Atene – La visita della cancelliera tedesca Angela Merkel ieri pomeriggio ad Atene, è stata letta con toni trionfali dal governo di Antonis Samaras il quale, in vista delle doppie elezioni amministrative ed europee di maggio, è impegnato a dimostrare come, stando alle parole espresse dal primo ministro stesso, per la Grecia stia nascendo un nuovo giorno e la crisi sia prossima ad essere superata definitivamente. E Angela Merkel ha senz’altro offerto sostegno alla politica ellenica di austerity, usando toni molto generosi nel corso delle dichiarazioni congiunte rese al termine del suo breve viaggio; il problema della mancanza di liquidità che affligge l’economia greca troverà la Germania alleata. Berlino aiuterà, infatti, tramite l’istituzione di un fondo per la crescita che si attiverà nei campi del turismo, delle rinnovabili e della produzione agricola, mentre offrirà know-how nella gestione delle strutture ospedaliere.
Non è mancato anche il riferimento alle sofferenze del greci, a quel milione e 317.848 disoccupati (26,7 per cento) che devono ancora portare pazienza, ma per Angela Merkel la strada è quella giusta e quando, alla fine del 2014, il programma greco avrà termine “vedremo i passi da fare e affronteremo la questione della sostenibilità del debito in un clima di grande ottimismo”. Esclusa una nuova ristrutturazione (la prima è stata attuata nella primavera del 2012), Samaras ha dunque ottenuto il riconoscimento tedesco circa l’ingestibilità del debito (che, nel 2013, ammontava a 321,4 miliardi, il 177,5 per cento del Pil) e la promessa formale che saranno studiate manovre di alleggerimento concordate, ovviamente, con la troika di Commissione, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale.
Samaras, d’altro canto, carte da giocare rilevanti ne ha: il 2013 si è chiuso con surplus primario (il cui ammontare verrà certificato dalla Eurostat il 23 aprile) e proprio giovedì, un giorno prima dell’arrivo di Angela Merkel, la Grecia è tornata sui mercati finanziari dopo un’assenza di quattro anni, mettendo all’asta titoli quinquennali per tre miliardi. L’offerta è stata di venti miliardi e gli interessi si sono attestati al 4,95 per cento. Per Samaras e il suo governo un trionfo, più cauto il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il quale proprio ieri dichiarava alla Reuters che c’è ottimismo, ma la Grecia ha ancora molto da fare nel campo delle riforme. “Se un Paese ritorna sui mercati con un solo tipo di titolo di stato, non significa che ha riconquistato pieno accesso ai mercati finanziari e che sia in grado di onorare i prestiti europei a tassi d’interesse logici”; arrivate ad Atene pochi minuti dopo la conferenza stampa della cancelliera e del primo ministro greco, le parole del presidente dell’Eurogruppo sono una doccia fredda che raggela gli entusiasmi ellenici. Jeroen Dijsselbloem stima, infatti, che per i prossimi due anni le esigenze finanziarie del Paese, congiuntamente al debito siano tali per cui in autunno Ue e Grecia dovranno decidere circa possibili soluzioni, opinione espressa proprio ieri anche dal Fondo monetario internazionale a Washington.
Tra le ipotesi in campo, un terzo pacchetto di aiuti e l’inevitabile memorandum che detterà le condizioni del nuovo prestito.
Proprio lo scenario che gli elleni credevano di aver scongiurato con il ritorno sui mercati (e la supposta autosufficienza che questi offrono) e cui Angela Merkel cautamente non ha fatto nessun accenno. Infatti, il viaggio della cancelliera, oltre a sostenere l’esecutivo Samaras, aveva uno scopo ulteriore. In vista delle elezioni di maggio, da Atene Angela Merkel ha parlato direttamente ai tedeschi soprattutto agli euro scettici: se la Grecia, il Paese peggiore dell’eurozona, ce la sta facendo, è perché ha avuto ragione la politica di austerity imposta dal governo tedesco a tutto il vecchio continente, Germania compresa.
Tuttavia, che cosa generi l’austerity la Grecia sa ormai bene. Solo in riferimento a dati che più saltano all’occhio, dal 2009 le spese per la salute hanno subito riduzioni del 25 per cento; in un Paese in cui la disoccupazione si aggira attorno al 27 per cento e in cui l’assicurazione sanitaria è legata alla situazione lavorativa dei cittadini, sono quasi 3 milioni i contribuenti e i familiari a carico che rimangono esclusi dalle strutture pubbliche. La spesa per l’istruzione costa alle casse dello stato il 35,5 per cento in meno rispetto al 2009; le pensioni e gli stipendi si sono ridotti del 30-35 per cento, mentre il Pil, che nel 2009 era 231,1 miliardi, nel 2013 era 184,5 miliardi, dopo che l’economia greca ha segnato per sei anni consecutivi una crescita di valore negativo (- 4,2 per cento nel 2013). Se le entrate fiscali elleniche certificate dalla Eurostat per il 2011 (32,4 per cento del Pil) ancora non raggiungono le medie dell’eurozona (36,7 per cento del Pil), le tasse indirette costituiscono ben il 40,1 per cento (la media europea è del 33 per cento).
È quello che succede alla quotidianità dei greci, improvvisamente posti innanzi all’immagine di 30 mila nuovi senza casa che dormono per le strade di Atene. Viene da pensare che l’Europa nell’opinione pubblica sia la matrigna di Biancaneve e certamente lo è Angela Merkel, simbolo dell’austerity e delle imposizioni più dure da parte della troika. Eppure, nel momento in cui l’euro scetticismo più feroce invade il Parlamento greco con i diciotto deputati neo nazisti di Alba dorata (elezioni di maggio 2012), la stragrande maggioranza dei greci continua a preferire e, dunque votare, quei partiti ritenuti migliore garanzia della permanenza della Grecia nella moneta unica e nell’Ue; fra questi, il partito del primo ministro, il centro destra di Nea Dimocratia che, nei sondaggi, contende il primo posto all’opposizione di Syriza, sinistra radicale europeista che, però, non riesce a convincere del tutto circa i risultati dell’inevitabile scontro che avrà con le istituzioni europee qualora queste non cambino politica e che Syriza diventi partito di governo.
di Margherita Dean
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