In un’intervista pubblicata su un giornale greco, l’editorialista di “Repubblica” si schiera a favore della candidatura del leader di Syriza a presidente della Commissione europea e si augura la nascita di una lista di sostegno in Italia: “Non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale ma qualcosa per scuotere la coscienza della società con l’obiettivo di unire tutte le forze colpite dalla crisi”. Per un’altra Europa, contro l’austerity e i nuovi nazionalismi.
Intervista a Barbara Spinelli di Argiris Panagopoulos, da www.avgi.gr, 22 dicembre 2013
L’Europa dà l’impressione negli ultimi anni e soprattutto dopo l’inizio della crisi di essersi allontanata dai suoi cittadini.
Si è molto allontanata fino a quasi spezzare la corda tra le istituzioni europee e la cittadinanza. Ci sono due responsabili: le Istituzioni europee e gli Stati membri.
Se le Istituzioni europee hanno la responsabilità di non pensare alla crisi in maniera solidale, la responsabilità maggiore spetta agli Stati membri perché nel trattato di Lisbona e nell’Unione, così com’è oggi, il potere degli Stati nazionali è preponderante. Perché ora gli stati contano di più, in particolare per il meccanismo del voto all’unanimità. E il più forte vince sul più debole, perché può mettere un veto contro i paesi più piccoli.
In questo senso la responsabilità è in primo luogo dei governi nazionali, in particolare quelli dei paesi del sud Europa che si trovano nel bel mezzo della crisi?
L’Europa doveva essere una unione solidale di tipo federale. In una struttura federale solidale la solidarietà viene per forza. Faccio un esempio: se lo stato della California si trova ad affrontare i problemi della crisi del debito non si parla di cacciarla subito dagli Stati Uniti. Con la creazione dell’euro non siamo andati in questa direzione.
Non doveva esserci l’unione politica?
Non c’è l’unione politica. Oggi non la chiamerei nemmeno unione questa area europea che è basata sul vecchio sistema di “equilibrio tra potenze”, che è stato mantenuto fino alla fine dell’ultima guerra.
Un sistema di relazioni interstatali che hanno portato ai conflitti delle due guerre mondiali.
La Comunità Europea e poi l’Unione Europea sono state create proprio per superare “l’equilibrio tra potenze”. Purtroppo oggi l’Europa agisce direttamente contro i propri stessi ideali.
Ci sono prospettive per invertire questo processo, che probabilmente porta a disastri più grandi aumentando la disuguaglianza , la povertà e la disoccupazione?
Moltissime cose dipenderanno da noi cittadini. Per questo motivo ritengo molto importanti le elezioni per il Parlamento Europeo. Perché anche se in Europa è tornato un sistema di “equilibrio tra potenze” esistono istituzioni con forti caratteristiche democratiche e fra queste c’è certamente il Parlamento europeo, che dovrebbe aumentare i propri poteri, molti di più di quelli previsti dal Trattato di Lisbona.
In queste elezioni europee i cittadini possono esprimersi con molta forza su quale sia la direzione in cui vogliono andare. In molti paesi questo desiderio dei cittadini di riappropriarsi dell’Europa si manifesta in modi diversi.
Mi sembra che oggi nell’opinione pubblica e tra i cittadini emergano tre tendenze principali.
La prima è di sostegno alla posizione dei “poteri forti”: la troika e gli stati più forti. Questa linea sostiene che l’Europa, così com’è oggi, va bene e che le terapie di austerità hanno successo. Perché questo si dice oggi, da Barroso alla Merkel. La terapia mortifera che è stata attuata ha avuto successo, perché la Grecia, la Spagna, il Portogallo, l’Italia e l’Irlanda hanno ormai il bilancio dei pagamenti in pareggio. Ma come diceva Keynes l’intervento è riuscito ma il paziente è morto.
Una seconda linea di pensiero dice basta all’Europa, usciamo, perché l’euro è un disastro e un cappio al collo. La scelta è “si” o “no” all’euro. Noi diciamo “no”.
La terza scelta è quella che ha fatto Alexis Tsipras. Io spero molto in una lista italiana per Tsipras per le elezioni europee, una lista che sostenga che dobbiamo imparare la lezione da quello che è successo: noi vogliamo l’Europa, ma la vogliamo radicalmente cambiata.
Vogliamo un’unione vera, come i padri fondatori l’hanno pensata. Un’Europa della solidarietà, con una Banca Centrale prestatrice di ultima istanza, una vera federazione.
