“I blog sono spesso una fonte di profitto per i loro gestori, la maggior parte di essi contiene annunci pubblicitari e per quelli con almeno 100 mila visitatori unici mensili i ricavi sono superiori ai 75 mila dollari all’anno.” Così Gianroberto Casaleggio nel 2008, quando la rete era certamente meno diffusa di quanto non lo sia oggi, e gli utenti, conseguentemente, molti di meno. Basti pensare che secondo tutti gli analisti dal 2008 ad oggi il mercato della pubblicità online è cresciuto da un minimo del 7% a punte del 16% l’anno.
Come sappiamo Casaleggio è il gestore del blog di Beppe Grillo, e sappiamo da quest’ultimo – 13 aprile 2011 – che “Il blog fa male ai giornali e anche ai loro editori. Cinque milioni e duecentomila visite al mese non possono essere tollerate.”
Dati, dirà qualcuno, poco recenti. È vero. Lui stesso, nell’intervista con Enrico Mentana ha parlato di 5/600mila visite al giorno. Che fanno dai 15 ai 18 milioni di visite al mese. A voler applicare la più semplice delle matematiche potremmo quindi moltiplicare quei 75 mila dollari annuali per 200 volte e avremmo i guadagni pubblicitari del blog di Beppe Grillo, semplicemente acquisendo come fonti le loro affermazioni.
Sempre che le visite siano quelle e sempre che Casaleggio abbia detto la verità nel 2008 e sempre che sia davvero bravo nel suo lavoro. E a sentir Grillo lo è.
Sempre nell’intervista con Mentana però Grillo ha affermato «Il mio 730 è a zero da quattro anni, sono l’unico che fa politica e ci ha rimesso dei soldi». In sé, tecnicamente, non è un’affermazione falsa. Grillo parla di modello 730, ma non è né un dipendente né un pensionato e dovrebbe invece presentare il modello Unico, il 740 per intenderci, e dovrebbe avere una partita Iva.
A ritenere che Beppe Grillo sia “un’azienda” è l’Agenzia delle Entrate, che il 14 novembre 2012 ha respinto un ricorso del comico sul versamento dell’Irap: non gli saranno restituiti i 577mila euro versati. Per la Commissione tributaria la tassa è dovuta perché le spese per i suoi collaboratori “hanno carattere continuativo e non occasionale, essendo riscontrabili in ogni annualità d’imposta. La continuità di erogazioni, ancorché non omogenea sotto il profilo quantitativo in relazione ad ogni singola annualità d’imposta, costituisce tuttavia un significativo e decisivo indicatore dell’esistenza di un’autonoma organizzazione”. Grillo tuona contro l’Irap dal suo blog, la rinomina “imposta rapina” e ne chiede l’abolizione, inserendo la sua personale richiesta nel programma dei 5 stelle.
Nell’aprile 2008 vennero rese note le dichiarazioni dei redditi dell’anno 2005 e il reddito di Grillo per quell’anno era ragguardevole: reddito di lavoro autonomo dichiarato: 4.272.591 euro. Lavoro autonomo, quindi, e non da dipendente o pensionato, e non risulta abbia variato da quella data il suo status.
Nel febbraio 2013 il Giornale, in un articolo a firma di Gabriele Villa, aveva fatto un po’ di conti sul suo patrimonio “un attico in corso Europa a Genova, poi trasformato in un centro benessere, l’acquisto di una villa al Pevero, in Costa Smeralda e di tre appartamenti nel residence Marineledda nel golfo di Marinella, vicino di casa di Silvio Berlusconi. Risulta titolare del 99% dell’immobiliare Gestimar di Genova, che nel 2006 ha denunciato 12 appartamenti in provincia di Genova che ha anche usufruito del berlusconiano condono tombale“.
Si dirà che questo è il passato e che dobbiamo guardare all’oggi. Facciamolo.
Casaleggio nel 2013 ha affermato “Il blog di Grillo è in perdita. Le perdite del blog sono state sempre coperte da noi.” Non è molto chiaro come da punto di vista logico, amministrativo e fiscale sia possibile che la Casaleggio Associati vada a coprire le perdite di un sito che non è di sua proprietà, ma lasciamo il tema ai contratti privati tra loro intercorrenti.
