Qualche giorno fa, a Lamezia Terme in provincia di Catanzaro, si è consumata l’ennesima tragedia sul lavoro: tre giovani lavoratori di una ditta di produzione di oli raffinati sono morti a causa di un’esplosione verificatasi in azienda. Avevano poco più di trent’anni.
Secondo i dati dell’Inail, nello scorso anno sono stati ben 792 i lavoratori che hanno perso la vita lavorando. Nel 2011 se n’erano contati 866.
A livello di statistiche, l’Italia è al primo posto in Europa per morti sul lavoro: in Germania, nello stesso periodo di riferimento i casi sono stati 567, in Francia 555, in Spagna 338 e nella Gran Bretagna 172 (dati Eurostat aggiornati a Dicembre 2012).
Situazione leggermente diversa per gli infortuni sul lavoro, con Germania e Spagna, che precedono il nostro Paese.
Un fenomeno agghiacciante: decine e decine di lavoratori, vista la grande crisi economica che continua a penalizzare migliaia e migliaia di famiglie, muoiono per guadagnarsi semplicemente da vivere!
E dire che la nostra Costituzione stabilisce che la Repubblica è fondata proprio sul lavoro (Art.1). Un principio di base, che informa anche altri articoli della Carta.
Si prenda l’Art.4:
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”
Che significa? Che in Italia il lavoro costituisce la base del vivere sociale, pertanto ogni persona ha il diritto e il dovere di svolgere una funzione lavorativa. Ma i costituenti non si sono fermati a fissare questo principio. Con l’art35 hanno fissato anche i termini della missione statale in tema di tutela del lavoro:
“La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.”
Dunque la nostra Costituzione si può definire fortemente lavorista, sebbene per molti aspetti inapplicata. Viene da chiedersi, allora: questa Costituzione va cambiata o va applicata? Proprio di questi tempi, quando più forte appare la tentazione di alcuni di stravolgerla, i fatti, come quelli di Lamezia, si incaricano di dimostrare che la sua applicazione consentirebbe di vivere meglio e più civilmente in questo nostro paese.
Applicare la Costituzione significherebbe, nel caso specifico, aumentare i controlli delle autorità competenti nei luoghi di lavoro, imporre un’applicazione severa delle norme sulla sicurezza, che pure ci sono ma spesso sono disattese, punire severamente i titolari di impresa che non rispettano le regole, anche quelle che riguardano la retribuzione dei lavoratori.
Anche per questo, allora, più Costituzione!
di Lorenzo Caffè