Di nuovo, di nuovo si è consumata l’ennesima tragedia dell’omofobia.
Purtroppo, sta diventando usuale e frequente ascoltare queste tragiche notizie, che sensibilizzano tutti i nostri cuori.
Questa volta un ragazzo di 21 anni si è gettato dall’undicesimo piano, inspiegabilmente, o meglio, per una causa “inconfessabile”, perché omosessuale. Prima di lui, invece, un ragazzo ancora più giovane, un mio coetaneo, di appena 14 anni, si era suicidato per gli stessi “motivi”.
Motivazioni solo apparentemente incomprensibili, per noi che siamo spettatori esterrefatti di questi fatti raccapriccianti.
Perché lo fanno? Per una ridotta cognizione di causa? Perché arresi all’idea che questa società sia irrimediabilmente ostile alle loro ragioni?
E’ su questo che dobbiamo riflettere: loro si arrendono, loro perdono ogni speranza. E noi?
Noi dobbiamo riflettere su questa nostra società, sulla sua “etica” pubblica, quella che fa sentire il diverso inaccettato e inaccettabile.
Una società che alterna indifferenza e cecità verso alcune problematiche, considerate minori rispetto ad altre, ma di grande rilievo sociale, e chiusura mentale, culturale, verso altre, come quella in esame, favorendo discriminazione e intolleranza.
Il principio cardine della nostra Costituzione è l’uguaglianza. Possiamo dire che la nostra società ha valorizzato, applicato fino in fondo questo principio? Non credo proprio.
Si abbandonano al proprio infelice destino, emarginandoli, soggetti che hanno come unica colpa quella di amare persone dello stesso sesso. E la chiamano civiltà.
Le istituzioni dovrebbero agire concretamente per eliminare ogni forma di discriminazione, dovrebbero agire con coscienza e umiltà, sulla base della ragione, secondo il principio di umanità. Secondo la Costituzione ed i sui valori di uguaglianza, tolleranza, libertà.
Dovrebbero farlo istituendo delle norme severe contro l’omofobia, degne di essere chiamate leggi, al fine di tutelare coloro che hanno un diverso orientamento sessuale, evitando il continuo ripetersi di queste orrende e tragiche morti.
Dunque, o si riparte dalla ragione oppure ci dovremo vergognare di appartenere ad un certo tipo di società, quella contemporanea, che non si è (mai) edificata sui principali valori a tutela dell’intera collettività.
di Lorenzo Caffè