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Il paradosso italiano della Lega Nord

“Gli esponenti della Lega Nord hanno fatto un uso particolarmente intenso della propaganda razzista e xenofoba, quantunque si debba notare che anche dei membri di altri partiti hanno usato un linguaggio politico xenofobo od in altra maniera intollerante. (…) Pertanto l’ECRI è allarmata dalla partecipazione alle coalizioni governative di partiti politici i cui membri hanno avuto ricorso alla propaganda xenofoba ed intollerante”.

Cosa accomuna la Lega Nord ai principali partiti e movimenti dell’estrema destra – neofascista, nazionalista, populista e xenofoba – europei? Gli stessi programmi in tema di immigrazione e sicurezza. Cosa li divide? Il fatto che la Lega Nord è al governo dell’Italia[1], mentre i suoi omologhi europei sono generalmente tenuti ai margini della politica e della vita istituzionale nei loro paesi e, in taluni casi, addirittura sottoposti a misure di censura o di scioglimento vero e proprio, per manifesta incompatibilità con i principi fondanti dei rispettivi ordinamenti costituzionali.

 Qualche tempo fa, trovandomi in compagnia di alcuni amici, mi è venuto in mente di fare un gioco, del tipo di quelli che impegnano i partecipanti ad associare ad un oggetto, ad una immagine, il nome od il concetto esatto. Ho preso tre volantini propagandistici sul tema dell’immigrazione:  uno della Lega Nord, un altro del Front National francese, un altro ancora del Vlaams Blok belga, dai quali, ovviamente, ho cancellato i rispettivi simboli, e ho chiesto ai miei amici di indicarmene la paternità. Non è stata un’impresa semplice. E non solo perché l’approccio alla problematica era pressoché identico: ciò che ha sviato i partecipanti al gioco è stato il fatto che i toni più duri, più crudi, erano proprio quelli che risaltavano nel volantino della Lega!

 Ma mentre in Francia il partito di Le Pen è considerato per quello che realmente è, una formazione di stampo neofascista, razzista e xenofobo, ed è, per la medesima ragione, esclusa con essa ogni forma di collaborazione da parte dei partiti democratici, sia di destra che di sinistra, in Italia la Lega, che cavalca i medesimi temi del Front National, guida la politica del governo proprio sulle questioni che la omologano alle formazioni dell’estrema destra europea.

In quanto al Vlaams Blok, il partito nazionalista fiammingo, che si batte per la secessione delle Fiandre dal Belgio, è stato indotto nel 2004 allo scioglimento da una sentenza dell’Alta Corte belga, per incitamento alla discriminazione e all’odio razziale. (…). La vicinanza della Lega Nord all’estrema destra europea non è data ordunque dai contatti che singoli dirigenti o militanti intrattengono con formazioni appartenenti a quell’area, bensì dai contenuti ufficiali della sua battaglia politica, dalle idee e dai programmi che ufficialmente connotano il suo profilo identitario.

 In questo quadro, e solo in questo quadro, devono essere valorizzati, ai fini della comprensione del fenomeno Lega, gli episodi, i fatti che, sul versante del legame con partiti neofascisti e xenofobi conclamati, hanno riguardato singole personalità del movimento.

 ***

 Documento 1

L’attuazione di una inversione di rotta  nella politica dei flussi migratori rimane una priorità, come dovrebbe esserla l’attuazione delle necessarie politiche di integrazione di coloro che rispettano le nostre leggi ei nostri costumi,che accettano i doveri che derivano dai diritti concessi, e considerano il nostro paese come loro patria (…).

 

Le nostre proposte si dividono in cinque punti principali:

1. Attuare una politica di dissuasione:

 – Rimuovere la “pompa di adescamento”, riservando le varie indennità sociali e familiari solo ai connazionali e ristabilire, nell’ambito della nuova normativa, la preferenza nazionale per le prestazioni sociali (…).

 – riformare la legge sulla cittadinanza. L’acquisizione sarebbe  dipendente da criteri basati sulla buona condotta e il grado di integrazione (…).

 

2. Attuare una politica di controllo delle frontiere:

 – Ripristinare i nostri confini lasciando lo spazio Schengen e  contestando i trattati che prevedono il trasferimento di competenze all’Unione europea in materia di immigrazione, asilo e visti.

 – Applicare le misure di espulsione e la legislazione sul soggiorno illegale degli stranieri, tolleranza zero per le reti organizzate di immigrazione clandestina.

