C’è un contratto netto tra la reazione delle forze dell’ordine all’assalto armato dei sostenitori di Trump al Campidoglio lo scorso mercoledì e la repressione delle proteste pacifiche di questa estate, dopo l’uccisione di George Floyd.
La folla di manifestanti del Black Lives Matter fuori dalla Casa Bianca il 1° giugno era a un isolato di distanza dall’edificio e non ha fatto alcun tentativo di violare la sicurezza dello stesso. Era una folla per lo più nera, ed è stata affrontata da uno spiegamento di polizia di proporzioni eccezionali: polizia di Washington, reparti della polizia di New York, oltre 5.000 uomini della guardia nazionale, oltre ad altre agenzie federali, come il bureau of prisons. Un elicottero dell’esercito è volato basso sopra le teste dei manifestanti.
Per rimuovere un blocco stradale sono stati impiegati gas lacrimogeni, manganelli e uomini a cavallo, per permettere a Donald Trump di fare una foto fuori da una chiesa dall’altra parte della strada. Un comandante della guardia nazionale ha successivamente ammesso che c’era stato “un uso eccessivo della forza”.
Gli eventi a Lafayette Park, nel giugno 2020, hanno rappresentato un momento decisivo per la presidenza Trump. Così sarà il 6 gennaio 2021. I gruppi che hanno preso d’assalto l’edificio simbolo della democrazia americana lo scorso mercoledì non hanno mai fatto mistero di un piano del genere, erano esplicitamente intenzionati a ribaltare un’elezione equa e alcuni, addirittura, avevano già lasciato intendere che avrebbero potuto portare armi con sé nell’operazione.
Erano quasi tutti bianchi. Molti erano apertamente “suprematisti bianchi”. Un piano noto, ma l’esile cordone delle forze dell’ordine dentro il palazzo ha ceduto quasi immediatamente di fronte al loro incedere.
Non è dato sapere al momento perché non ci sia stata un maggiore dispiegamento di forze davanti al Campidoglio, dato tutto quello che si sapeva sui piani dei sostenitori di Trump. In estate, prima delle proteste che chiedevano il rispetto della legge e la fine dell’impunità per i poliziotti che avevano ucciso neri americani, la guardia nazionale di diversi stati ha posizionato auto blindate per le strade di Washington e, armata di tutto punto, a ranghi serrati, ha occupato i gradini del Lincoln Memorial.
Il dispiegamento di polizia prima della dimostrazione del 6 gennaio è stato invece molto modesto, quasi inesistente. Solo dopo che il sindaco di Washington, Muriel Bowser, ha presentato una richiesta formale ai comandi, sono state inviate 340 guardie, di cui 115 erano già in servizio. La guardia nazionale di Washington DC e della Virginia è stata schierata in numero significativo solo dopo che il Campidoglio era stato assaltata e violato.
Certo, la grande differenza sta nel fatto che a giugno fu lo stesso Trump a imporre quel dispiegamento di forze in funzione repressiva. Mercoledì, invece, è rimasto in silenzio, mostrando riluttanza a schierare le truppe necessarie contro i sui sostenitori.
Il New York Times ha riferito che si sarebbe addirittura opposto a chiamare la guardia nazionale. E che lo spiegamento della guardia nazionale sarebbe stato ordinato dal segretario alla difesa ad interim, Christopher Miller.