauti interessi da tutti i lavoratori e dai cittadini italiani.
Opposizione sindacale non pervenuta, anzi Angeletti (Uil) si dichiara pure contento!
di Alfonso Gianni
Fonte: http://www.huffingtonpost.it/