Stappare una bottiglia di vino è un viaggio a ritroso nel tempo che racconta la storia e le evoluzioni del territorio. La storia dell’enologia calabrese intesa come grandi vini di prestigio noti a importanti sommelier è relativamente giovane, perché fino a qualche anno fa in Calabria si parlava solo di vino prodotto per la famiglia o per il commercio locale.
Nel recente passato il cambiamento: finalmente i produttori vitivinicoli calabresi capiscono che per arrivare ai mercati nazionali ed internazionali, ma soprattutto per parlare di vino calabrese dovevano consorziarsi e puntare alla qualità. Nacque così Terre di Cosenza.
Assaporare oggi un vino appartenente alla dop bruzia significa ritrovare il gusto strutturato di una terra complessa, anfiteatro naturale che abbraccia micromondi diversi tra loro. La provincia di Cosenza racchiude un territorio distinto tra il Pollino e la Sila, lo Ionio e il Tirreno, un solo ed unico viaggio in cui la ricchezza e la diversità delle produzioni vinicole diventano simbolo di unicità e qualità.
Il Magliocco è l’uva più rappresentativa di tutto il territorio bruzio, sia per presenza in vigneto che per rendimento qualitativo. Grappolo medio-piccolo, piuttosto allungato, è dotato di una buona resistenza alle avversità naturali e climatiche, matura tardivamente e si vendemmia, in genere, nella prima o seconda decade di ottobre. I vini ottenuti solo da Magliocco dolce presentano un colore rosso rubino intenso, all’analisi olfattiva svelano note di frutta rossa, che vanno dalla ciliegia alla mora e alla prugna, con sentori floreali di viola, che virano verso toni speziati, in fase di maturità.
In bocca risultano dotati di una buona alcolicità, armonici, morbidi e giustamente tannici. Quest’uva ha un elevato corredo di polifenoli, che rende il vino particolarmente idoneo all’invecchiamento.
La dop cosentina ha investito su questo vitigno e durante il Vinitaly ha proposto la realizzazione dell’Accademia del Magliocco. A Verona Jean Natoli, fondatore e direttore di laboratorio internazionale di analisi e consulenza vitivinicola a Montepellier, e Vincenzo Gerbi, ordinario enologo dell’Università di Torino, hanno incontrato i produttori e analizzato i vini.
«Costituire un’accademia vuol dire comprendere l’importanza dell’approfondimento delle conoscenze su questo vitigno che ha una storia antichissima e potenzialità molto forti dal punto di vista enologico che ancora non sono state scoperte» ha spiegato Vincenzo Gerbi, professore ordinario enologo dell’Università di Torino. «Il ruolo dell’accademia – ha aggiunto il docente – è mettere a disposizioni tutte le informazioni, per permettere a tutti di sfruttare le potenzialità del Magliocco che ha un colore intenso e un profumo particolare, e dei tannini che dimostrano una grandissima struttura, qualche volte può sempre aggressivo, ma in realtà nasconde una grande personalità che bisogna comprendere».
L’idea è quella di creare una struttura che si occupi in modo esclusivo di questa risorsa dotando il settore di un laboratorio di studio e valorizzazione, capace di evidenziare le peculiarità del territorio, traducendole in supporto dell’intera filiera enogastronomica ed enoturistica.
di Redazione