 

3. Attuare una politica di ritorno

4. Attuare una politica di cooperazione

 – Favorire il ritorno dei migranti con  aiuti al loro paese di origine, proporzionale alla loro cooperazione in questa materia (…).

  – Prendere l’iniziativa di organizzare regolari conferenze euro-africane che riuniscano i paesi interessati per individuare le esigenze e mettere in pratica tutti i mezzi per bloccare le genti attratte dalle ricchezze d’Europa nel loro paese d’origine.

 

5. Attuare una politica di integrazione “

 

Documento 2

 “Il fenomeno immigrazione si presenta allo stato attuale, come una dimensione strutturale del nostro paese, che si può e si deve governare (…).

 I fenomeni delinquenziali che oggi ci colpiscono, non sono altro che la punta di un iceberg che incombe sui nostri concittadini, rendendo le strade insicure, le piazze infrequentabili dopo il tramonto se non da stranieri, la crescita esponenziale della microcriminalità che opprime le nostre città attraverso lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, le rapine, i furti, ecc. Per combattere concretamente il triste fenomeno della clandestinità e tutte le situazione di degrado e di criminalità che ne sono spesso conseguenza diretta, portiamo avanti senza indugi dei provvedimenti precisi. (…) facoltà per i medici di denunciare i clandestini. (…) reato di clandestinità. (…) bloccare, almeno fino al termine della crisi, l’accesso di lavoratori stranieri.

 (…) chi entra nel nostro paese è un ospite e come tale deve rispettare le nostre regole; non c’è posto per chi non si integra, per chi vive nell’illegalità e per chi vuole imporci le sue regole. In sostanza gli immigrati che vogliono il permesso di soggiorno devono rispettare le leggi, conoscere la lingua ed essere integrati. (…) referendum locali per l’apertura di campi nomadi e luoghi di culto di altre religioni che non hanno stipulato intese con lo Stato. Si prevedono poi restrizioni ai ricongiungimenti familiari ed anche per il matrimonio con extracomunitari si dovrà esibire un valido titolo di soggiorno.”

 Uno di questi documenti è estrapolato dal programma ufficiale della Lega Nord per le elezioni europee del 2009, l’altro invece è tratto dal programma generale del Front National di Jean Marie Le Pen. Da una prima lettura, che non tenga conto di alcune specificità del dibattito politico italiano, sareste in grado di indicare con certezza quale dei due documenti appartiene alla Lega Nord? Se dovessimo stare, oltre che ai contenuti, anche al linguaggio, al tono utilizzato, essendo la Lega un partito di governo, pienamente inserito nel gioco democratico del paese, sarebbe più logico indicare il primo documento.

 E invece il documento della Lega è proprio il secondo, quello in cui l’elemento xenofobo è più marcato, più dirimente rispetto alla lettura del fenomeno immigrazione. Difatti, nel documento della Lega, l’accento è posto più marcatamente sulla paura dello straniero, sul rapporto tra immigrazione e criminalità. Anche alcune misure prospettate, come quella dei medici chiamati a denunciare il clandestino, appaiono più draconiane, più clamorose.

Stando al tema della paura, è il caso di ricordare poi che ancora in occasione delle elezioni europee del 2009 la Lega produsse un manifesto il cui messaggio, essenziale, diretto, era giocato proprio sul rischio, dunque sulla paura, di estinzione della stirpe italica in conseguenza dell’invasione degli immigrati extracomunitari.

Nel riquadro campeggiava la figura di un nativo americano, di un capo tribù pellerossa, e la scritta perentoria, apodittica “Loro non hanno potuto mettere regole all’immigrazione, ora vivono nelle riserve. Pensaci!” La paura quindi. Paura dell’immigrato criminale, ladro, assassino, stupratore. Paura dell’immigrato invasore, che vorrebbe relegarci in una riserva. Paura dell’immigrato islamico, che vorrebbe colonizzarci anche sul piano culturale e religioso. Paura del diverso.

Giocare sulla paura dei cittadini ha rappresentato, da sempre, l’esercizio più consueto delle destre populiste, razziste, xenofobe.

Dai Protocolli dei savi di Sion ai richiami alla lotta contro il rischio di islamizzazione delle nostre società, passando per le metafore nazionalsocialiste sugli ebrei-topi e le equazioni tra immigrazione e criminalità, gli obiettivi sono sempre gli stessi: fare leva sulla paura, a sua volta indotta dalla stessa propaganda, per lucrare consenso e mobilitare individui su determinate campagne politiche.

