Il 16 novembre scorso, nella seconda giornata delForum Economia di Roma, il tema della discussione si è spostato su una delle domande nate e cresciute direttamente nel terreno della crisi:quale sarà il futuro dell’Unione Europea e dell’Euro? Tutto sta nel chiedersi se l’Europa, per come la conosciamo, sarà in grado di dare risposte concrete al di là dei parametri finanziari, per porre rimedio ad un disastro non solo economico, ma anche umano. O se non sia stato proprio questo meccanismo il veicolo attraverso cui l’epidemia speculativa ha contagiato anche noi. Mettendo l’Italia, paese solo un decennio fa al traino dell’Europa, nelle condizioni che ben conosciamo. Per Aldo Scorrano, dell’associazione Eurotruffa, si tratta di un problema fisiologico: “L’UE non può porre rimedio a questa crisi “di rimbalzo” per un limite strutturale, essendo nata per morire di regole di per sé avulse dalla realtà, con la ferma convinzione il libero mercato sia un meccanismo perfettamente funzionante”. E i singoli Stati, nella sostanza, hanno le mani legate: “La crisi europea – prosegue Scorrano – è legata in particolar modo alla perdita della sovranità monetaria. L’Unione europea e la Bce rifiutano una politica fiscale volta alla crescita dei deficit, che darebbe comunque respiro alla domanda interna, a causa di un impianto europeo fondato interamente su teorie economiche di stampo neoliberista e neoclassico”. Sovranità monetaria, debito pubblico, economia reale e teorie che presentano pochi riscontri nella realtà: sono proprio questi i punti affrontati durante il collegamento con Warren Mosler, esponente di spicco della Modern Money Theory. Il primo punto toccato dall’economista statunitense è quello della disoccupazione: “Nessuno, davanti ad uno stadio, penserebbe sia giusto raccogliere i biglietti per poi rivenderli. Quando si restringe l’offerta dei crediti fiscali, necessari per risparmiare e pagare le tasse, la conseguenza è la disoccupazione”. In altre parole, “disoccupazione significa che le tasse sono troppo alte e la spesa troppo bassa, ovvero che il deficit è troppo basso. Se vediamo disoccupazione vuol dire che la spesa non è abbastanza per coprire le tasse”. E veniamo quindi al caso europeo, le cui difficoltà partirebbero proprio dalle origini dell’unione monetaria: “L’ unione europea è stata costruita in modo che la banca centrale non garantisse il debito dei paesi membri e li ha lasciati con i loro elevati deficit relativi all’epoca in cui avevano le loro singole valute. Rimozione delle garanzie e alti deficit al primo segnale di stress hanno fatto alzare i tassi di interesse rendendo impossibile la gestione appropriata dei deficit”. In un momento storico in cui il debito pubblico è diventato lo spauracchio di tutti, e la sua riduzione un dogma, Mosler ne ha un’idea del tutto diversa: “Il deficit di governo corrisponde ai suoi risparmi netti. Un dollaro speso dal nostro governo o viene usato per pagare le tasse oppure no . Se viene usato per pagare le tasse, è perduto per l’economia. Se non viene usato per pagare le tasse, deve ancora essere da qualche arte in giro. I dollari che l’economia non spende per pagare le tasse sono crediti fiscali che rimangono in circolazione o come cash o come riserve o titoli, e questo lo chiamiamo debito. Ripagare il debito non è fattibile: il governo spende per crediti fiscali che rimangono in circolazione finché non rientrano come tasse, ma non si tratta di un debito nel senso stretto del termine”. Riguardo le possibili vie d’uscita da questa sorta di circolo vizioso, l’economista statunitense è chiaro: “La soluzione per la crisi è un deficit più grande, ma questo l’ Unione Europea non lo consente. Il tetto del 3% deve essere allentato, magari arrivando all’8%”. Ma Mosler non parla necessariamente di uscire dalla moneta unica, né tantomeno dall’UE, ma suggerisce anzi uno strumento che potrebbe, nell’immediato, portare notevoli benefici all’economia nazionale, quello dei titoli di stato garantiti dalle imposte: “Si tratterebbe – spiega – di nuovi titoli del tutto simili agli attuali bond, senza però la clausola di default. Il non pagamento di questi titoli da parte dello Stato non significherebbe pertanto il suo fallimento, ma semplicemente non pagamento, e in questo caso li si potrebbe usare per pagare le tasse, continuando a maturare interessi. Per l’investitore ciò significherebbe nessun rischio di default, risparmio nei tassi e nessun rischio anche per l’Italia, ma ciò – sottolinea – non ridurrebbe comunque la disoccupazione né produrrebbe un aumento del Pil, a meno di non dare possibilità al deficit di essere più elevato”. Quando gli domandano cosa pensi delle politiche di austerity condotte a livello sovra-nazionale ed imposte a molti Stati europei, Mosler risponde quasi con un sospiro: “Trovo tutto molto scoraggiante. Oggi se chiedete a qualsiasi economista cosa succede se si aumentano le tasse e riduce la spesa ci dice che l’economia peggiorerà e la disoccupazione aumenterà. All’inizio di quest’anno gli Stati Uniti hanno aumentato le tasse e ridotto la spesa, e tutti gli economisti avevano previsto che l’economia sarebbe peggiorata, ed è effettivamente peggiorata. In Giappone hanno fatto il contrario, aumentando il deficit, e tutte le previsioni dicevano che la situazione economica sarebbe migliorata, ed avevano ragione. Quello dell’Europa è un esperimento fallimentare, possiamo dare loro il beneficio del dubbio, forse sono davvero convinti che l’austerità potrà migliorare l’economia, adesso ci sono documenti del Fondo Monetario Internazionale, della Bce e della Federal Reserve che dicono con chiarezza che questo esperimento è fallito e non funziona”. Come accennato prima, Mosler non vede nel semplice ritorno alla Lira la soluzione a tutti i problemi: “Uscendo dall’unione monetaria con una leadership che vuole risanare il bilancio le cose non possono migliorare, anzi. C’è bisogno di una guida che capisca che il deficit deve aumentare, senza di questo non otterrete nulla”. Nel suo intervento, Warren Mosler parla in maniera semplice, ma non semplicistica, e cita di continuo dati e rilevazioni empiriche facilmente ed intuitivamente verificabili. Dicendo esattamente il contrario di quello che sentiamo continuamente ripetere dai politici e dagli economisti che monopolizzano l’opinione pubblica. Meno tasse, più spesa, meno finanza, più controllo da parte dello Stato. Viviamo in un momento quasi paradossale: vediamo tutti l’economia come una scienza, con le sue leggi da seguire, eppure non riusciamo a ricavare da questa scienza nessuna sicurezza per il futuro. Ora più che mai, forse, è necessario far retrocedere i dogmi ad opinioni, rimettere in discussione le vecchie idee ed in circolo le nuove. Certo, alla fine qualcuno dovrà pur decidere. E al momento sta li il vuoto totale. “La gente – ha chiosato un altro degli ospiti del forum, l’economista Antonio Maria Rinaldi – ha paura non del ritorno sovranità nazionale, ma del fatto che non esiste chi sarebbe in grado di gestirla. Ve li immaginate Monti e Letta a gestire il ritorno alla Lira?”. Il vuoto della politica che stiamo vivendo comporta assenza di scelte, di strategie, magari anche di azzardi. Che necessariamente ci vengono imposti da qualcun altro, nel bene o nel male, e con le conseguenze che stiamo vivendo tutti.
di Francesco Perrella
Fonte: http://www.malitalia.it/2013/11/forum-economia-di-roma-nuove-proposte-per-un-modello-da-ripensare2/