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Armi chimiche siriane: tutto ciò che c’è da sapere sullo smaltimento

In un contesto di caotica e prolungata guerra civile, l’operazione che l’ONU e l’OPAC stanno attualmente conducendo riguardo le armi chimiche siriane ha, a detta di molti, portata storica. Il problema del trasporto in condizioni di sicurezza è chiaramente la questione fondamentale dell’operazione: in questa vicenda, l’Italia è chiamata a giocare un ruolo molto delicato, in quanto è stata indicata come sede del trasbordo degli aggressivi chimici dalle navi che li trasportano dalla Siria alla nave-laboratorio americana dove verranno distrutti.

Molte sono state le critiche sollevate in merito, nonostante la necessità del rispetto degli impegni derivanti il regime internazionale contro le armi di distruzione di massa.

1 – Il regime internazionale delle armi chimiche

1.1 L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche

L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) conta ad oggi 190 Paesi membri, ha sede a L’Aia. Il suo mandato principale consiste nella promozione e verifica dell’adesione alla Convenzione sulle Armi Chimiche (CAC), la quale proibisce l’uso di tali armi e ne chiede la distruzione.
Tali verifiche consistono sia nel valutare le dichiarazioni dei Paesi membri, sia in vere e proprie ispezioni. Nel 2013 l’OPAC è stata insignita del premio Nobel per la pace con la seguente motivazione: “per i suoi ampi sforzi per eliminare le armi chimiche”(1). In tutti gli impianti di distruzione delle armi chimiche, il 24 luglio 2010 sono state eseguite delle ispezioni dell’OPAC per verificare la reale distruzione di tali armi(2).  A causa del pericolo per l’ambiente in cui le operazioni avvenivano, le verifiche sono generalmente eseguite tramite telecamere a circuito chiuso(3). Le ispezioni hanno lo scopo di verificare le conformità dei Paesi membri con l’obbligo di produrre e usare determinate sostanze chimiche e verificare che le attività industriali di queste nazioni siano correttamente dichiarate, in base agli obblighi della convenzione sulle armi chimiche.
L’intensità e la frequenza delle ispezioni dipendono dal tipo di sostanze chimiche prodotte4 e non dipende dalla posizione del Paese membro. Per le sostanze potenzialmente utilizzabili come armi e di raro uso industriale viene fatto un bilancio per vedere se queste sostanze chimiche corrispondono in numero a quanto denunciato dalla nazione stessa.(5)

Gli impianti che producono sostanze solamente a scopo industriale vengono ispezionati se vengono prodotte anche sostanze ritenute più
pericolose. Dove queste sostanze non vengono prodotte, gli impianti vengono controllati per verificare l’assenza di tale produzione.(6)
Nel caso di sostanze pericolose, le ispezioni possono durare fino a 96 ore, mentre per quelle di fascia industriale durano al massimo 24 ore. Non vi sono limiti di tempo per le sostanze ritenute estremamente pericolose.(7)
In caso di denuncia di uso o di produzione di sostanze chimiche proibite, può avere luogo un’ispezione in base agli accordi della convenzione. Solo l’OPAC sovrintende a tali ispezioni su richiesta degli Stati membri, dopo aver verificato le prove presentate. Tuttavia, una maggioranza di due terzi può bloccare la richiesta d’ispezione.(8)
L’OPAC può essere coinvolta dopo che soluzioni diplomatiche bilaterali hanno fallito, anche se non è un’agenzia delle Nazioni Unite, ma collabora con l’organizzazione sia politicamente sia materialmente. Il 7 settembre 2000, l’OPAC e l’ONU hanno firmato un accordo di cooperazione sottolineando come avrebbero coordinato le loro attività (gli ispettori OPAC, inoltre, avrebbero avuto il permesso di viaggiare con i Lascia Passare delle Nazioni Unite, nei quali sono specificati la loro posizione, i loro privilegi e la loro immunità) (9).