Il tema dell’islamizzazione e del rapporto con culture non europee , da questo punto di vista, costituisce sempre più l’elemento chiave della propaganda della destra estrema europea, a cui si aggiungono le manifestazioni contro un possibile ingresso della Turchia in Europa ed il richiamo al pericolo del terrorismo islamista. (…). Diversamente dall’Italia, dove, per particolari vicissitudini che hanno riguardato il sistema politico, si è addivenuti ad una sorta di “sdoganamento culturale” di determinate posizioni politiche, nel resto d’Europa il problema dei gruppi e dei partiti xenofobi è affrontato prevalentemente in termini emergenziali, alla stregua di altri fenomeni di devianza nel contesto della vita nazionale.

Quante volte abbiamo sentito ministri, dirigenti politici, lo stesso Presidente del Consiglio, nel nostro paese giustificare alcune prese di posizioni della Lega oltremodo imbarazzanti, rimandando di volta in volta al carattere iperbolico di taluni suoi esponenti ovvero ad una certa vena folkloristica che da sempre connoterebbe il movimento?

In Germania, così come in Francia, i partiti moderati, conservatori, di fronte al rischio di una vittoria delle forze xenofobe non esiterebbero un attimo ad allearsi con la sinistra, da noi l’argine all’imbarbarimento della vita pubblica è invece caduto e la xenofobia è entrata nelle stanze del governo.

 ***

Nei documenti politici della destra xenofoba, a proposito dell’immigrazione, si parla spesso di integrazione. Anche nei programmi della Lega il termine integrazione è presente. Ma qual è il significato che da quelle parti danno a questa parola? Non certo quello che rimanda al solo riconoscimento dei diritti, dalla salute all’istruzione, passando per l’abitazione e la partecipazione alla vita pubblica, men che meno all’idea di reciprocità nell’arricchimento culturale. Semmai è un’idea di assimilazione che sottende all’uso della parola integrazione.

 Per rendere più chiaro questo concetto, rimanendo ancora sul terreno della comparazione, mettiamo a confronto ciò che dice la Lega Nord sulla questione dell’integrazione degli immigrati con quello che dicono, sullo stesso argomento, i propri omologhi continentali del Vlaams Belang e del Front National.

“L’integrazione è obbligatoria per gli stranieri che desiderano stabilirsi in modo permanente nelle Fiandre. Essi devono adattarsi alle nostre leggi, alla nostra cultura, ai nostri valori, alle nostre abitudini ed ai principi tradizionali della civiltà europea, tra cui la separazione tra Chiesa e Stato, la democrazia, la libertà di parola e la parità tra uomini e donne.”

 “Non ci si assimila ad un paese che ha dimenticato i suoi principi, i suoi valori ed il suo orgoglio. La politica che sarà avviata dal Presidente di una repubblica autenticamente nazionale sarà complessiva: è con il ritorno dei valori familiari, la ricostruzione di una vera istruzione nazionale, il ristabilimento di un servizio militare volontario di sei mesi, il rispetto del lavoro ed il recupero della morale e di ciò che ha fatto la storia della Francia, che potrà operarsi una reale assimilazione, con i diritti ed i doveri che ciò implica”.

 Gli immigrati che vogliono il permesso devono rispettare le leggi, conoscere la lingua ed essere integrati. (…) contemporaneamente alla richiesta di soggiorno, lo straniero sottoscrive un Accordo di integrazione con precisi obiettivi, articolato per crediti da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. In particolare si attribuiscono dei punti base allo straniero che conosce adeguatamente la lingua italiana, le regole fondamentali del nostro ordinamento giuridico e aderisce alla Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione.”

Una prima lettura dei tre testi conferma, senza ombra di dubbio, che l’idea di integrazione che queste forze politiche hanno è quella di un’assimilazione degli stranieri immigrati alla cultura, alle consuetudini, ai valori dei paesi ospitanti, non certo quella che si basa sulla valorizzazione della reciproca contaminazione culturale. Integrazione dunque non come fondamento di una nuova società multiculturale, bensì come subordinazione delle culture altre alla cultura dominante in un dato paese o territorio.

Se poi entriamo più nei dettagli possiamo rilevare anche alcune sorprendenti particolarità. Nel documento del Vlaams Belang, a proposito di integrazione o di assimilazione degli immigrati, l’assoggettamento  alle leggi ed ai costumi nazionali riguarderebbe solo i casi di stranieri che desiderassero di stabilirsi “in modo permanente nelle Fiandre”.

