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L’Unione bancaria spiegata al popolo

“È un risultato storico”, ha esultato il ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni dopo 12 ore di trattative per definire all’Ecofin, consesso che riunisce i ministri economici dell’Unione, i dettagli dell’unione bancaria europea. In effetti, questa decisione è stata definita da molti commentatori la più rilevante centralizzazione di potere decisionale in Europa dalla creazione della moneta unica. L’accordo, approvato nella notte del 18 dicembre scorso, rappresenta il coronamento di un processo iniziato oltre un anno fa, nel luglio 2012, per una riforma complessiva del sistema bancario continentale e una progressiva armonizzazione legislativa del settore.

L’Europa: una integrazione parziale

A partire dall’unificazione monetaria dell’eurozona si è registrato un forte aumento dell’integrazione  finanziaria tra paesi membri, guidata da una crescente esposizione degli istituti di credito in attività fuori dal paese di appartenenza. Questa crescente interrelazione è stata guidata non solamente dall’effetto fiducia legato all’appartenenza alla moneta unica (che ha spinto i titoli periferici a generare rendimenti pari a quelli dei titoli dei paesi più solidi per lungo tempo prima della crisi) ma anche dal permanere di asimmetrie nelle regolamentazioni finanziarie e fiscali nei singoli stati membri. In questo modo gli istituti finanziari, la cui principale attività è quella di prendere decisioni calcolando i rischi associati, hanno potuto sfruttare l’eterogeneità legislativa per fare profitti, il cosiddetto arbitraggio regolativo, in modo da diversificare il rischio e aumentare le entrate.

La crisi asimmetrica del 2010

Con la crisi delle bilance dei pagamenti del 2010, quando molti istituti finanziari sono entrati in crisi, queste asimmetrie si sono ampliate. La risoluzione delle sofferenze è stata infatti affidata ai singoli stati di appartenenza, in alcuni casi costringendo i governi ad intervenire socializzando le perdite delle banche con denaro dei contribuenti. Queste operazioni, necessarie per garantire la stabilità dei singoli sistemi creditizi, hanno finito per aumentare sensibilmente i debiti pubblici dei paesi più deboli, il che ha causato una diminuzione della fiducia nei mercati sulla sostenibilità dei debiti, fughe di capitali e richiesta di misure di austerità. Fino alla recessione. L’obiettivo dell’unione bancaria è proprio quello di evitare il protrarsi di queste asimmetrie, creando un sistema finanziario unico e garantendo solidità al sistema nel suo complesso.

Un meccanismo unico di supervisione

Il primo pilastro dell’unione bancaria è un sistema di supervisione unificata (Ssm, o Single supervisory mechanism) sotto il controllo della Banca Centrale Europea. Il suo compito è quello legato alla vigilanza finanziaria in Europa attraverso il monitoraggio continuo dei principali istituti bancari del continente. Oltre alla Bce, al Ssm collaboreranno le autorità di vigilanza nazionali, che manterranno l’onere di monitorare gli istituti per cui vale una delle cinque condizioni seguenti: 1) il valore degli asset eccede 30 miliardi di euro, 2) il valore degli asset eccede 5 miliardi di euro e il 20% del Pil del paese di appartenenza, 3) la banca è tra le tre più grandi del paese, 4) la banca ha rilevanti attività intercontinentali, 5) la banca riceve assistenza da un fondo di salvataggio dell’eurozona. Saranno circa 130 (sugli oltre 6000 istituti bancari dell’eurozona) gli istituti così monitorati direttamente dalla Bce, per una stima di circa l’80% delle attività bancarie totali. La partecipazione al Ssm sarà obbligatoria per tutti i paesi aderenti all’eurozona, mentre i paesi Eu fuori dall’area euro potranno partecipare attraverso accordi di cooperazione.

Un meccanismo unico di risoluzione delle crisi

Il secondo pilastro dell’unione sarà rappresentato dal meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (Srm, o Single resolution mechanism), con il compito di intervenire direttamente nel caso di istituti in difficoltà – a prescindere dal paese di appartenenza degli stessi. Il Srm prevede un accentramento della facoltà di decidere circa il salvataggio (o il fallimento) di una banca sotto la supervisione della Bce. L’efficacia di questo meccanismo sarà garantita dalla creazione di un fondo ad hoc (Srf, o Single resolution fund) di 55 miliardi di euro, finanziato dai paesi membri, attivo a partire dal 2016 e capitalizzato gradualmente attraverso compartimenti nazionali pagati tassando gli istituti di credito. A partire dal 2016 è inoltre prevista una clausola di bail-in, ossia una compartecipazione alle perdite da parte degli azionisti e dei principali creditori per un totale fino all’8% degli asset della banca in crisi. Il Srf interverrà solamente dopo l’esaurimento di questa clausola, qualora il bail-in non sia stato sufficiente e per una dimensione stimata pari a circa il 5% degli asset della banca. Qualora i fondi del Srf non siano sufficienti a garantire il salvataggio, il fondo potrà accedere al mercato del credito, prendendo a prestito la cifra necessaria per completare l’operazione.

Chi decide sul salvataggio?

Un board composto da cinque membri fissi e da rappresentati nazionali. Le decisioni del board saranno rese esecutive entro 24 ore dalla loro esecuzioni ma con facoltà d’intervento del Consiglio Europeo a semplice maggioranza e su proposta della Commissione. Nel caso in cui un salvataggio superi determinate soglie sarà la sessione plenaria ad avere potere decisionale e il voto sarà pesato per la quota di contributi al fondo. Si tratta di un processo che potrebbe coinvolgere più di 130 persone.

Il periodo di transizione

Sebbene il meccanismo unico di risoluzione si applicherà a partire dal 1 gennaio 2015, non è ancora  chiaro il suo funzionamento prima della completa capitalizzazione del fondo a suo sostegno. Scartata l’ipotesi, richiesta da Francia e Italia, di un canale preferenziale di accesso alle risorse dell’Esm – il fondo europeo di stabilità di 500 miliardi di euro costituito per salvare i paesi in difficoltà –, il salvataggio di una banca in difficoltà dovrà passare attraverso le risorse dei singoli paesi che, se non sufficienti, potranno rivolgersi a loro volta all’Esm dove otterranno fondi in cambio di certe condizioni, per esempio attraverso un “contratto per il finanziamento”.

Garanzia unica per i depositi

Il terzo pilastro dell’unione bancaria sarà la garanzia unica per i depositi sotto i 100.000 euro, che ne garantirà il rimborso in caso di fallimento bancario. Oltre a proteggere i piccoli correntisti, questo meccanismo è cruciale per garantire omogeneità al sistema bancario e finanziario, limitando cioè le possibilità di corsa agli sportelli o di trasferimento di fondi da un paese all’altro dell’eurozona in caso di crisi. Su questo punto, tuttavia, si sono registrati i progressi più lenti. Il 17 dicembre scorso la presidenza lituana del semestre Ue ha trovato un accordo con il Parlamento Europeo per aggiornare la direttiva a riguardo, prevedendo che tutti le istituzioni di credito entrino nello schema di garanzia dei depositi e stabilendo l’istituzione un fondo dello 0,8% dei depositi.

di Nicolò Cavalli

Da: http://www.pagina99.it/

Scritto da Redazione

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