Home / Mondo / Donald Trump e il neofascismo evangelico
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si rivolge alla 74a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, martedì 24 settembre 2019.

Donald Trump e il neofascismo evangelico

di Stefano Zecchinelli

La politica del presidente statunitense, Donald Trump, si inserisce in uno scenario internazionale di alleanze reazionarie con governi d’estrema destra ed organizzazioni politiche dichiaratamente neofasciste. Questo rispecchia la natura politica della destra alternativa USA (Alt Right) la quale tiene insieme una parte dei neoconservatori (Edward Luttwak e David Horowitz) ed i sostenitori del Potere Bianco riuniti attorno all’ex banchiere della Goldman Sachs, Steve Bannon. Come per il fascismo storico, l’avvento del neofascismo evangelico statunitense nasce dal tradimento della sinistra: all’inizio del secolo scorso, la socialdemocrazia abbandonò l’antimilitarismo votando i crediti di guerra; oggigiorno il centro-sinistra ha abbracciato la dottrina economica neoliberista la quale, a detta di molti studiosi come Joseph Stiglitz, non ha nessun fondamento scientifico.

Negli anni ’70 i neoliberisti, appoggiati dagli apparati d’intelligence della CIA, vennero inseriti nei posti di comando delle organizzazioni sovrannazionali, liquidando i keynesiani. Iniziarono quarant’anni di politiche capitaliste radicali le quali desertificarono lo Stato nazionale, svendendo la sovranità economica alla nuova classe ultra-borghese transnazionale. La classe operaia, con la distruzione dei Partiti comunisti filo-sovietici e l’abdicazione del maoismo occidentale, perse le proprie rappresentanze di lotta; dall’altra parte, abbiamo assistito alla polverizzazione dei ceti medi. Il giornalista statunitense Chris Hedges ha definito questa involuzione della democrazia borghese come il sentiero oscuro dal neoliberismo al fascismo. L’articolo di Hedges (il quale non nasconde la sua formazione marxista) merita una citazione completa (sottolineatura mia):

‘’Il neoliberismo genera poca ricchezza. Invece, la ridistribuisce alle élite al potere. Harvey lo chiama “accumulazione per espropriazione”. “L’argomento principale dell’accumulazione per espropriazione si basa sull’idea che quando le persone esauriscono la capacità di lavorare o fornire servizi, si crea un sistema che estrae ricchezza da altre persone”, secondo Harvey. “Quell’estrazione diventa il centro delle loro attività, uno dei modi in cui questa estrazione può avvenire è creando nuovi mercati di merci laddove non c’erano prima”. Ad esempio, quando ero giovane, l’istruzione superiore in Europa era essenzialmente un bene pubblico, ma questo e altri servizi sono diventati attività private, come il servizio sanitario’’ .

Il neoliberismo s’è configurato – dagli anni ’70 in poi – come una patologia letale capace di divorare la sinistra socialdemocratica diventata anti-popolare ed anti-nazionale. Il fenomeno della ‘’accumulazione per espropriazione’’, venne introdotto in Europa dal (falso)socialista Mitterrand ed approfondito dai governi di centro-destra successivi. Sotto il neoliberismo, l’’’accumulazione per espropriazione’’ ha favorito la finanza speculativa funzionale al processo d’espansione neocoloniale. La sinistra occidentale – europea e statunitense – ha abbracciato tutte le guerre imperiali di Washington, diventando il piede di porco dell’’’imperialismo umanitario’’ (Jean Bricmont) nella distruzione pianificata degli Stati esterni al mondo globalizzato. In Italia, le politiche di privatizzazione promosse dal centro-sinistra e la subornazione del Partito democratico al neoliberismo della Ue hanno rilanciato la Lega Nord la quale non nasconde una robusta corrente clericale e neofascista. Il Partito democratico è colpevole d’aver svenduto la sovranità economica del paese al tecno-imperialismo della Ue, impoverendo la stragrande maggioranza dei cittadini. Con una politica interna irresponsabile ed una rete di relazioni internazionali anti-patriottica, il Pd ha calpestato diversi articoli della nostra Costituzione partendo dall’Articolo 11: l’Italia ripudia la guerra quindi – bisogna aggiungere – anche la propaganda bellica contro i governi ostili all’imperialismo USA. Dopo questa ‘’parentesi italiana’’, dobbiamo rivolgere lo sguardo verso il baricentro della politica estera: gli Stati Uniti d’America.

Donald Trump merita l’appellativo ‘’fascista’’

La continuità, decisamente fallimentare, fra la politica dei neoconservatori e le amministrazioni ‘’democratiche’’ ha permesso a Donald Trump d’essere eletto con un programma protezionista e neo-nazionalista. L’establishment USA ha una lunga storia di sfruttamento classista e guerre imperialiste, il collante ideologico fra le diverse fazioni (liberali, falchi neoliberisti, neoconservatori e fascisti evangelici) è l’etica puritana basata sul Destino Manifesto; Washington mira alla globalizzazione della Dottrina Monroe, imponendo al resto del mondo il suo ‘’modello’’ economico-sociale.

