Il cerchio ristretto nella dittatura di Enver Hoxha
di Mario Occhinero
Nella lingua albanese, come in arbëreshë, la parola “krushqi” definisce il rapporto stretto che si crea tra due famiglie in seguito ad un matrimonio. Il “Blloku”, invece, è il quartiere di Tirana dove sono andati a vivere gli alti dirigenti comunisti dopo la ritirata dei nazisti alla fine del 1944, ovvero nelle ville che avevano confiscato ai precedenti proprietari.
Enver Hoxha si prende la casa dell’ingegnere Belloni che fugge in Italia e Koçi Xoxe quella contigua appartenente al precedente primo ministro Biçakçiu che viene arrestato e rimane in prigione fino al 1965. Dopo la condanna a morte di Koçi Xoxe nel 1949 con l’accusa formale di essere agente jugoslavo, Enver Hoxha e sua sposa Nexhmije accorpano per il loro utilizzo entrambi gli immobili.
La gerarchia al Blloku era ben definita, lì vivevano le famiglie dei membri dell’Ufficio Politico e del presidente del Presidium dell’Assemblea Popolare. Non erano ammessi i membri del Governo che non fossero membri dell’Ufficio Politico. I collegamenti all’interno del Blloku sono apparsi chiari sin dall’inizio. Enver Hoxha legò “krushqi” con Gogo Nushi, dando al fratello di quest’ultimo sua nipote, ma anche la moglie di Hysni Kapo era sorella di Alqi Kondi e di Pirro Kondi, ed era cugina di Manush Mufti, la cui sorella era moglie di Pilo Peristeri e allo stesso modo, la sorella di Ramiz Alia era diventata la moglie di Reiz Malile, la cui sorella era la moglie di Xhaferr Spahi, mentre la moglie di Bilbil Klos era la sorella della moglie di Ramiz Alia. Tutti questi furono membri dell’Ufficio di presidenza, del Comitato centrale o ministri e vice primi ministri. Dai loro matrimoni sono nati dei figli che una volta cresciuti hanno continuato a rafforzare i rapporti di “krushqi” e di potere. Così è che la figlia di Adil Çarçani si sposò con il figlio di Manush Mufti, Ilir il primogenito di Enver Hoxha si sposò con la figlia del fratello di Ramiz Alia e anche Kadri Hazbiu diventa “krushqi” con Enver Hoxha, quando la figlia di Enver Hoxha fu presa dal fratello del marito di una nipote della moglie di Kadri Hazbiu.
Secondo un rapporto pubblicato nel 2016 dall’Istituto di studi sul crimine e le conseguenze del comunismo si ritiene che i prigionieri politici in Albania fossero tra i 30.000 e i 34.000, di cui circa un quinto erano donne. Secondo la stessa fonte, 5.577 uomini e 450 donne furono condannati a morte e uccisi. Tra il 1944 e il 1990 delle 13.692 persone che hanno cercato la fuga attraverso il confine 988 sono state uccise nel tentativo. I corpi dei prigionieri giustiziati o deceduti in carcere, o durante il lavoro forzato, o per malattia, non sono mai stati restituiti ai parenti.
I carnefici però sono diventati molto spesso a loro volta anche vittime.
Dal 1944 a 1985, anno in cui morì Enver Hoxha, furono condannati 29 ministri, viceministri e leader del Partito del Lavoro, la maggior parte dei quali accusati di essere agenti di servizi segreti stranieri. Durante il suo governo, 22 generali dell’esercito albanese furono giustiziati, perseguitati e condannati a molti anni di reclusione. La morte di Mehmet Shehu fu descritta come un suicidio, ma in realtà lasciò molti dubbi e misteri.
Durante la resistenza all’occupazione da parte dell’Italia fascista e della Germania nazista i comunisti albanesi hanno cercato, pensando al dopo, di liberarsene con ogni mezzo dei partigiani non comunisti. Qualcuno sostiene che Hoxha si sia liberato anche di dirigenti comunisti che avrebbero potuto fare ombra alla sua carriera orchestrando complotti. L’assassinio del leader della Gioventù comunista Qemal Stafa sarebbe uno di quelli.
