BUDAPEST – Stravince il premier nazionalconservatore Viktor Orbàn, e nelle prime proiezioni ufficiali della commissione elettorale ufficiale, relativi ai dati sul 47 per cento dei voti espressi avrebbe conquistato ben 134 seggi sui 199 del nuovo Parlamento. Centotrentaquattro, contro gli appena 39 della ‘Coalizione democratica’ (alleanza di socialisti, sinistre varie, liberal, centristi) e i 26 dei neonazisti antisemiti di Jobbik.
Nella serata primaverile, i fan della Fidesz, il suo partito membro del Partito popolare europeo come la CduCsu di Angela Merkel, si preparano a festeggiarlo. Con voti conquistati tra il 46 e il 48 per cento del totale Orbàn, grazie al premio di maggioranza, avrà comunque la maggioranza assoluta e appare sempre più probabile che conservi anche la maggioranza di due terzi dei seggi dello Orszaghàz, l’enorme parlamento nazionale neogotico in riva al Danubio. Quella maggioranza che aveva conquistato con la sua prima legislatura alle elezioni dell’aprile 2010.
L’ombra della crescita dei neonazisti antisemiti di Jobbik, saliti dal 16,7 per cento delle elezioni legislative di 4 anni fa al 20,7 e passa di queste ore, pesa però sulla rinnovata forza assoluta del potere di Orbàn e apre timori seri – espressi ieri sera con toni di allarme grave dalla comunità ebraica ungherese – per il rafforzamento degli ultrà nostalgici di Hitler e della Shoah in tutta Europa, a meno di due mesi dalle elezioni europee.
In vista del 25 maggio, giorno delle elezioni del Parlamento europeo, dunque, il centrodestra che nella Ue ha in Angela Merkel la sua figura-leader conquista, in una situazione particolare, un chiaro successo. Ma poco dopo il volo del Front National di Marine Le Pen alle comunali francesi, l’ultradestra nostalgica magiara, una delle più brutte, inquietanti, spudoratamente nostalgiche, antisemite, naziste, razziste e violente fino ad avere formazioni paramilitari vietate ma tollerate, va bene pur dichiarandosi profondamente delusa. Jobbik è pericoloso per tutta l’Unione europea, vola al 20,7 per cento, il miglior risultato d’un partito d’ultradestra in Europa, nonostante che non sfondi e che al momento dica addio al suo sogno di strappare alle sinistre il ruolo di seconda forza politica in Parlamento.
Viktor Orbàn potrà continuare tranquillo a governare. Per altri quattro anni, almeno, come aveva chiesto agli elettori. Ma con Jobbik dietro l’angolo o come una spada di Damocle. L’ex giovane dissidente anticomunista che fu poi ribelle liberal e poi ancora varò una dura linea nazionalconservatrice e spesso giudicata euroscettica a Bruxelles, ha vinto ancora, resta lo zar e il padrone dell’Ungheria. Festa dei militanti Fidesz alla ‘Balena’, il moderno shopping center in riva al Danubio, festa ma sotto tono dai socialisti (Mszp, ex comunisti riformatori). Resta dubbio se la forza più nuova del campo progressista, i verdi-liberal dello Lmp, andranno sopra o sotto la soglia di sbarramento del 5 per cento.
Orbàn si è sicuramente avvantaggiato delle condizioni di svolgimento della campagna elettorale: niente duello tv con gli sfidanti, niente spot dei partiti nelle tv e radio private o sui giornali, primato al governo nei canali tv pubblici. E ovunque i giganteschi poster col suo volto. Più legge elettorale che secondo molti osservatori penalizza ogni opposizione e le circoscrizioni elettorali ridisegnate – dicono sinistre e Jobbik – a vantaggio della Fidesz. E anche, massiccia presenza della Fidesz nella funzione pubblica e in parte negli ambienti economici ha avuto la sua parte. Ma Orbàn ha speso bene anche i forti, innegabili successi economici della sua politica di riforme sociali deregolatorie durissime: aumenta il pil, calano deficit e disavanzo pubblici, a dati da far invidia alla Francia migliora da negativo a stabile il rating del paese secondo Standard&Poor. Cala la disoccupazione grazie ai fondi di coesione Ue e ai massicci investimenti d’eccellenza tedeschi (Audi, Mercedes, Siemens), giapponesi e coreani. E in una prova generale delle elezioni europee, lo ha sicuramente aiutato anche il massiccio appoggio del Partito popolare europeo. Con un caloroso messaggio di Helmut Kohl, il grande ex cancelliere federale e padre della riunificazione tedesca e dell’euro, al “caro amico Viktor”, e un grande comizio con ospite d’onore qui il presidente dei Popolari europei, Joseph Daul.
Adesso il giovane (ha 50 anni) zar d’Ungheria è chiamato alla prova. Ha la possibilità di migliorare i rapporti con la Ue e di frenare il trend di buoni rapporti con la Russia di Putin e con le autocrazie medio-orientali e col premier turco Erdogan. Però, Jobbik resta di una forza spaventosa, se si pensa ai suoi messaggi definiti “aberranti e intollerabili” anche dal premier nazionalconservatore, messaggi cui ha detto sì oltre uno su cinque tra gli ungheresi aventi diritto andati a votare. Orbàn si è rafforzato mostrandosi duro verso l’Europa degli eurocrati di Bruxelles e pronto a svegliare orgoglio nazionale. Però deve fare sempre più i conti con Jobbik in crescita grazie a un linguaggio antieuropeo e nazionalista in toni da nazionalsocialismo hitleriano. Violento, diverso dalle tirades contro Bruxelles e sulla patria lanciate dal premier trionfatore.
di Andrea Tarquini
Fonte: http://www.repubblica.it/