Interviene Beppe Grillo, nello stesso anno: “Col blog siamo in pari, ci costa sui duecentomila euro l’anno, li copriamo con la pubblicità, ci sono tre persone che ci lavorano a tempo pieno.”
Sempre nella sua intervista a Mentana – la più recente visto che nell’ultimo anno le cifre sono variate ad ogni comizio – Grillo ha affermato che i server costerebbero 250mila euro l’anno.
Lorenzo Mannella il 23 maggio 2013 per Wired ha fatto un’analisi di massima, nella quale ha affermato “Considerati tutti i se e tutti i ma, i costi annui di beppegrillo.it potrebbero oscillare tra i mille (due server base) e gli 8mila euro (due server pro), iva esclusa.” Questi i costi dei server. E aggiunge: “A questi vanno aggiunti i costi per grandi volumi di traffico Internet, i servizi extra, la consulenza di almeno un sistemista e lo stipendio dello staff editoriale per un totale di qualche decina di migliaia di euro annui.”
Cifre che, anche sommate, sono decisamente lontane dai 250mila euro “solo per i server”.
Veniamo ai ricavi. Qui la base di partenza è il calcolo che abbiamo fatto all’inizio, che oscillerebbe tra i 7,5 e i 15 milioni di dollari all’anno. Qualcuno però potrebbe dire che “Grillo si è sbagliato”, che i 600mila non sono visitatori unici, il numero di pagine viste, e quindi il numero andrebbe diviso per 2.09 (ovvero il numero di pagine medio per visitatore almeno per come rilevato da Alexa).
Dimezzando quindi il tutto la base è tra i 3,8 e i 7,5 milioni di dollari annuali. Sempre a sentire Casaleggio e sempre che le sue stime siano esatte, come da un professionista ci si attende.
E tuttavia qui sorgono alcuni problemi, tutti che però indicano al rialzo queste cifre.
Ci sono gli ebook di Grillo. C’è la partnership con Amazon, che prevede royalty per ogni acquisto effettuato da utenti provenienti dal blog. Ci sono infine le campagne dirette, con costi che variano dai 5 ai 15mila euro.
Se però consideriamo come prevalente la pubblicità di GoogleAdSense possiamo fare un calcolo di questo tipo, che spiega bene come si arrivi alle cifre di cui abbiamo parlato. 600mila visitatori che visionano circa 1,3milioni di pagine, con una media di 6 inserzioni a pagina, generano non meno di 7,5milioni di impression al giorno che al valore di 1dollaro ogni 10mila “effettivi”, da soli, fanno la ragguardevole cifra 2,75 milioni di dollari all’anno. A questi vanno sommati i click, stimati di norma in 1 ogni mille utenti unici, ovvero circa 240mila all’anno. Qui il calcolo si complica, perché i 240mila vanno moltiplicati per “il valore” (ovvero il prezzo) stabilito con l’inserzionista.
Secondo quanto ha rilevato il Corriere della Sera (21 maggio 2013) “i prezzi per clic per un annuncio su una pagina del sito sono tra quelli più alti praticati in Italia.”
Il calcolo si basa su alcune simulazioni effettuate immaginando di essere un inserzionista con un determinato budget e incrociando le offerte proposte dal Google Adsense. Si va da 1,31 a 2,43euro a click (quest’ultima cifra è quanto è risultata a Davide Casati di Panorama a marzo 2013).
In sintesi parliamo quindi di almeno un altro mezzo milione di dollari.
Sulla base di questi elementi, e delle percentuali retrocesse al titolare del sito da parte di Google il Sole 24ore ha affermato che “i ricavi oscillano tra i 5 e i 10 milioni di euro all’anno.”
Tutto questo senza considerare che i volumi di traffico di Grillo lo collocano in una fascia più alta in termini di remunerazione da parte di GoogleAdSense rispetto ai normali “publisher”, e quindi tutto il calcolo fin qui condotto andrebbe rivalutato ulteriormente a rialzo.
