A colloquio con lo scrittore Gianrico Carofiglio. Barese, classe 1961, ex-magistrato ed ex-senatore, i suoi romanzi hanno venduto più di quattro milioni di copie in tutto il mondo. Da pochi giorni è in libreria la sua ultima fatica, “La casa nel bosco” (Rizzoli), scritto con il fratello Francesco.
Lei è stato a lungo un pubblico ministero, occupandosi del crimine da un’angolatura diversa da quella dello scrittore. Verrebbe da pensare che il suo lavoro di magistrato abbia influenzato le sue scelte letterarie future. O è una lettura troppo semplicistica?
No, non è una lettura semplicistica. L’aver fatto il magistrato ha determinato per molti aspetti il mio modo di essere, di pensare e anche di scrivere. Poi naturalmente ci sono molti altri fattori che hanno contribuito alla mia formazione.
Una domanda che generalmente si fa ad uno scrittore: chi sono, se ci sono, i suoi maestri?
Probabilmente ci sono ma io non so chi siano. Spesso subiamo influenze di cui non siamo consapevoli.
Sembra che il noir, e il giallo, stiano avendo molto successo in Italia ed all’estero. Secondo alcuni perché si tratta del nuovo romanzo realista, che rispecchia il clima di violenza, di crisi, di disagio, di frustrazione, che segna il nostro tempo. Qual è la sua opinione?
Sono sempre un po’ perplesso di fronte a questa lettura del successo del noir e del giallo. Credo che la realtà sia più semplice, forse anche più banale. La gente è attratta da storie appassionanti in cui si risolve un enigma e che hanno a che fare con la metà oscura di noi tutti. Poi, certo, ci sono dei noir capaci di raccontare con grande efficacia la crisi della modernità, ma questo non ha nulla a che fare con il successo del genere.
Chi è l’avvocato Guido Guerrieri? Quanto dell’autore c’è in questo personaggio?
Guerrieri è un eroe riluttante, un personaggio il cui successo credo dipenda soprattutto dalle imperfezioni e dalla capacità di praticare quella che io considero una grande virtù: l’autoironia.
Lei è un uomo del sud, è nato e vive a Bari. I sui romanzi sono ambientati in questa città. Qual è il sud di Gianrico Carofiglio?
Non so rispondere, ci sono tanti sud diversi. Mi piace immaginare che in un futuro non lontano diventino più simili fra loro, sotto il segno della civiltà, della legalità e della capacità di tutelare le loro straordinarie bellezze.
Lei non ha disdegnato l’impegno politico. Si è messo in gioco, come si suole dire. Come sta vivendo questa esperienza? Cosa dovrebbe fare la politica secondo Lei per riscattare se stessa e dare una prospettiva al paese?
Una vera rivoluzione per la politica ci sarebbe se i politici imparassero a dire la verità e capissero che si tratta di uno straordinario strumento per generare un sano, democratico e civile consenso.
Torniamo alla sua produzione letteraria. E’ appena uscito il suo ultimo romanzo, La casa nel bosco, “un romanzo su due fratelli scritto da due fratelli” si è scritto. Ecco, come nasce l’idea di scrivere un romanzo a quattro mani con suo fratello Francesco?
L’idea del libro è venuta in modo casuale ma ad un certo punto è diventato urgente e necessario raccontare quella storia e ritornare al proprio passato. Ricordare è rivivere e lo volevamo fare insieme.
La storia sembra che proponga una svolta rispetto alla sua produzione precedente. E’ così?
Mi piace pensare che ogni libro che scrivo proponga una svolta rispetto alla produzione precedente. Dunque anche questo, che è obbiettivamente diverso dagli altri.
Domanda obbligata: i fratelli della storia sono, in fondo, i fratelli che la raccontano?
Direi di sì.
C’è una morale nel libro?
Se c’è io non ce l’ho messa. Non mi piacciono gli autori che vogliono dare lezioni morali.
di Luigi Pandolfi