1.2 La Convenzione sulle Armi Chimiche

Assieme al Trattato di non proliferazione nucleare, al Comprehensive Test Ban Treaty ed alla Convenzione per il bando delle armi biologiche, la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche costituisce uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda il sistema di disarmo e di non proliferazione delle armi di distruzione di massa. La Convenzione sulle Armi Chimiche di Parigi del 1993 (entrata in vigore il 29 aprile 1997) [10] è il primo trattato sul disarmo delle armi chimiche, che, inoltre, proibisce qualsiasi attività rivolta a sviluppo, produzione, acquisizione, detenzione, conservazione, trasferimento e uso di armi chimiche e dei materiali ad esse collegati. Per raggiungere tale fine si 

adottano sistemi di verifiche internazionali che non solo si prefiggono la distruzione delle armi chimiche esistenti negli Stati parte del Trattato, ma anche di tenere sotto controllo la produzione e l’impiego di determinate sostanze chimiche di largo consumo civile potenzialmente utilizzabili anche per fare armi chimiche. Chiunque commetta violazioni alla Convenzione sul territorio nazionale sarà punito tramite sanzioni stabilite dai Paesi membri.
Per garantire il rispetto della Convenzione il sistema di controllo internazionale usa due strumenti:

1. Dichiarazioni: redatte periodicamente dagli Stati parte all’OPAC, contemplano attività civili e militari che in base alla Convenzione devono
essere internazionalmente sorvegliate rientrando negli obblighi di notifica.
2. Verifiche: visite ispettive “di routine” nei Paesi membri svolte con breve preavviso dagli ispettori dell’OPAC. Tali ispezioni hanno l’obiettivo di
accertare la corrispondenza tra le situazioni riscontrate e quanto dichiarato nelle dichiarazioni periodiche.
In determinati casi, in base a sospetti o su specifica richiesta di uno Stato membro, l’OPAC può svolgere accertamenti attraverso ispezioni sul
posto per verificare le possibili violazioni riguardanti obblighi della Convenzione, situazioni non indicate nelle dichiarazioni periodiche o
accertando l’uso presunto di armi chimiche.(11)

2. Un banco di prova importante: la gestione delle armi chimiche siriane

L’operazione che l’ONU e l’OPAC stanno attualmente conducendo riguardo le armi chimiche siriane ha, a detta di molti, portata storica (12): questo in quanto l’esistenza della Convenzione sulle Armi Chimiche e del suo braccio operativo (l’OPAC) ha permesso di disinnescare una situazione critica, ponendo freno alla volontà USA di condurre un intervento armato in Siria, le cui conseguenze sarebbero probabilmente state ancor più disastrose. In un contesto di caotica e prolungata guerra civile tra fazioni in costante lotta tra loro (si calcola che siano ad oggi circa 130.000 le vittime e due milioni gli sfollati). La Siria, evidentemente, è ancora un Paese a forte rischio, soprattutto per gli operatori impegnati a censire tutti i depositi di armi chimiche siriane.

Stando a fonti umanitarie, attualmente sono stati smantellati tutti gli impianti di produzione ed è stato assicurato il trasporto di una ingente quantità di armi chimiche e dei loro precursori in un porto della Siria e il loro imbarco in navi fornite e protette dalla comunità internazionale (sono impegnati USA, Russia, Cina, Norvegia, Danimarca e numerosi altri).(13)

A settembre 2013 la Siria aveva, infatti, annunciato di aver accettato di eliminare le armi chimiche in suo possesso. L’OPAC ha così potuto censire circa 1400 tonnellate di agenti chimici riconducibili alla possibile sintesi di armi chimiche; alcune quantità di sostanze di questo tipo sono già state distrutte in loco, altre dovranno essere trasferite probabilmente in Germania e Gran Bretagna (Paesi che hanno offerto la loro collaborazione), per essere distrutte. Dei 23 siti censiti in Siria contenenti armi chimiche, solo 21 sono stati ispezionati dagli operatori dell’OPAC, poiché due erano inaccessibili: c’è la possibilità, pertanto, che ci sia ancora altro materiale da smaltire.

Le armi chimiche siriane da eliminare sono state imbarcate a Latakia (Siria) su un cargo danese il 7 gennaio 2014, nave container che attualmente si trova in navigazione nel Mediterraneo dalla Siria verso l’Italia(14) sotto scorta internazionale; l’operazione di trasbordo dei container a Gioia Tauro dovrebbe essere unica e concludere tale tipo di operazioni.(15) La nave container danese trasporta circa 500 tonnellate di aggressivi chimici catalogati, secondo la Convenzione, come agenti di classe 1 e 2 (cioè quelli più tossici), molecole di agenti nervini già formate (Sarin e VX) e i loro immediati precursori.

Dovrebbe essere l’unico carico previsto di questa tipologia di sostanze. La fase della eliminazione, cioè il vero e proprio processing chimico, dovrebbe avvenire nella seconda nave, quella statunitense (la “Cape Ray”) in mare, presumibilmente in acque internazionali: sarebbe la prima volta che queste operazioni avvengono in mare, perché normalmente esse hanno luogo sulla terra ferma. I requisiti di stabilità degli impianti, infatti, devono essere comprensibilmente molto elevati e in caso di mare grosso l’operazione sarebbe rischiosa; in condizioni normali, cioè sulla terraferma, si tratta invece di interventi di routine.