Se però non avessimo affinità con la matematica, potremmo fermarci a qualche paragone di riferimento. Il Blog di Grillo – da solo – ha volumi di traffico pari a circa la metà di Repubblica.it o Corriere della Sera. Entrambi questi portali (con centinaia di articoli pubblicati e di dipendenti) raccolgono online tra i 50 e i 70 milioni di euro di pubblicità, esponendo per altro “superficie pubblicitaria” del blog di Grillo.
Il circuito non finisce e non si limita al blog.
Il 22 maggio 2013 abbiamo descritto quello messo in rete dalla Casaleggio Associati come un “network ambientale”. In un interessante articolo del 13 giugno successivo Massimo Mantellini ha descritto in modo molto chiaro il “web marketing di Grillo”, in particolare sull’uso dei socialnetwork. “È un po’ di tempo che Beppe Grillo ha iniziato ad utilizzare Twitter in maniera piuttosto originale. Grillo scrive un tweet di una riga dai toni urgenti e sulla cui natura non fornisce alcuna informazione. I followers si preoccupano e cliccano il link. Il link porta a TzeTze, aggregatore di notizie di Grillo e Casaleggio (discretamente imballonato di pubblicità come il blog di Grillo stesso) dove però si scopre che la notizia non c’è. Il follower sempre più in ambascia viene esortato a cliccare un nuovo link che conduce ad un altro sito web, cadoinpiedi.it, sito di giornalismo partecipativo di Chiare Lettere (l’editore dei libri di Grillo e di Travaglio), socia de Il Fatto Quotidiano e (all’epoca ndr) legata a Casaleggio Associati, dove finalmente può raggiungere la notizia vera e propria e dove si scopre che la notizia (una notizia piuttosto marginale per altro) è un tweet. Un semplice tweet che Grillo avrebbe potuto tranquillamente citare nel suo tweet iniziale o perfino, non sia mai, retwittare.”
Conclude Mantellini “Le ragioni di tutta questa inutile e pianificata peregrinazione online sono evidenti e discretamente misere. Non c’è alcuna produzione di senso o di contenuti ma solo trucchetti per guadagnare qualche soldo alle spalle dei propri fans creduloni. Marketing di bassissima lega, vecchio di dieci anni, applicato alla comunicazione politica.”
Un meccanismo che, portato a sistema, moltiplica – tra tutti i siti coinvolti – almeno per due, se non per tre, il traffico pubblicitario complessivo generato. Così come il continuo rimando, rilancio, relink all’interno del “network ambientale complessivo”, attraverso cui aggregatori vecchi e nuovi, generano traffico, autorevolezza delle informazioni contenute, e soprattutto tanta pubblicità.
Come si sa Google Adsense paga il titolare dell’account, sul conto che decide il titolare, che non è pubblico né dichiarato in alcun modo. E qualsiasi cosa possa dire la Casaleggio o Grillo in proposito, semplicemente, ci dovremmo fidare. Un po’ poco per Grillo che invita a non fidarsi di nessuno e richiama – sempre gli altri – alla trasparenza e a mostrare gli scontrini. Google paga sui conti indicati dal titolare del proprio account, e quindi anche eventualmente all’estero, ma anche su questo “ci dobbiamo fidare” di quello che ci dice lui.
Il punto non è scegliere o meno di fidarci di Beppe Grillo, ma quella sottile differenza per cui è un diritto di tutti i cittadini avere la massima trasparenza sui guadagni (non solo quanto, ma da chi e come) dei nostri leader politici. E dato che Beppe Grillo è passato da semplice megafono a “capo politico del Movimento 5 Stelle” (fonte: codice deontologico per le europee) sarebbe il caso desse, prima di tutto ai suoi, qualche elemento concreto e non solo verbale su queste cose.
Però se ci fidiamo di quello che ci dice sulla bravura di Casaleggio, sulle visite e sul numero di lettori che ha sul blog, la matematica della rete ci induce a credere assai poco al pareggio dei conti tra costi e pubblicità. A meno che Grillo non ci chieda di non fidarci nemmeno della matematica.
di Michele Di Salvo
http://micheledisalvo.com/