La sorella di Enver Hoxha di nome Fahrija era sposata con il dirigente nazionalista Bahri Omari che aiutò in molte occasioni a Enver Hoxha dandoli protezione anche nella propria casa quando questi era perseguitato ma una volta salito al potere non lì risparmiò la vita in uno dei processi contro i collaborazionisti. In questo caso tanto il legame di “krushqi” come nemmeno le suppliche della sorella ebbero valore.
Agli albori della nascita del partito comunista gli albanesi ricevettero l’aiuto organizzativo dei compagni jugoslavi e attraverso Koço Tashko suggeriscono di aggiungere almeno un musulmano nella direzione del Gruppo Comunista di Korça. Grazie a loro viene aggiunto proprio Enver Hoxha inquanto musulmano e più precisamente bektashi. Koço Tashko trascorse dagli anni ’60 in poi per vent’anni della sua vita tra campi di lavoro forzato, prigione e confinamenti. L’accusa formale fu quella di essere un agente sovietico.
Nel frattempo i residenti nel Blloku godevano di un trattamento speciale, fruivano di personale di servizio, negozi dove poter procurarsi cibo e vestiti occidentali, una serie di ville, case per vacanze in tutta l’Albania, studi e ricoveri ospedalieri all’estero, (il figlio di Shehu studiava in Svezia e Hysni Kapo muore a Parigi), avevano accesso ai libri che il regime stesso vietava e vedevano la televisione italiana come il resto della popolazione ma senza doversi nascondere.
La gestione di Albatrans di sigarette da una società in Svizzera al porto di Durazzo, ai pescherecci greci e da essi agli italiani e il ritorno in Svizzera dei camion frigoriferi con prodotti agricoli delle cooperative albanesi potrebbe essere stata funzionale al mantenimento del tenore di vita del quartiere proibito. Si ritiene che il contrabbando di sigarette avrebbe fruttato intorno ai 12 milioni di dollari all’anno tra il 1965 e il 1991. Naturalmente in contanti.
Al di fuori del Blloku gli albanesi pativano la fame, nel 1985 l’Albania era considerato uno dei tre paesi più poveri al mondo, la carne che veniva somministrata era di soltanto un chilogrammo al mese a famiglia e dal 1982 i contadini non potevano allevare per conto proprio nemmeno più una gallina.
L’avvocato Spartak Ngjela, figlio dell’ex ministro del Commercio Kico Ngjela, accusato di sabotaggio nel 1975 e incarcerato fino al 1990, ha portato nelle sue memorie dettagli e analisi realistici della vita al Blloku. Sono gli unici testi che fanno luce su ciò che è realmente accaduto lì. Nelle sue memorie emerge l’esistenza di un luogo dominante, la “Casa del Partito”. Aveva diversi saloni, una sala da biliardo e un cinema dove venivano proiettati film vietati al grande pubblico. Visitare di sera o prendere un caffè alla “Casa del Partito” era per gli alti dirigenti comunisti quasi un rito dovuto che durava diverse ore. I principali leader rimanevano al secondo piano, spesso impegnati in lunghe conversazioni, il cui tono veniva stabilito da Hoxha. Dalle semplici conversazioni a quelle di vitale importanza sul comunismo in Albania o sulla politica estera si svolgevano principalmente lì. Spartak Ngjela ricorda che Hoxha voleva che tutta la sua cerchia fosse presente, ogni giorno, senza assenze. Era una sorta di controllo, simile a quello di Stalin. Voleva vedere negli occhi i suoi collaboratori, voleva sentire e toccare con mano la loro fedeltà. Questo sentimento era così forte che una delle accuse mosse a Bedri Spahi nel 1955 fu che per due mesi non si era presentato alla “Casa del Partito”.