Il problema del trasporto in condizioni di sicurezza è la questione fondamentale dell’operazione. Trattandosi di sostanze mortali per l’uomo anche in piccolissime dosi (milligrammi), il loro trasporto è da sempre considerato pericoloso. Nei programmi di distruzione secondo i dettami della CAC, si era sempre preferito costruire degli impianti nel luogo stesso dove si erano trovati i depositi di materiale pericoloso, invece di inviare gli aggressivi chimici altrove per la loro distruzione: operazione che in Siria, stante la perdurante situazione di crisi, non è attuabile. In assenza di Paesi del Mediterraneo collaborativi e con impianti adeguati, di conseguenza, si è optato per la distruzione per idrolisi in un reattore chimico installato in una nave USA.(16)

Si è scelto di utilizzare, quindi, una tecnologia sperimentata e collaudata, visto che gli Stati Uniti hanno già distrutto migliaia di tonnellate dei loro arsenali chimici con questa tecnica. La nave statunitense Cape Ray della U.S. Maritime Administration è equipaggiata con due Field Deployable Hydrolysis Systems (FDHS, dal costo unitario di 5 milioni di dollari cadauno) e dovrà eliminare in 90 giorni circa 700 tonnellate di armi chimiche siriane, contenute in 280 serbatoi e trasportate da quattro navi militari norvegesi e danesi dalla Siria in Italia. Qui la Cape Ray le prenderà in carico nell’arco di due giorni per trasportarle in alto mare e neutralizzarle poi attraverso il processo dell’idrolisi (sciogliendole – per così dire – nell’acqua, aggiungendo reagenti come idrossido di sodio e ipoclorito di sodio), trasformandole in 6 milioni di litri di liquido. A bordo si trovano 63 civili dell’US Army’s Edgewood Chemical Biological Center (ECBC) di Aberdeen Proving Ground, Maryland, in aggiunta a un equipaggio di 38 membri della marina mercantile, nonché personale militare per la sicurezza, per un totale di 138 persone. L’impianto installato sulla Cape Ray consiste, nello specifico, di un enorme reattore in titanio con capacità di 8320 litri e la potenzialità di smaltire 25 tonnellate al giorno degli aggressivi chimici. Le tecniche per la eliminazione delle armi chimiche sono di due tipi: incenerimento o trattamento chimico a temperature non troppo elevate con soda caustica, il FDHS sopracitato, che decompone in molecole meno tossiche gli aggressivi chimici.

La nave militare USA sarà protetta da altre navi, per chiari motivi di sicurezza di sicurezza. I prodotti di decomposizione dopo l’idrolisi, assai meno tossici, saranno poi portati, come precedentemente ricordato, in Germania e Gran Bretagna per il loro definitivo incenerimento. Si tratta della prima operazione nel suo genere nella storia delle due organizzazioni (OPAC e Nazioni Unite) e la sua base operativa avrà sede a Damasco, mentre la sua base arretrata sarà Cipro, come comunicato dal Segretario Generale ONU Ban Ki-moon in un rapporto trasmesso al Consiglio di Sicurezza. La missione sarà guidata da un “coordinatore civile speciale” che avrà il rango di vice segretario generale, mentre una piccola squadra di una ventina di esperti dell’ONU e dell’OPAC sono già in Siria dal 1 ottobre 2013 per iniziare lo smantellamento dell’arsenale chimico siriano: questo team fornirà l’ossatura della missione comune. La missione si prevede che lavorerà per meno di un anno e sarà necessario che attraversi le linee del fronte, in alcuni casi controllate da gruppi armati che sono ostili a tali missioni comuni. Le armi chimiche che la missione deve eliminare – circa 1.000 tonnellate – sono pericolose da maneggiare, pericolose da trasportare e pericolose da distruggere. Ban Ki-moon prevede un’operazione di disarmo chimico in tre fasi, di cui la prima iniziata con la piena collaborazione del governo siriano. La seconda fase, fino al 1 novembre 2013, tesa alla distruzione di tutti gli impianti di produzione delle armi chimiche.