Tsipras sostiene l’unione politica dell’Europa e la pone come perno della sua ampia proposta per l’Europa, i popoli e i suoi cittadini. E sostenendo l’unione politica si conduce in pratica al federalismo in Europa.
In Europa riemergono fantasmi del passato, grazie ad una specie di euroscetticismo, come si è visto nella sua polemica con Scalfari, sostenendo giustamente che Grillo non è la stessa cosa del Fronte Nazionale o di Alba Dorata.
In un certo senso penso che l’euroscetticismo sia una cosa benefica in questo momento. Lo scetticismo viene dalla Grecia, è una delle più antiche e più straordinarie correnti filosofiche, perché mette in questione una realtà che viene considerata apparente. Interroga la realtà, la mette in questione. Ci sono due tipi di scetticismo. Lo scetticismo che torna al passato e ai vecchi stati sovrani, portando la questione della vecchia sovranità assoluta degli stati. Se questa è una possibile soluzione significa che ci muoviamo in direzione di una regressione, verso un nuovo/vecchio “equilibrio tra potenze”.
Alimentando anche i nazionalismi …
Alimentando il nazionalismo in tutti i paesi. I paesi più deboli come la Grecia e l’Italia, se tornano alla sovranità nazionale, riducendo l’Europa ad una zona di mercato saranno sempre più deboli. I paesi più forti si detteranno leggo comunque. Quando abbiamo avuto le monete nazionali dipendevamo dal marco. Questo euroscetticismo è pericoloso. Io sono a favore di un’Europa unita, ma io sono scettica, nel senso filosofico antico.
Con la rielezione di Merkel alla cancelleria abbiamo visto due grandi famiglie politiche in Europa, i cristiano-democratici e i socialdemocratici, formare una “grande coalizione” per applicare l’austerità. Che tipo di alleanze possono essere create in Europa tra quelle che una volta si chiamavano le forze progressiste? In Grecia, per esempio l’alleanza della Merkel con i socialdemocratici fa paura.
Sono perfettamente d’accordo con le vostre preoccupazioni.
I socialdemocratici avrebbero potuto obbligare Merkel a inserire punti di programma più coraggiosi, come quelli del sindacato tedesco DGB per un “Piano Marshall per l’Europa”. I socialdemocratici sono stati assolutamente rinunciatari sul negoziato con la Merkel. Non hanno messo niente di nuovo. Anzi hanno ribadito di essere contrari a qualsiasi europeizzazione del debito. Questo è pericoloso. Il problema è che in tanti paesi d’Europa siamo purtroppo di fronte a “grandi coalizioni” di questo tipo, perché nessuno dei partiti può avere la maggioranza, cominciando dall’Italia, dove siamo in uno stato di immobilità a causa della “grande coalizione”.
La speranza è di rendere più difficile questa condizione nel Parlamento europeo, creando forti gruppi che contesteranno questa linea.
Dovrebbe quindi esserci uno scontro politico alle prossime elezioni europee?
Sicuramente. Non possiamo fasciarci la testa prima di romperla.
In Italia vede la prospettiva di una convergenza di forze per la ricostruzione dell’Europa, a cui si riferiva prima?
E ‘ molto difficile perché mi sembra che la tendenza ad immobilizzarsi sulle “grandi coalizioni” sia molto forte e la situazione in Italia è molto fluida. Mi piacerebbe vedere un’alleanza tra i paesi che soffrono maggiormente per la crisi e l’austerità. Vorrei vedere l’alleanza dei paesi dell’Europa del sud all’interno dell’Unione Europea per affrontare gli stati che impongono austerità. Si potrebbe mettere in minoranza la linea di Merkel. Una volta è stata messa in minoranza la linea Thatcher, quando è stato fatto l’euro. Ora può essere messa in minoranza la linea Merkel. Nel Parlamento Europeo si dovrebbe cercare l’alleanza con altri, come i Verdi tedeschi, che pongono la questione di un “Piano Marshall” per l’Europa.
La candidatura di Alexis Tsipras può contribuire a creare una coalizione di tali forze in Italia, al Sud e in Europa? Una coalizione che superi lo spazio classico dei partiti della sinistra radicale radunando forze sociali più ampie?
