di Stefano Zecchinelli
Il “Plan Condor” sudamericano ha trovato la sua variante moderna nel “Plan Atlanta”, ovvero una forma inedita di golpismo bianco. Attraverso l’attività dei mass media si discredita un movimento politico avversario della “Dottrina Monroe” accusandolo – ingiustamente – di corruzione ed attraverso la magistratura neoliberista vengono distrutti Stati sociali dinamici esterni alla globalizzazione economica. Come possiamo definire questo processo involutivo? Si tratta dell’imposizione su scala mondiale, attraverso le guerre imperialiste di Washington, del modello capitalista USA. Questa premessa è necessaria per comprendere la fase anti-progressista latino-americana, il ritorno della borghesia ‘’vendi patria’’ la quale ha già messo all’asta la sovranità economica d’un interno blocco geopolitico potenzialmente alternativo.
L’offensiva del fronte filo-statunitense venne pianificata nel 2012 nella città di Atlanta, come ha testimoniato, intervistato dal canale russo Sputnik, il deputato domenicano Manolo Pichardo; è una “operazione mediatico-giudiziaria per gettare discredito sui leader progressisti”, situazione analoga denunciata dal presidente uruguayano di centro-sinistra, Raul Sendic. Quando è iniziata la restaurazione conservatrice sudamericana? Leggiamo il giornalista Wayne Madsen:
“La primavera del socialismo dell’America latina iniziò a sfilacciarsi dopo che gli Stati Uniti, principalmente attraverso Central Intelligence Agency e Southern Command, attuarono i colpi di Stato da manuale ad Haiti e Honduras, un tentato colpo di Stato militare in Ecuador e “colpi di Stato costituzionali” in Paraguay e Brasile. Dopo che a Chavez fu diagnosticato con una forma aggressiva di cancro, il blocco bolivariano fu assediato da Washington. Oggi solo Venezuela, Nicaragua, Bolivia e Uruguay rimangono nel blocco progressista e sono tutti assediati,in misura diversa da Washington e regimi “capitalisti clientelari” di Colombia, Brasile, Argentina, Cile e Perù. L’elezione a presidente del Brasile di Jair Bolsonaro, politico di estrema destra del cosiddetto Partito sociale liberale (PSL), è il ritorno ai giorni dei caudillos sostenuti dall’esercito “della diplomazia delle cannoniere” di Washington e sua imposizione delle “Repubbliche delle banane” nell’emisfero occidentale. Bolsonaro, dichiarato ammiratore di Adolf Hitler, Benito Mussolini e dittature militari in Brasile, iniziò a presentarsi come versione di estrema destra dei passati dittatori militari latinoamericani ancor prima di essere eletto presidente. Bolsonaro non fa mistero di voler guidare un blocco di nazioni latinoamericane di destra asservite alle dottrine nazionaliste e razziste dell’amministrazione Trump. Bolsonaro assieme al presidente di destra del Paraguay, Mario Abdo Benitez, il cui padre fu il segretario privato del dittatore nazista Alfredo Stroessner, prometteva di stringere legami più stretti tra Brasilia e Asuncion. Il presidente di destra colombiano Ivan Duque aveva colloqui con Bolsonaro sull’intenzione di entrare a far parte di un blocco di estrema destra delle nazioni latinoamericane in un futuro vertice conservatore delle Americhe, con probabilmente Trump partecipe”.
La politica latino-americana deve essere definita come politica del pendolo; all’offensiva patriottica sta avendo seguito un tentativo di restaurazione conservatrice, la quale porterà ad una nuova reazione delle masse popolari. Nuove guerrigliere nasceranno e nuovi leader progressisti si formeranno partendo dalla lotta antifascista ed antimperialista. L’opposizione anti-Trump necessita dell’unità fra la sinistra di classe, il nazionalismo progressista ed il cattolicesimo popolare da diversi decenni vituperato dagli USA, come diversi analisti ebbero modo di dimostrare.
