C’era una volta il buon vecchio reato di “concussione”, il più grave tra i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione: i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio che, abusando della loro qualità o dei loro poteri, costringevano o inducevano il privato a dare o promettere denaro o altra utilità venivano puniti con la reclusione da 4 a 12 anni.
La distinzione tra costrizione e induzione risultava molto sottile, ma in ultima analisi rilevava ben poco perché il risultato era il medesimo: una dazione o una promessa indebita, ottenuta con una condotta abusiva, a danno del privato da considerare vittima del reato. Questo accadeva fino a novembre del 2012, cioè fino all’entrata in vigore della cosiddetta “legge anticorruzione”. Infatti, il legislatore è intervenuto drasticamente sdoppiando la concussione in due diversi reati, la concussione (art. 317 c.p.) e l’induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), con un passo indietro che ci riporta al codice penale del 1889 (allora c’erano la concussione violenta e quella fraudolenta).
Dunque, dopo la legge n. 190 del 2012, la concussione può essere perpetrata solo dal pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe il privato al pagamento o alla promessa di denaro o altra utilità (pena della reclusione da 6 anni a 12 anni). L’induzione indebita, invece, che costituisce un reato meno grave e punito con la reclusione da 3 a 8 anni, può essere commessa non solo dal pubblico ufficiale ma anche dall’incaricato di pubblico servizio.
Tale distinzione, dettata dalla considerazione che soltanto il pubblico ufficiale può intimorire il privato a tal punto da provocare quella coartazione assoluta della volontà propria della concussione, nei fatti produce, inavvertitamente, conseguenze disastrose sui processi in corso: gli imputati di “concussione per induzione” vedranno restringere infatti i termini di prescrizione da 15 anni a 10 anni.
Ma non va taciuta un’altra importante conseguenza della riforma in peius. Si è detto che l’induzione non è più concussione, ma la vera novità introdotta dalla legge “anticorruzione” è la punibilità del privato nel reato di induzione indebita, cioè per un delitto (concussione per induzione) del quale veniva considerato vittima fino a novembre 2012. Il privato si trasforma cioè da vittima in correo: cornuto e mazziato. Ma non rileva soltanto il danno e la beffa per le vittime di abusi da parte di pubblici funzionari. Quello che preoccupa è anche la riduzione delle chances investigative che la punibilità del privato comporterà senza dubbio, per l’evidente interesse di una delle fonti di prova più rilevanti (la vittima del reato) a mantenere il silenzio più assoluto. Così, il legislatore “anticorruzione” pare sia riuscito, a sua insaputa, a favorire la concussione (pardon…”induzione”). Già immaginiamo le lunghe file di privati “indotti” davanti alle Procure, vivamente desiderosi di confessare il proprio reato.
di Andrea Leccese