Sui giornali italiani di giovedì 2 gennaio, bollettini di vittoria in prima pagina: “ Tutta la Chrysler nelle mani della Fiat”, “Tutta Chrysler al Lingotto”, “Tutta la Chrysler nelle mani della Fiat” e via seguendo. Ho citato titoli di Corsera, Repubblica, Sole 24 ORE, ma anche gli altri titolano tutti trionfalmente. E’ un vero e inatteso miracolo: la Fiat in crisi storica con impianti chiusi e lavoratori disoccupati o al termine della cassa integrazione, conquista l’America. E Marchionne (che sa piu’ di finanza che di automobili ) dichiara: “ diventiamo costruttori globali di auto”. Insomma, c’è un’esaltazione generale sulla nostra stampa, anche se va rilevata la cautela, su Repubblica, di Federico Fubini che non dimentica di mettere in evidenza la situazione critica della Fiat, i suoi debiti e il peso degli impegni col fondo Veba. “Gli italiani – si legge su Repubblica – che hanno preso il marchio di Detroit alla bancarotta, ora di fatto sperano di esserne salvati”. Pur riconoscendo l’audacia e l’abilità finanziaria ( e sottolineo che di finanza solo si tratta ) mi pare indiscutibile che l’operazione, nella sostanza, porta alla americanizzazione della Fiat, che di fatto cessa di essere un marchio italiano ed è ben lontana dall’assicurare una ripresa industriale del nostro paese. Parafrasando un vecchio e storico detto latino (Graecia capta ferum victorem cepit ) mi viene da dire che la Chrysler conquistata ha vinto la gloriosa Fiat. A mio parere è una dura sconfitta del sistema industriale italiano, un altro passo della deindustrializzazione del nostro Paese, che non ha risorse minerarie e neppure un’agricoltura forte e competitiva. Certo Marchionne ha realizzato una brillante operazione di finanza e di potere personale, ma per l’industria italiana va peggio.
di Valentino Parlato
da http://fondazionepintor.net