di Stefano Zecchinelli
Una volta accerchiato il presidente Trump (personaggio debole e ricattabile) boicottando il ritiro militare dalla Siria, i neoconservatori statunitensi pianificano la spaventosa distruzione del Bacino dei Caraibi. Il complesso militar-industriale sta cercando, dopo decenni di sconfitte, di regolare i conti con la Rivoluzione anticoloniale venezuelana. Prima di inquadrare la strategia messa in atto da Washington con documenti alla mano, cercherò di chiarire ai lettori cosa ha permesso al defunto presidente Chavez di trasformare uno Stato neoliberista fallito in uno Stato sociale dinamico ed indipendente.
Il presidente Chavez ha dimostrato che una economia socializzata, qualora coinvolgesse il popolo lavoratore nella gestione democratica delle risorse, può benissimo risultare vincente all’interno del capitalismo globalizzato. La tesi dei post-marxisti sulla fine della storia s’è rivelata errata; la transizione dall’unilateralismo USA al mondo multipolare, con la diversificazione delle formazioni economico-sociali, è un dato di fatto malgrado i tentativi dello Stato Profondo nord-americano di far sprofondare intere aree geografiche nel caos distruggendo stati, nazioni ed istituzioni pubbliche.
Sconfitto il colpo di stato del 2002, il presidente Chavez nazionalizzò i settori strategici dell’industria di stato coinvolgendo la classe operaia nel processo di decolonizzazione; indipendenza nazionale e sovranità economica, sono i pilastri (nobili) del chavismo. Lo statista venezuelano non fu soltanto anti-neoliberista, ma anche antimperialista; con l’aiuto dell’ex presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad mise a punto un modello internazionale di cooperazione e sviluppo tale da permettere ai paesi post-coloniali di raggiungere l’indipendenza energetica svincolandosi dal padronato occidentale. Tutto ciò avrebbe garantito all’Umanità, comprese la nazioni europee, pace e sviluppo.
Secondo il sociologo marxista James Petras: ‘’Il Venezuela beneficiò delle crisi neo-liberiste degli anni ’90 -‘2000 che portarono all’ascesa dei governi popolari nazionali di centro-sinistra in tutta la regione. Ciò avvenne in particolare in Argentina, Brasile, Ecuador, Bolivia ed Honduras. Inoltre, i regimi “centristi” in Perù e Cile rimasero neutrali. Inoltre, il Venezuela e i suoi alleati si assicurarono che gli Stati Uniti non controllassero l’organizzazione regionale. Il Presidente Chavez da ex-ufficiale si assicurò la lealtà dei militari, sottraendosi ai complotti degli Stati Uniti per organizzare colpi di Stato’’. La sinistra occidentale, post-marxista ed in fase di concedo dall’analisi di Lenin sull’Imperialismo, fece spallucce dinnanzi alla lezione venezuelana quindi optò per il paradigma teorico (fallimentare) post-modernista di matrice anglosassone. La Dottrina Chavez, contrariamente, si orientò verso gli scambi sud-sud (osserva Petras) prediligendo l’etica comunitaria delle tradizioni politiche anti-monetariste. Il leader socialista ha lasciato agli attivisti di tutto il mondo ed alla sinistre rivoluzionaria un metodo di studio comprendente l’analisi di classe unita ad un linguaggio patriottico ed universalista nello stesso tempo.
Umiliati dal nazionalismo democratico sudamericano, gli USA pianificarono la distruzione degli stati indipendenti rilanciando la Dottrina Monroe. Il pensiero dei neoconservatori – variante d’estrema destra del post-modernismo – si ispira alla filosofia di Thomas Hobbes, ideologo inglese del XVII secolo; l’uomo ha una natura malvagia (dice Hobbes) quindi, se vuole sopravvivere, deve cedere tutte le libertà ad una entità superiore ovvero allo Stato Assoluto. Una concezione dello stato crudele, oltre che anacronistica, ripresa da Samuel Huntington e David Horowitz: ‘’La nozione di caos è ricomparsa solo dopo la seconda guerra mondiale, con Leo Strauss. Questo filosofo, che ha personalmente formato esponenti del Pentagono, voleva costruire una nuova forma di potere affondando una parte del mondo nell’inferno’’ (Thierry Meyssan, Interpretazioni divergenti in seno al campo antimperialista, Rete Voltaire. L’esperienza wahabita in Medio Oriente, incoraggiò il complesso militar-industriare nel rilanciare l’inverno imperialista in America Latina; questa strategia è stata messa a punto da Thomas P. M. Barnett dopo l’11 settembre 2001 e pubblicata nel 2003. Di che cosa si tratta? Il giornalista francese Thierry Meyssan, con articoli estremamente documentati pubblicati dalla Rete Voltaire, è l’unico analista ad esaminarla rigorosamente. Una prova di metodo che nel giornalismo investigativo europeo (a parte nobili eccezioni) manca, leggiamo (sottolineatura mia):
‘’Questa strategia, radicalmente nuova, cominciò a essere insegnata da Thomas P. M. Barnett dopo l’11 settembre 2001. È stata resa pubblica ed esposta nel marzo 2003 — ossia appena prima della guerra contro l’Iraq — in un articolo di Esquire, poi nel libro eponimo The Pentagon’s New Map, però è apparsa talmente crudele che nessuno ha creduto potesse essere applicata. L’imperialismo ha bisogno di dividere il mondo in due: da un lato, una zona stabile che gode dei benefici del sistema, dall’altro un caos spaventoso in cui nessuno più pensa a resistere, ma unicamente a sopravvivere; una zona in cui le multinazionali possano estrarre le materie prime di cui hanno bisogno senza rendere conto ad alcuno’’ (Ibidem)
L’Imperialismo del Ventunesimo Secolo non mira soltanto a controllare risorse ed assorbire plusvalore, ma vuole distruggere porzioni intere del pianeta favorendo l’ascesa di dittatori senza scrupoli. Il ‘’modello’’ Bolsonaro viene considerato sostenibile tanto dal neofascismo europeo quanto dall’estrema destra israeliana, la fazione più guerrafondaia del sionismo acritico; stiamo parlando d’un ‘’modello’’ catastrofico per le minoranze etniche, il popolo lavoratore e le nazioni libere. La lotta di classe è globale, ma – dopo una scrupolosa analisi dei rapporti di forza – dobbiamo riconoscere che soltanto la strategia rivoluzionaria del defunto Hugo Chavez consente ad un paese di rimanere libero.