di Cinzia Sciuto
“We the people” è la formula che apre la Costituzione degli Stati uniti d’America, “la sovranità appartiene al popolo” proclama solennemente quella italiana, “gouvernement du peuple, par le peuple et pour le peuple” è il principio fondante della Repubblica francese. La parola “popolo” è al fondamento di tutte le democrazie moderne, e d’altro canto demo-crazia è letteralmente “potere del popolo”. Ma chi è il “popolo” a cui queste formule richiamano? È lo stesso “popolo” continuamente invocato da una serie di movimenti politici che recentemente stanno crescendo in diversi paesi d’Europa e che vengono definiti – e talvolta si definiscono essi stessi – “populisti”? “Popolo vs élite” è la nuova narrazione dominante, di norma sfruttata da movimenti populisti di destra – come la Lega in Italia che oggi governa il nostro paese insieme a un’altra forza “populista” ma post-ideologica, il Movimento 5 Stelle – ma alla quale si richiamano anche forze politiche che si collocano a sinistra dello spettro politico, come per esempio Podemos in Spagna che si ispira al populismo di Laclau e Mouffe, e Potere al popolo in Italia.
Ma siamo sicuri che già accettare la contrapposizione “popolo vs élite” non significhi allontanarsi dalla concezione di “popolo” che sta dentro le Costituzioni? Il popolo in questo senso è forse un concetto universale e “normativo”, il popolo come aspirazione della nazione, piuttosto che come classe sociale contrapposta a una non meglio identificata élite. Riconfigurare la lotta di classe in termini di contrapposizione popolo vs élite si porta appresso la grande difficoltà di capire chi sta con il popolo e chi sta con le élite. L’esercito di “precari della conoscenza”, di ricercatori e studiosi che per tradizione hanno sempre rappresentato le élite di un paese ma che oggi vivono, quantomeno in Italia, in condizioni di estrema precarietà lavorativa sono popolo o élite? Come la mettiamo con il lavoro dei giudici delle Corti costituzionali (senza dubbio élite) che vigilano sulla costituzionalità delle leggi che il parlamento – il luogo dove si esprime per eccellenza il potere popolare – emana? Siamo sicuri che questa nuova contrapposizione non stia in verità molto stretta a una realtà sociale il cui grado di complessità è forse oggi più alto che mai?
Tutti lo invocano, dunque, ma nessuno sa bene cosa sia, dove trovarlo, quali siano i suoi reali interessi e come rappresentarlo al meglio, questo popolo. E forse da qui bisogna ripartire, dalla ricostruzione di una cultura politica che negli ultimi trent’anni si è letteralmente persa. Non esistono più – almeno non più in Italia – luoghi di elaborazione di cultura politica, luoghi in cui studiare la realtà e letteralmente coltivarenuove idee. Per questo sono benvenute iniziative che, prima di porsi il problema di una rappresentanza politica, ricominciano dalle “sudate carte”, come in Italia il Cantiere delle idee e la Scuola di formazione politica “Ragione e rivolta”. Una tendenza che non può non guardare all’Europa (che non si riduce ai tecnocrati di Burxelles) come unico orizzonte politico sensato per il terzo millennio.
Traduzione italiana della segnalazione uscita su Newsmavens