di Antonella Veltri*
L’undici di Marzo dopo quattro anni di miserie istituzionali e solo grazie alle donne calabresi, organizzate in associazioni e non, viene messa in discussione in un Consiglio regionale composto da solo uomini e con la sola presenza di una consigliera, la Legge sulla “Promozione della parità di accesso tra uomini alle cariche elettive regionali”. Come spesso accade, nell’ordine del giorno della seduta, il punto è stato discusso per ultimo alla presenza delle donne che hanno sostenuto e voluto l’adeguamento alle leggi vigenti nel nostro Paese.
Tra perplessità e dichiarazioni offensive e violente di alcuni consiglieri l’esito della mortificante e penosa discussione è stato ancora una volta il rinvio al 25 di marzo, rappresentando per la Calabria e il Paese intero l’ennesima violenza istituzionale, non solo per le donne ma per una comunità civile che ha il dovere di riconoscere pari diritti e pari dignità al di là dell’appartenenza di genere. Emblematico il rinvio, violento il dibattito nel quale sono stati usati termini e aggettivazioni nei confronti delle donne oltre il limite consentito.
Nel frattempo e contemporaneamente nel Paese si consumano femminicidi, tentativi di roghi di donne da parte di uomini che non accettano le scelte delle donne, che continuano a pensare e agire come se le donne fossero un bene di proprietà. E’ il caso di Maria Antonietta tra la vita e la morte, per le ustioni profonde al viso e agli arti e con difficoltà respiratorie, per colpa dell’ex marito. A Maria Antonietta giunga la mia vicinanza e il sostegno che vorrà cercare nei centri antiviolenza anche nel percorso che vorrà intraprendere con la giustizia.
E’ violenza istituzionale quella che tristemente viviamo quasi ogni giorno apprendendo le motivazioni delle sentenze dei nostri tribunali che continuano a considerare attenuanti i raptus, le tempeste di uomini che uccidono le donne, e le illusioni amorose e la poca avvenenza delle donne che continuano a morire.
E’ violenza istituzionale il mancato riconoscimento della violenza che le donne subiscono da parte di chi mette in dubbio la denuncia e di chi intraprende un percorso non facile e di certo doloroso con la giustizia.
Continuiamo a ripetere che la violenza istituzionale è nel disegno di legge del senatore leghista Pillon che vuole nascondere e occultare la violenza ricacciando le donne nella famiglia, angelo del focolare, custode di principi medievali e primitivi di certo non corrispondenti al tempo che viviamo. Alla violenza delle istituzioni noi rispondiamo con la pratica dei nostri Centri antiviolenza che continuano ad accogliere e a sostenere le donne per riconoscere e uscire dalla violenza.
Rispondiamo proponendo e sollecitando formazione alle forze dell’ordine, agli operatori della giustizia, al mondo della scuola e della sanità. Perché in applicazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), ratificata nel 2013 dal nostro Paese e mal applicata, la violenza alle donne è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione (Art. 3 lett. a). I paesi dovrebbero esercitare la dovuta diligenza nel prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i colpevoli (art. 5).
Rispondiamo continuando a batterci per la piena applicazione di un dispositivo legislativo non recepito pienamente e ad opporci al disegno di legge Pillon invitando tutte e tutti a firmare la petizione on line: https://tinyurl.com/y7kbxyk6.
Rispondiamo ritornando a riempire le piazze perché sui diritti acquisiti non intendiamo tornare indietro.
*Antonella Veltri è vice presidente nazionale Donne in Rete contro la violenza – D.i.Re