Quando un oratore dal palco di Piazza del Popolo – non ricordo bene chi – ha gridato “non siamo qui per fondare un altro partito”, nessun applauso si è levato dalle migliaia di persone che la gremivano. Un segnale, chiaro ed inequivocabile, del sentimento che serpeggiava tra i partecipanti alla grande manifestazione in difesa e per l’applicazione della Costituzione svoltasi sabato scorso a Roma. Parlo del sentimento di chi non si sente rappresentato dal partito delle “larghe intese”, né dal nuovo populismo demagogico, di cui non solo Grillo e il suo movimento, evidentemente, sono di questi tempi interpreti e fautori.
Si dirà: ma in quella piazza c’erano i resti di una sinistra sconfitta, minoritaria e divisa, anche storie di fallimenti politico-elettorali recenti. Ed è vero, quantunque i bilanci delle sconfitte e delle vittorie non sempre rendano giustizia alla verità riguardo a percorsi intrapresi e ad idee professate in determinate circostanze. Ma c’erano anche tante esperienze di movimento e di associazionismo, storie collettive che compongono il mosaico di un’altra Italia, laica e solidale, libera e altruista, sinceramente democratica.
Sarebbe però sbagliato, proprio ora, cimentarsi in un’opera di sezionatura di quella piazza, evidenziandone contraddizioni, divisioni, diversità. Per quanto difficile, oggi sarebbe il caso di valorizzarne la portata politica, che si riassume nella domanda di un progetto politico alternativo all’inciucio permanente, al populismo dilagante, al fatalismo economico, all’Europa della finanza e dell’austerità, alle pulsioni securitarie in tema di immigrazione, alle politiche di precarizzazione del lavoro e dell’esistenza, al modello neoliberista di (ri)organizzazione della società oggi dominante.
Non è sufficiente chiedere l’applicazione della Costituzione e fare scudo per impedirne la manomissione. Se la nostra Carta fondamentale, di cui però è bene non farne un orizzonte chiuso ed esaustivo, ha una valenza per così dire “programmatica”, c’è bisogno di una forza nel paese che ne assuma valori e programma per un progetto di società.
Se i valori della Carta sono alternativi a quelli del modello di società che si sta affermando nel nostro paese, anche in virtù della deriva autoritaria e finanziariocentrica dell’Europa unita, c’è bisogno di un imponente sforzo di responsabilità e di umiltà da parte di tutti i protagonisti della giornata di sabato scorso, per far vivere quei valori dentro un nuovo progetto politico alternativo sia alla stabilizzazione delle larghe intese che al populismo inconcludente di cui nessuna forza politica in campo oggi è immune. Un passo indietro di tutti, per farne tutti insieme uno in avanti, insomma.
L’operazione non si può fare ovviamente a tavolino, né a ridosso ed in funzione dei prossimi appuntamenti elettorali, ma attraverso un processo democratico che, dal dibattito e dal voto nei territori, sfoci in una grande costituente nazionale, alla quale sarà demandato il compito di definire il profilo programmatico e decidere la leadership di un nuovo soggetto politico unitario della sinistra italiana. L’unica cosa che non si può fare è lasciare le cose a metà, deludendo le aspettative di coloro – e sono tanti – che sono pronti a fare la loro parte per cambiare il paese e dare un futuro dignitoso alle prossime generazioni.
di Luigi Pandolfi