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La cecità delle élite minaccia l’unità europea

 

L’ottusità della politica dell’Unione Europea nei confronti della Grecia è tale da diventare insopportabile anche per gli editorialisti del Sole 24 Ore, giornale non certo incline al cosiddetto “buonismo di sinistra”, contro cui in queste ultime settimane si stanno scatenando tutti quelli che vorrebbero cacciare i greci fuori dall’Europa come i migranti in fondo al mare. In un suo recente articolo, Adriana Cerretelli conclude scrivendo “La Grecia, 2% del Pil dell’Eurozona e 3% del debito, non è mai stata un mostro di virtù pubbliche. Lo si sa da sempre. Come si sa che è stata salvata per salvare gli investimenti delle banche tedesche e francesi. Come si sa che, rigore o no, non potrà ripagare i debiti. Se abbandonata al suo destino affonderà dunque nel marasma più nero. Ma … quell’atto di incoscienza collettiva ricadrà su euro e Europa. Non sarebbe meglio una sana Realpolitik. Meno costosa per tutti?”

Sagge parole, purtroppo non ascoltate. Non credo che il vertice di Riga dell’Eurogruppo del 24 aprile porterà novità su questo versante. Né la caccia agli oligarchi evasori che Tsipras sta attivamente conducendo e che sta dando i suoi frutti commuoverà i duri alla Schauble. Si andrà avanti sempre sull’orlo del baratro, sperando in non si capisce che cosa.

La Grecia per riprendersi ha bisogno di tempo. Per il semplice fatto che il modello di sviluppo fin qui perseguito ha portato solo danno e miseria e quindi va cambiato. Le riforme di cui ha bisogno non sono quelle di tagliare pensioni e stipendi, come vorrebbero quelli del gruppo di Bruxelles, ma l’esatto contrario. E per garantirlo deve innestare nuovi processi produttivi in settori innovativi.

Questo alla Germania non interessa. Ha sempre fatto comodo al gigante tedesco avere un sud Europa debole dal punto di vista della struttura economica per favorire la propria politica delle esportazioni. Ma anche questa prospettiva è miope, perché quando il sud d’Europa è allo stremo, per aumento di disoccupazione e di povertà, il mercato europeo si restringe quanto a capacità d’acquisto per i manufatti tedeschi e questo buco non è compensato, almeno per un non breve periodo, da mercati extraeuropei, peraltro non immuni dalla crisi.

Di questo parleranno in queste ore Tsipras e la Merkel? Ci sarebbe da augurarselo. Ma per quanto la cancelliera mostri il sorriso e non il ghigno del suo ministro delle finanze è difficile che la sua politica cambi senza grossi scossoni.

Eppure anche la prima donna d’Europa dovrebbe guardare bene le previsioni che gli analisti economici fanno in caso di una possibile uscita della Grecia dalla Ue e quindi dall’euro. E’ vero che il sistema bancario è molto meno esposto nei confronti del paese ellenico di qualche anno fa, ma lo sono gli Stati, sia in modo diretto, sia attraverso il Fondo salva stati. A loro non conviene un fallimento della Grecia e un Grexit, perché diventerebbe del tutto improbabile il recupero dei loro crediti. Vale il detto popolare: se hai un debito di mille euro con la tua banca il problema è tuo, se il debito è di milione il problema è della banca. Una ristrutturazione del debito è quindi necessaria, oltre che perfettamente possibile.

La Realpolitik della Ue dovrebbe cominciare da qui. Sbloccare i soldi che la Bce ha guadagnato sui titoli greci, concludere il famoso piano di aiuti versando i restanti 7,2 miliardi, dare il tempo necessario ai greci di risollevare la loro economia. Gli Usa hanno ben compreso che un’apertura del governo greco verso est è inevitabile e sarà tanto più rapida e conflittuale verso la Ue, quanto più quest’ultima sarà chiusa al più semplice buon senso.

Sui greci girano fole fomentate ad arte. Si dice che lavorano poco. Ma le statistiche sulle ore lavorate in ogni singolo paese europeo li colloca assai in alto nella graduatoria. Si afferma che hanno goduto di aiuti senza volere ridurre le spese e si chiude gli occhi di fronte a un crollo del Pil greco in cinque anni del 27%; della spesa pubblica del 35%; a un aumento della disoccupazione che ha raggiunto il 28%. Intanto il deficit strutturale è calato del 20% tra il 2009 e il 2014.

Non solo, ma il nuovo governo greco ha mantenuto tutte le promesse fatte sulla restituzione del debito agli organismi internazionali. Non una data è stata saltata. Con grande fatica, raschiando il fondo della liquidità disponibile. Ma lo ha fatto. Questo nuovo governo ha mantenuto fede agli impegni elettorali e nello stesso tempo non ha deluso i creditori. Altri, come la Francia, hanno fatto la voce grossa con gli altri e hanno invece goduto del massimo di tolleranza per sé, perché ciò faceva comodo anche alla Germania. Il governo Tsipras merita il massimo del rispetto e della solidarietà internazionale.

di Alfonso Gianni

Fonte: Huffington Post

 

Scritto da Redazione

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