L’ultima, dal 1 novembre 2013 al 30 giugno 2014, la più difficile: lo smaltimento di circa 1.000 tonnellate di prodotti tossici ripartiti su una quarantina di siti. Mentre gli esperti dell’OPAC si prenderanno cura soprattutto della parte tecnica, il ruolo dell’ONU sarà quello di fornire il coordinamento ed il collegamento con il governo siriano ed i gruppi d’opposizione, le misure di sicurezza, la logistica, le comunicazioni e l’amministrazione. Data la complessità del compito, Ban Ki-moon nel suo rapporto considera che l’aiuto degli altri stati membri sarà necessaria in vari settori, tra cui la fornitura di attrezzature e la tutela dei membri della missione. Il segretario generale dell’ONU richiede ai Paesi membri di fornire pieno sostegno al lavoro della missione congiunta a livello finanziario, materiale, tecnico ed operativo. Invita inoltre i Paesi che hanno un’influenza sulle parti in conflitto ad usare tale influenza per promuovere il successo della missione e per proteggere i suoi membri.(17)

L’Italia è chiamata a svolgere, dunque, un ruolo delicato in quanto sede del trasbordo degli aggressivi chimici (non armi chimiche, dato che non ci sono proiettili caricati) dalle navi che li trasportano dalla Siria alla nave-laboratorio americano: passaggio che può essere effettuato in sicurezza solo in un porto attrezzato e non in mare aperto. Alle autorità Italiane è stato assicurato che l’operazione sarà effettuata direttamente da nave a nave, senza la collocazione dei container a terra; i container, inoltre, sono forniti dall’OPAC stessa, la quale supervisionerà ogni fase delle operazioni, assicurando così l’assenza di rischi per la popolazione e gli operatori interessati.

Nel porto di Gioia Tauro, tuttavia, sono in corso accese proteste. Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, quello degli Esteri Emma Bonino e il capo dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche Ahmet Uzumcu hanno ribadito che il trasferimento dei container (si prevede in tutto una sessantina) avverrà senza stoccaggio a terra. Un’operazione da compiersi nel giro di 48 ore circa e che dovrebbe aver luogo tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio 2014. La scelta del sito calabrese è stata compiuta per via delle caratteristiche del porto stesso e poiché in quella sede si è già gestito in passato sostanze tossiche della stessa categoria di quelle prelevate dalla Siria.

Nei programmi si auspica di completare la distruzione degli agenti chimici siriani entro giugno 2014.(18)

di Roberta Daveri, Archivio Disarmo

 

Note:

1 http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/2013/press.pdf
2 http://www.opcw.org/chemical-weapons-convention/verification-annex/part-iva/Destruction
3 http://www.opcw.org/index.php?eID=dam_frontend_push&docID=3923
4 http://www.dfat.gov.au/cwco/index.html 

http://www.opcw.org/index.php?eID=dam_frontend_push&docID=6357 

6 Ibidem.
7 http://www.decc.gov.uk/media/viewfile.ashx?filepath=what%20we%20do/uk%20energy%20supply/energy%20mix/nuclear/nonproliferation/chemicalbiologicalweapons/cwc_uk_auth/file2
6558.pdf&filetype=4&minwidth=tru
8 http://www.armscontrol.org/factsheets/cwcglance
9 http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/55/283
10 http://www.opcw.org/chemical-weapons-convention/
http://www.archiviodisarmo.it/siti/sito_archiviodisarmo/upload/documenti/86014_1993_Conve
nzione_armi_chimiche_Parigi.pdf

11 http://www.opcw.org/our-work/

12 United Nations Mission to Investigate Allegations of the Use of Chemical Weapons in the Syrian Arab Republic https://unoda-web.s3.amazonaws.com/wpcontent/uploads/2013/12/report.pdf

http://www.opcw.org/news-publications/news-listing/category/un-and-other-internationalorganisations/

13 http://www.corriere.it/esteri/13_ottobre_08/cento-ispettori-onu-opac-siria-smantellare-larsenale-chimico-c8c6444a-2fcd-11e3-8faf-8c5138a2071d.shtml

14 http://www.opcw.org/news/article/trans-loading-of-syrian-chemicals-to-be-undertaken-atport-of-gioia-tuaro-in-italy/

15 http://www.corriere.it/esteri/13_dicembre_16/dalla-siria-un-porto-italiano-piano-le-armichimiche-78730b1e-6636-11e3-8b64-f3a74c1a95d8.shtml

16 http://www.corriere.it/esteri/13_settembre_27/siria-accordo-risoluzione-consiglio-sicurezzaonu_6d057cb6-2703-11e3-a1ee-487182bf93b6.shtml

17 http://www.repubblica.it/esteri/2013/10/08/news/ban_ki-moon_missione_onuopac_per_smantellare_le_armi_chimiche_siriane-68134371/

Scritto da Redazione

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