Ma con il passare degli anni la vita dei pochi residenti del Blocco si è complicata. Bashkim Shehu nel suo libro “L’autunno dell’ansia” descrive la vita a Blloku in questo modo: “A quel livello, in quel sistema, non esisteva amicizia. Nelle persone che erano strettamente imparentate tra loro c’era soltanto una complicità e un legame di interessi che opprimeva tante altre persone”.
Fino al 1947 la strada che passava davanti alla casa di Hoxha era aperta. Da quell’anno venne chiuso e, col tempo, anche il divieto si estese alle strade adiacenti. Nel 1985 era un quartiere di circa 16 ettari e davanti alla porta di casa di Hoxha, nemmeno i membri del Bureau Politico potevano camminare.
Anche gli abitanti del Blloku erano spiati scrupolosamente come ogni cittadino albanese con la differenza che in alcuni casi per i “krushqi” la tolleranza era leggermente più elastica.
Quando si scoprì che la stella della pallamano della squadra della Dinamo Asllan Rusi nutriva delle simpatie per Pranvera, la figlia di Enver Hoxha, il giovane viene malmenato e ricoverato in ospedale psichiatrico fino che le pozioni l’hanno distrutto.
Il figlio Sokol di Enver Hoxha ha sposato Liljana, una ragazza che non apparteneva alla classe dirigente del Blloku, di fatto come riferisce nei libri è interviste, non ebbe mai le simpatie della suocera ma da sempre ben accolta dal suocero.
Il numero due del regime, Mehmet Shehu, un duro che ammette lui stesso di esserlo in una lettera al Fronte di Liberazione Nazionale, addestrato alla tortura e all’omicidio in Spagna che una volta rientrato in Albania uccide e tortura con le proprie mani centinaia di nemici incluso un capitano italiano, suo ex commilitone alla Nunziatella a Napoli, aveva però acconsentito al fidanzamento di suo figlio Skenderi con la stella della pallamano femminile della squadra della Dinamo. La ragazza di nome Silva, figlia di Qemal Turdiu, un professore nonché fondatore dell’università, aveva alcuni parenti fuggiti negli Stati Uniti e Enver Hoxha ordinò annullare il fidanzamento. Mehmet Shehu fu trovato morto il 17 dicembre di 1981, nessuno in Albania crede alla versione ufficiale di suicidio. Tutta la famiglia Shehu va in prigione dove muore la moglie Fiqirete e si suicida il figlio Vladimir mentre gli altri figli Skenderi e Bashkim restano in carcere fino alla caduta del regime. La fidanzata di Skenderi e tutta la famiglia perdono i loro lavori e conoscono il carcere, il lavoro forzato ed il confinamento. Le loro case storiche sono state distrutte.
Dopo la morte di Shehu, in un processo segreto celebrato nel 1983 numerose altre figure che erano sotto la sua linea di influenza furono arrestate e condannate tra cui l’ex ministro degli Interni Feçor Shehu, il ministro degli Esteri Nesti Nase e il ministro della Salute Llambi Ziçishti.
Dalla creazione del primo governo del dopoguerra fino al 1981 tutti i ministri degli Interni: Koçi Xoxe, Kadri Hazbiu, Mehmet Shehu e Feçorr Shehu, furono accusati da Hoxha di essere agenti di governi stranieri. Il capo delle guardie del corpo di Enver Hoxha era Sulo Gradeci. Quest’ultimo servì Hoxha per 30 anni, divenendo l’uomo più fidato del dittatore.
Nella sua biografia dell’ex dittatore, Blendi Fevziu descrive Hoxha come uno psicopatico paranoico, con pochissimi o nessun rimorso, che insieme a sua moglie organizzava la rapida morte di chiunque si mettesse sulla sua strada. Nei suoi ultimi anni, scrive Fevziu, Hoxha visse improvvisamente una vita solitaria, perché a quel punto aveva ucciso così tanti dei suoi compagni di guerra che non aveva quasi nessuno con cui parlare.
I rapporti di “krushqi” sono stati forti e resistenti ma soltanto finché funzionali alle convenienze.