Anche nel caso del Front National, dove il concetto di assimilazione è peraltro lessicalmente esplicitato, il richiamo ai diritti ed ai doveri in rapporto alla specificità culturale francese, è inserito in un discorso di restaurazione complessiva dei valori che avrebbero fondato la loro specifica civilizzazione nazionale.

Diverso appare invece l’approccio della Lega allo stesso problema, laddove la conoscenza della lingua e la condivisione dei nostri valori diventano presupposti imprescindibili per l’ottenimento ed il mantenimento di un permesso di soggiorno temporaneo.

A ben vedere si tratta di una clausola discriminatoria ben più pesante, data la subordinazione della stessa permanenza temporanea degli immigrati sul suolo italiano ad una loro effettiva assimilazione alla nostra cultura nazionale. Beninteso: la proposta di un permesso di soggiorno a punti, come quella fatta dalla Lega, potrebbe essere anche valutata nei suoi aspetti positivi, se il discorso dei crediti, o dei punti che dir si voglia, fosse legato esclusivamente all’obbligo di osservare le leggi italiane.

Cosa peraltro ovvia per certi aspetti. Il problema è che nello stesso discorso è contemplata un’accettazione obbligatoria dei nostri valori, a loro volta richiamati in una apposita Carta dei valori che gli immigrati sarebbero costretti a sottoscrivere. La questione non è di poco conto: una cosa è pretendere la piena ed incondizionata osservanza delle nostre leggi, pena anche l’espulsione, altra cosa è pretendere la sottoscrizione preventiva di una sorta di manifesto dei valori. E poi siamo sicuri che tra gli stessi italiani quei valori costituiscano un patrimonio unificante? Chi stabilirebbe la validità per così dire generale, universale, dei cosiddetti valori da inserire in un documento di tal specie? In ultimo: è possibile nel nostro paese parlare di valori in senso assoluto, ignorando la complessità e la pluralità dei convincimenti morali e politici, delle visioni del mondo e della storia, che connotano il profilo di una società aperta e democratica? A queste domande è possibile rispondere in solo modo: solo nei regimi totalitari, integralisti, è concepibile l’idea che il godimento di fondamentali diritti possa essere subordinato alla pubblica e formale  adesione ai precetti, all’ideologia, a quelli che una parte vuole che siano valori per tutti.

Fu nel ventennio mussoliniano, per fare un esempio a suo modo calzante, che il diritto alla “cittadinanza” accademica nelle nostre università fu subordinato alla sottoscrizione di un Manifesto degli intellettuali fascisti. Ma quello era un regime totalitario, dove iniziative di quel tipo erano perfino fisiologiche, un’altra cosa è l’Italia democratica dei giorni nostri.

In questo discorso non c’è alcun atteggiamento indulgente per chi delinque o attenta alla nostra convivenza civile; men che mai si vogliono minimizzare altri rischi, terrorismo compreso, che derivano dalla specificità di taluni fenomeni nuovi nel mondo globalizzato.

Ciò che risulta inaccettabile è la criminalizzazione a priori di popoli e culture, il fare leva sulla paura del diverso per costruire il proprio consenso politico, il fatto di avvelenare, con campagne marcatamente xenofobe, il clima dei rapporti sociali nelle nostre città.

La continua minimizzazione della gravità di talune campagne a sfondo xenofobo sta avendo effetti devastanti sulla coscienza di larghi strati della popolazione italiana: la paura del diverso si fa sempre più pervasiva tra i cittadini, tra i ceti più deboli della nostra società:  il diverso, lo straniero, è sempre più percepito alla stregua di un fastidioso untore, che minaccia il tranquillo svolgimento della vita nelle nostre metropoli, rubando, sporcando, ammazzando, stuprando, urtando la nostra sensibilità ed il nostro pudore, offendendo i capisaldi morali della nostra civiltà.

Tutto ciò dimenticando che l’Italia è stato un paese di emigrazione, che centinaia di migliaia di nostri connazionali, milioni,  hanno vissuto sulla propria pelle il dramma di essere considerati indesiderati in terra straniera. Damnatio memoriae, verrebbe voglia di gridare a proposito di determinati atteggiamenti politici e sociali che caratterizzano questo nostro passaggio di inizio secolo. (…).

 

Tratto da Lega Nord. Un paradosso italiano in 5 punti e mezzo (Laruffa, 2011)

 

[1] Oggi la Lega non è più impegnata direttamente nel governo nazionale ma guida importanti commissioni parlamentari e la tre più importanti regioni del nord.

Scritto da Redazione

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