I fatti dei prossimi giorni potrebbero inquadrarsi pienamente nella secolare vicenda del trasformismo. Di fronte alla imminente dissoluzione del PDL, a causa delle vicissitudini personali del suo Capo indiscusso, potrebbe partire una febbrile ricerca di nuova collocazione politica da parte dei berluscones. Ovviamente, ognuno di loro sarà mosso dal desiderio irrefrenabile di agire per il “bene supremo del Paese”.
Maestro del trasformismo fu Benito Mussolini, in arte “Duce”. E si tramanda che anch’egli agì per il bene supremo della Nazione! Da socialista rivoluzionario spinse il PSI ad allontanarsi da Giolitti, staccando la spina alle “larghe intese” coi liberali. Poi, folgorato sulla via di Damasco, divenne nazionalista e antisocialista, sposando la causa della controrivoluzione preventiva e mettendosi al servizio delle forze reazionarie più retrive. Qualche storico malizioso ha insinuato che qualcuno lo abbia pagato per quella conversione. Ma Montanelli ci assicura invece che accettò soldi per difendere le sue nuove idee. Che dire? Facciamo tanto di cappello all’idolo dei sinistri ai tempi di Travaglio: Ipse dixit. Crollato il regime fascista, il Duce pensò infine di tornare socialista e di proporre agli ex compagni del PSI di prendere il potere. Al suo fianco c’era del resto Nicola Bombacci, fondatore del partito comunista e suo grande amico. Le cose andarono diversamente e finirono entrambi a piazzale Loreto.
Ma la storia più simpatica è forse quella raccontata da Banfield, un sociologo americano che alla metà degli anni ’50 si trasferì in Lucania per studuiare il nostro curioso Paese. A Montegrano, il segretario della sezione del partito monarchico passò al PCI perchè i suoi non gli versavano più lo stipendio. Poi, i monarchici ripresero a pagare, e allora ritornò alle sue vecchie idee filosabaude, come se nulla fosse accaduto. Così va l’Italia.
di Andrea Leccese