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La resistenza di un economista che non si piega

 

E’ davvero difficile immaginare una trattativa più sbilanciata di quella in corso fra paesi dell’Eurozona e la Grecia attorno al tema del debito sovrano di quest’ultima. Il paese ellenico è solo e ne ha contro 18. Per motivi diversi, certamente. Ma tutti hanno interesse – anche se questo è dettato da miopia politica, oltre che da cattiva scienza economica – che la soluzione proposta dalla Grecia non passi. La Germania vedrebbe intaccata la sua supremazia sul resto della Ue e gli elettori tedeschi potrebbero farla pagare persino alla potentissima Merkel. La Francia, che fa la voce grossa con gli altri, mentre per sé chiede e ottiene tolleranza nello sforamento dei vincoli di Maastricht, vedrebbe messo a nudo il proprio gioco. Spagna, Portogallo e anche Italia si troverebbero in difficoltà a spiegare ai propri cittadini le virtù delle politiche di austerità e le destre al potere nei primi due paesi rischierebbero grosso nelle prossime elezioni. Gli altri new-entry dell’est europeo vedrebbero messa in discussione la loro fedeltà da parvenu ai dettami del neoliberismo.

Sull’altro versante il nuovo governo greco è supportato solo da un forte sostegno interno da parte del proprio popolo e da una solidarietà internazionale che sta crescendo, anche se, per la verità, non con l’impetuosità che sarebbe necessaria.

Eppure questa sproporzione delle forze in campo non appare sufficiente alle elite europee per piegare il nuovo governo greco alle proprie volontà, come erano riuscite a fare con i precedenti. Per cui ricorrono ad ogni mezzo, non ultima la denigrazione di chi dirige la delegazione greca al tavolo del confronto.

Da qui nasce la campagna sempre più martellante contro Yanis Varoufakis, definito persino “dilettante” e “perditempo”. Non è la prima volta che nella storia, in una trattativa internazionale, una parte ricorre alla delegittimazione personale dei suoi antagonisti. Persino a Brest Litovsk successe nei confronti di Trotsky, il quale allora non aveva alcun contrasto con Lenin.

Varoufakis è certamente scomodo. A differenza degli altri ministri non è un politico puro né un burocrate. E’ un economista di chiara fama mondiale che da sempre contrasta il pensiero mainstream, con crescenti successi di pubblico e di critica. Basti pensare alla recente intervista rilasciata da James Galbraith a Repubblica. Non solo, ma l’uomo ha un fisico importante, un modo di fare che attira la simpatia dei non addetti ai lavori, diciamo pure del largo pubblico. Il suo sguardo buca il video e se lo infilate in una di quelle orribili fotografie d’ordinanza spicca subito in mezzo al grigiore maschile degli altri rappresentati di governo. Non pare vero perciò a questi ultimi di creargli la cattiva fama del negoziatore incapace.

Naturalmente un ottimo economista teorico – come si vede dalla corposa pubblicazione di volumi di qualità che portano la sua firma – non necessariamente deve essere un abile negoziatore. Ma non è questo il caso. Se infatti si analizzano dichiarazioni e comportamenti non si notano differenze di rilievo tra Tsipras e Varoufakis, almeno non più di quante ne emergono tra il grifagno Schauble e Angela Merkel. Un certo gioco delle parti è indispensabile in ogni trattativa.

Ma non è vero che Tsipras abbia mandato a casa Varoufakis e che tra i due si sia aperto un conflitto sul modo e le finalità del difficile negoziato. Tsipras ha elevato di ruolo Euclid Tsakalotos, un altro economista di chiara fama e membro attivo della dirigenza di Syriza. Ma non è un nuovo ingresso, visto che già era al fianco di Varoufakis. Considerazioni non dissimili possono essere fatte per l’altra figura, George Chouliarakis, che certamente è considerato negoziatore esperto avendo già svolto questo ruolo tempi addietro ed  è vicino al vice primo ministro Yannis Dragasakis, l’uomo cui Tsipras affidò il compito di spiegare ai banchieri della City di Londra il programma economico di Syriza prima delle elezioni. Insomma la squadra greca si articola e si potenzia, ma la sua direttrice di marcia non muta.

D’altro canto le dichiarazioni e gli atti sul piano interno di Tsipras sono chiari. Vale quanto è stato detto – guarda caso proprio da Varoufakis – “Siamo pronti a compromessi, ma non a comprometterci”. Infatti Tsipras ha parlato in queste ore di un eventuale ricorso a un pronunciamento diretto del popolo greco a fronte di richieste da parte della Ue troppo esose o inaccettabili.

Nello stesso tempo non ha smesso di mostrare fiducia sulla possibilità di trovare un’intesa. In fondo ciò che chiede la Grecia non è la luna. Finora gli impegni sulla restituzione del debito sono state osservati con precisione da parte dei greci. La loro richiesta di anticipare parte della tranche finale dei 7,2 miliardi del programma di aiuti è più che legittima. Come pure la restituzione da parte della Bce di 1,9 miliardi di euro guadagnati sui titoli greci e la richiesta di elevare fino a 15 miliardi la possibilità per la Grecia di emettere titoli a breve che le potrebbero dare un poco di fiato finanziario. Draghi ha detto no e davvero tale diniego fa scandalo dopo che la Bce ha deciso con il famoso Quantitative Easing di inondare di nuova liquidità – almeno 1140 miliardi di euro –  le banche dei paesi della Ue, fatta eccezione per la Grecia e per Cipro.

Ma anche nel campo del pensiero dominante si aprono crepe nel muro del rigore antigreco. Basta leggersi il nuovo recentissimo World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale – di cui riferiva un paio di giorni fa anche la grande stampa nostrana – per trovare esplicitati molti dubbi sul fatto che si possano applicare politiche rigoriste a paesi deboli e in difficoltà, senza trascinarli nella recessione. Come infatti è avvenuto per la Grecia. Analoghe considerazioni le possiamo trovare persino sul Sole 24 Ore, nonché su Repubblica, come in una recente intervista a Lucrezia Reichlin.  La consapevolezza che il default della Grecia non convenga a nessuno e che anzi può generare un contagio tale da fare implodere l’Unione europea si sta facendo strada. Una mobilitazione popolare europea – che stani anche i troppo flemmatici sindacati della Ces – potrebbe dare ben altra consistenza a queste convinzioni ed essere d’aiuto alla Grecia e all’Europa.

 di Alfonso Gianni

da Il Garantista, 30 aprile 2015

Scritto da Redazione

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