Alla fine degli anni ’60, il “super-capitalista” Nelson Rockefeller ritenne che l’unica istituzione capace di dare stabilità all’America Latina fosse quella militare, per questa ragione sorse la Scuola delle Americhe, nell’ambito della Dottrina di Sicurezza Nazionale, a Fort Amador in Panama. L’obiettivo era duplice: distruggere i governi indipendenti sradicando il marxismo e la Teologia della liberazione. Lo storico Diego Siragusa osserva che la Chiesa “favoriva lo sviluppo e la crescita economica ma si mostrava tiepida verso il conflitto sociale, verso l’attivismo per cambiare lo stato di cose” ( Diego Siragusa, Papa Francesco marxista?, Editore Zambon ). Lo scontro fra clero e fedeli provocò la nascita del cristianesimo popolare, un pericolo che non sfuggì alla Fondazione Rockefeller la quale, nel 1969, definiva la Chiesa latinoamericana come ‘’una forza orientata al rinnovamento, anche rivoluzionario’’ quindi un ostacolo agli interessi imperialistici statunitensi.
Il Plan Condor, la Shoah dell’America Latina e quegli eroi dimenticati
Sarà per questo che gli evangelici, propinatori del “disimpegno politico”, accomunano il cattolicesimo al socialismo? La concezione evangelica delle dinamiche sociali è analoga al fanatismo dei Fratelli Musulmani, coi quali condividono il pessimismo reazionario; l’uomo, per questi guru, ha una natura malvagia quindi il capitalismo sarebbe un regime immutabile. La politica perde di significato diventando la mera gestione amministrativa delle cose.
Per un fronte popolare contro fascismo e neocolonialismo
L’analista Wayne Madsen conclude il suo eccellente articolo con delle riflessioni condivisibili: “L’emisfero deve ora guardare ad AMLO; al Presidente post-Castro di Cuba Miguel Díaz-Canel; all’ex-presidente dell’Uruguay Mujica; e ai rimanenti primi ministri progressisti degli Stati caraibici anglofoni per salvare i leader di Bolivia, Venezuela e Nicaragua dall’imminente assalto fascista”. Negli stessi giorni a Buenos Aires s’è tenuto il Foro Mondiale del Pensiero Critico contro l’offensiva imperialista “yankee”. La protagonista assoluta di questo evento è stata l’ex presidentessa argentina Cristina Kirchner la quale seppe infliggere, con coerenti politiche socialdemocratiche, umilianti sconfitte ai presidenti Bush ed Obama. Per la Kirchner il peronismo ha l’obbligo morale e politico di andare aldilà delle categorie di “destra” e “sinistra” unificandosi nella lotta ai monopoli ed all’unilateralismo USA (cosa già auspicata da Ernesto Guevara). Una combinazione, nazionalismo e politiche sociali, vincente come rilevò il sociologo marxista James Petras:
“In questo scenario di totale e assoluto fallimento e disastro umanitario causato dalla politiche liberiste promosse dagli USA e dal Fondo Monetario Internazionale, Kirchner/Fernandez dichiararono il default per il debito estero, nazionalizzarono i fondi pensione e numerose imprese precedentemente privatizzate, aiutarono le banche e raddoppiarono la spesa sociale, espandendo gli investimenti pubblici e tonificando i consumi di massa, al fine di intraprendere la strada della ripresa economica. Dalla fine del 2003 l’Argentina passò dalla recessione a una crescita del PIL pari all’8% annuo”.
L’Argentina ha una grande tradizione di lotte sociali, tanto marxiste (castriste) quanto nazionaliste rivoluzionarie (peroniste). Negli anni ’70, l’alleanza militare fra PRT-ERP (guerriglieri passati dal trotskismo al marxismo-leninismo) e peronisti di sinistra fece vacillare la dittatura militare; oggigiorno la contrapposizione al neoliberismo recupererà una parte importante della tradizione storica chiamando in causa le correnti politiche ed ideologiche avverse alla svendita del territorio. Un leader carismatico come Cristina Kirchner riuscirà a dargli una prospettiva democratica e patriottica? La domanda necessita d’una risposta in tempi decisamente brevi.