Questa è la speranza che abbiamo in Italia in un piccolo gruppo di persone. Vorremmo che in Italia ci fosse una lista civica, di cittadini attivi, una lista di persone della società civile che scelgono Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea. Non è semplice, perché abbiamo pochissimo tempo per creare qualcosa. Per farlo ci vorrà tutta l’intelligenza di Alexis Tsipras, come quella che gli ha permesso di formare una coalizione tra le anime della sinistra radicale greca.
E’ chiaro che non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale, perché non avrebbe alcuna possibilità di successo. Abbiamo bisogno di qualcosa di più grande, qualcosa per scuotere la coscienza della società, superando i margini molto stretti delle formazioni politiche della sinistra radicale. Con l’obiettivo di unire le forze della società colpite dalla crisi.
Il confronto con l’Europa dell’austerità e della barbarie necessita di una maggiore convergenza delle forze sociali rispetto a quelle espresse dai partiti della tradizionale sinistra radicale.
Sicuramente. Abbiamo visto in questi giorni le reazioni e le proteste di alcuni gruppi in Italia e abbiamo visto in precedenza le proteste in Grecia, Spagna, Portogallo. Il confronto con l’Europa dell’austerità è oltre la portata della vecchia sinistra radicale.
Una grande parte di cittadini ha perso la speranza nell’Europa, a questi cittadini bisogna fare un discorso diverso: non dentro o fuori l’Europa, ma come vogliamo cambiare l’Europa e che tipo di Europa vogliamo costruire.
In Grecia si usa il concetto di ricostruzione e rifondazione dell’Europa.
Questo è esattamente l’obiettivo che abbiamo di fronte per presentare una candidatura di Alexis Tsipras in Italia e nell’Europa del Sud. Questa è la sfida. E’ come lasciare alle spalle una guerra, perché gli anni di austerità equivalgono ad una guerra. Soprattutto in Grecia. Dopo la guerra l’Europa è uscita con una voglia di ricostruzione, con un enorme entusiasmo, che dobbiamo ritrovare.
Pochi giorni fa ha avuto una polemica con il fondatore di “La Repubblica” per l’eredità politica del suo padre e il suo uso. Che direbbero i padri dell’Europa vedendo crescere la disuguaglianza, la disoccupazione, la povertà e l’esclusione sociale in un continente immaginato non solo senza guerre, ma anche come una società solidale? Dal antifascismo fino all’Europa unita c’è stata la percezione per un’Europa più giusta.
L’Europa è nata dopo la guerra per finire le guerre e per lottare insieme contro la povertà. ll ragionamento dei fondatori dell’Europa, che per l’Italia sono Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, ha sostenuto che la povertà in Italia e nella Repubblica di Weimar ci ha portati al fascismo e al nazismo. Non è solo la questione di avere la pace invece della guerra, ma di avere lo stato sociale invece della povertà. Lo stato sociale è una protezione dalle guerre, così come la giustizia sociale. Ci possono essere periodi di crisi economiche, ma bisogna affrontarle tutti insieme e non con i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Per questo dobbiamo cambiare anche il nostro concetto di sviluppo.
Ha vissuto insieme a Tommaso Padoa Schioppa, che è stato consigliere di Giorgos Papandreou. Ha avuto una visione personale della crisi greca?
L’Europa e gli stati europei hanno completamente fallito nella loro politica sulla Grecia. In un certo modo hanno fatto un esperimento con la Grecia. L’hanno trattato come una cavia. Hanno cercato di vedere se funzionava la ricetta facendola pagare ai greci. Molto spesso hanno provato delle politiche ancora più dure, ma hanno fatto marcia indietro. Hanno aspettato per dare soldi e poi ritirali. Hanno giocato con la crisi. Questo è il grande scandalo.
L’idea che aveva Padoa Schioppa era che bisognava fare molta attenzione a preservare la democrazia e la giustizia sociale in Grecia. Per questo motivo ha sostenuto che quando gli stati più deboli hanno grandi difficoltà e non potevano crescere in maniera adeguata, l’Europa doveva prenderli in carico e fare programmi di investimento, aumentando le risorse a disposizione all’interno dell’Unione europea, adottando il concetto di un “Piano Marshall”, come quello del sindacato tedesco.
Papandreou l’ha proposto, ma quando non era più primo ministro. Solo allora ha fatto la proposta che aveva discusso a lungo con Padoa Schioppa. Come i socialdemocratici in Germania anche Papandreou non ha fatto la proposta al momento giusto.
(23 dicembre 2013)