Ha preso il via a Roma lo scorso venerdì 15 novembre la due giorni del Forum Economia, un evento organizzato da un comitato promotore formato interamente da privati cittadini – quasi tutti provenienti dal mondo dell’associazionismo – che ha raccolto una platea di ospiti estremamente eterogenea: politici, economisti, amministratori locali, manager d’azienda ed esponenti del mondo della piccola impresa si sono interrogati sulla genesi e sulla probabile e tanto inseguita fine di una crisi che, appare chiaro ormai a tutti, è riduttivo circoscrivere al solo ambito finanziario, essendosi ormai allargata a macchia d’olio penetrando tutti gli strati della vita economica, politica e sociale di tutta l’Europa. Il dibattito sulla gestione degli enti locali è stato il tema principale della prima giornata di incontri, di cui sono stati ospiti i sindaci di alcune delle principali città italiane. Dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando a Maurizio Terenzino, suo omologo di Fabro, 3000 abitanti in provincia di Terni, passando – tra le altre – da Parma, Salerno e L’Aquila, rappresentante rispettivamente dai primi cittadini Federico Pizzarotti, Vincenzo de Luca e Massimo Cialente – grande assente, invece, il sindaco di Roma Ignazio Marino. Confrontando realtà cosi differenti dal punto di vista geografico, demografico, economico, scopriamo che quella del primo cittadino è una figura che presenta profili di somiglianza a volte sorprendenti: tanto nel ruolo, quanto nelle responsabilità, quanto nelle difficoltà che si trova ad affrontare. Più leggerezza della macchina burocratica, meno vincoli all’iniziativa del singolo ente locale, controlli successivi e non preventivi sul loro operato, garantendo la certezza della successiva sanzione per chi infrange le normative ma senza per questo paralizzare l’attività di chi vuole investire in nuove opere. Sono questi, sostanzialmente, i punti su cui mette l’accento l’assemblea.“Soprattutto nei comuni piccoli – ha affermato Maurizio Terenzino – il sindaco non è visto solo come un rappresentante delle istituzioni, ma quasi come un padre di famiglia a cui ci si rivolge per chiedergli di farsi carico di problemi quotidiani. E la scarsità sempre crescente di risorse rende difficile offrire servizi anche elementari come mense scolastiche, asili e centri anziani”. Già, la scarsità delle risorse. Quello dei trasferimenti da parte dello Stato, in calo vertiginoso negli ultimi anni, è stato un argomento che è tornato più volte al centro della discussione. “La crisi pesa – ha proseguito Terenzino – fondi per le manutenzioni, nel nostro comune, sono calati da 220 a 45 mila euro in pochi anni. Sono cifre ridicole per una grande città, ma per un piccolo centro come il nostro si parla di tantissimi soldi”. Il sentore generale è che, in tempi di revisione della spesa e tagli lineari, gli enti locali più piccoli siano diventato l’ultimo cuscinetto da premere all’inverosimile nel tentativo di far quadrare i bilanci centrali. Sul punto è tornato anche il sindaco di Salerno De Luca, che in merito al teatrino delle tasse locali in scena ormai da mesi ha sentenziato “La cancellazione dell’Imu è una truffa mediatica, un demenziale tentativo di scaricare tutte le responsabilità sugli enti locali. Si è detto che la Tasi, o come si chiamerà, sarà diversa dall’Imu perché la prima è un’imposta sui servizi, mentre la seconda colpirebbe il patrimonio.
Peccato che noi sindaci con il gettito dell’Imu destinato ai comuni andavamo a coprire anche proprio quei servizi indivisibili – illuminazione, strade – che ora andranno finanziati in altro modo, con nuove tasse”. Nuove tasse che dovranno per forza di cose bilanciare la continua emorragia di trasferimenti “dall’alto”. “Abbiamo subito – prosegue De Luca – tagli del 50% in 3 anni, gli investimenti per la manutenzione delle opere pubbliche sono ormai ridotti al ridicolo. Ma ci rendiamo conto che tra qualche anno spenderemo il triplo per rendere funzionanti delle infrastrutture che costerebbe molto meno mantenere nel tempo in maniera costante?”. Terenzino affronta poi un altro punto particolarmente sentito tra gli amministratori locali, piccoli o grandi che siano: “Dobbiamo sottrarre gli investimenti al patto di stabilità. Questo vincolo ci penalizza per diversi aspetti: costringe innanzitutto il comune ad avere un avanzo di amministrazione, che paradossalmente non possiamo poi spendere, ed in secondo luogo ci impedisce di fare anche quegli investimenti che possono portare utili nelle casse comunali. Diventa poi difficile, soprattutto per i piccoli centri come noi, trovare e praticare altre vie, come il project financing, per reperire quelle risorse necessarie per fare degli investimenti indispensabili. Io non ho una ricetta per tutto – aggiunge poi – ma sicuramente dobbiamo rilanciare i comuni, dematerializzare e informatizzare la pubblica amministrazione, semplificare la burocrazia partendo dalle normative e non dai modelli, investire nella valorizzazione del territorio”. Particolarmente apprezzato, poi, è stato l’intervento dell’economista Nino Galloni, che ha anticipato il dibattito dei sindaci partendo proprio dalle origini, e dalla possibile uscita dalla crisi che stiamo attraversando. Chiedendosi se, forse, più che di ristrutturare la nostra economia non avessimo bisogno di un modello alternativo. Il punto fondamentale, sottolinea, è l’esistenza o no di una volontà politica ben precisa “Un movimento che voglia cambiare le cose deve possedere una grande lungimiranza, ma anche imporre dei passi che magari nel futuro potranno non saranno sufficienti, ma che nel presente rappresentino comunque una via da seguire”. “Il nostro Capo di Stato – ha aggiunto poi – ci ricorda spesso che “la coperta e corta”. Ma se la coperta è corta, perché anziché stare a litigare per tirarla dalla propria parte non ci alziamo e ne andiamo a cercare una nuova, delle giuste misure?”. E riserva qualche battuta anche al futuro dell’Europa e della sua moneta: “E’ più probabile che salti prima l’Euro e la Germania che l’Italia. In Germania, adesso, vince solo chi lavora per le esportazioni. L’unico modo per salvare l’ euro è far si che la Germania aumenti la domanda interna e riduca le esportazioni. Solo cosi assumerebbe un ruolo di leader legittimato”. Per concludere, ritorna alla nostra economia, che sotto le ragnatele della crisi nasconde grandi potenzialità: “I suicidi degli imprenditori avvengono non per debiti, ma per i crediti che vantano nei confronti di uno Stato che spesso non paga. In Italia abbiamo quattro milioni di imprese che stanno sul mercato, siamo il terzo paese per varietà dell’export, dobbiamo puntare sull’agricoltura, sul turismo, sulle monete complementari, dobbiamo spingere la domanda interna. I comuni possono favorire la produzione di moneta complementare privata, devono mettere a punto un censimento delle imprese e dei rispettivi crediti e muovere liquidità e risorse locali”. E sul futuro, Galloni ha le idee chiare: “Con un bilancio caratterizzato da consistente avanzo primario, lo Stato prende più risorse di quanto non restituisce all’economia. Dobbiamo poter fare in disavanzo la spesa per investimenti e welfare, dobbiamo tornare non alla situazione prima di Maastricht, ma a prima del 1982, cioè prima del divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia”.
di Francesco Perrella
Fonte: http://www.malitalia.it/2013/11/forum-economia-di-roma-nuove-proposte-per-un-modello-da-ripensare1/