Il presidente Trump s’è imposto in quanto ‘’uomo della provvidenza’’. Il pericolo Trump venne evidenziato, fin da subito, dallo storico radicale Wesley Tarpley: 

“Il candidato Trump nasce dalla insoddisfazione e dalla irrequietezza del Partito repubblicano: cioè di coloro che ritengono inutili i loro rappresentati al Congresso (nel 2010 hanno vinto la Camera, quattro anni dopo il Senato) perché fanno accordi con Obama, gli stessi che ritenevano non abbastanza reazionario l’ultimo Bush, che spendeva soldi per cercare di far fronte alla crisi nella quale stavamo sprofondando. Inoltre, il fenomeno politico ‘Trump’ viene allevato dalla rabbia della piccola borghesia – commercianti, broker, gente che lavora per le banche e gira intorno al business immobiliare – e della ‘plebe’ costituita da pensionati, ex militari, sbandati, insomma i poveri, tutta gente ammazzata dalla grande crisi economica del 2008 ed esclusa, messa ai margini, e sensibili ai richiami irrazionali di un personaggio come Trump. Per tutti costoro lui si presenta come l’uomo della provvidenza”.

Per Tarpley, Trump merita l’appellativo di ‘’fascista’’: 

“Innanzitutto lui usa quella che definirei ‘l’arte del fascismo’, cioè finge di essere un anti-sistema, un avversario dell’establishment, un pacifista, un anticapitalista al servizio dei più bisognosi, ma in realtà è al servizio di chi lo ha sempre sostenuto: il sistema delle banche. Trump ha avuto miliardi dalle banche per tutta la sua vita. Ora dice che vuole tassare Wall Street, colpendo le tasse sugli edge funds, ma in realtà ha già detto che abolirà la tassa sull’eredità, che intende tagliare dal 40 al 25% la tassa sui guadagni, e che non gli piace affatto l’idea di aumentare il salario minimo che oggi è a 7,25 dollari. Nei suoi progetti insomma c’è una redistribuzione dei redditi a favore dei più ricchi. Trump, inoltre, usa metodi fascisti; dalle ‘smorfie’ alla Mussolini, alle squadracce che vanno nei suoi comizi per cacciare, picchiare e spaventare i contestatori: avrete sicuramente visto il caso della signora con il velo fatta uscire da una sala dove lui parlava” .

Una catastrofe politica la cui responsabilità va imputata al Partito democratico ed alla corrotta dinastia dei Clinton, rei d’aver promosso la destabilizzazione di diverse nazioni non allineate. La politica estera è (quasi) sempre la continuazione di quella interna quindi un lavoro giornalistico serio implica una analisi preliminare degli scenari globali.

Le alleanze di Trump col ‘’Principe della morte’’ saudita Bin Salman, il neonazista brasiliano Bolsonaro ed il sionista etnico Netanyahu sono funzionali alla costruzione dell’impero ‘’yankee’’, un piano reazionario ‘’fatto di spacconate, guerre commerciali e bombardamenti’’ (cit. James Petras). Sarà l’ideologo Steve Bannon ad offrirgli copertura ideologica promuovendo, nel nord del mondo, la fascistizzazione in salsa americana delle masse. Questo progetto – tenendo conto dello slittamento a destra della ‘’sinistra – ha qualche possibilità di realizzarsi? Il sociologo James Petras risponde dopo aver esaminato gli scenari geopolitici (sottolineatura mia):

‘’La Casa Bianca riuniva Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Filippine e Corea del Sud per avere le basi militari destinate contro la Cina. Tuttavia, fino ad oggi gli Stati Uniti non hanno alleati nella guerra commerciale. Tutti i cosiddetti alleati asiatici di Trump ne sfidano le sanzioni economiche. I Paesi dipendono e perseguono scambi commerciali e investimenti dalla Cina. Mentre tutti pagano diplomaticamente a parole e forniscono le basi militari, rimandano alle questioni cruciali dell’adesione alle esercitazioni militari statunitensi al largo delle coste cinesi e di boicottare Pechino. Gli sforzi degli Stati Uniti per sanzionare la Russia sono compensati dagli accordi su petrolio e gas tra Russia, Germania e altri paesi dell’UE. I tradizionali lecchini statunitensi come Gran Bretagna e Polonia hanno scarso peso politico. La più importante delle sanzioni statunitensi ha portato a un’alleanza strategica e militare a lungo termine tra Mosca e Pechino’’ .

L’edificazione di nuovi rapporti geopolitici con un contenuto di classe alternativo ed il consolidamento antimperialista del polo egemonico asiatico (Russia, Cina ed Iran) porterà alla sconfitta del neofascismo evangelico. Il mondo unipolare è al tramonto, il progetto di fascistizzazione delle masse di Bannon ben presto finirà in quella che Leon Trotsky era solito chiamare ‘’la spazzatura della storia’’.

Scritto da Redazione

Ti potrebbe interessare

Usa. «Un piano golpe per mantenere Trump al potere»

C’era un piano per mantenere Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Il progetto di …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.