di Mario Occhinero
Garibaldi è per tutti “l’eroe dei due mondi”. E’ dai banchi di scuola che si apprende del suo coinvolgimento nelle lotte interne del Brasile e dell’Uruguay, nella prima metà dell’Ottocento.
Dell’impegno a difesa della Repubblica Romana di Andrea il Moro, il luogotenente di origini africane di Garibaldi, però, non molti in Italia si ricordano. Nato a Montevideo, il suo vero nome era Andrés Aguyar (o Aguiar) e discendeva da una famiglia di schiavi deportata dall’Africa. Egli stesso rimase tale, schiavo, fino a quando in Uruguay non venne abolita la schiavitù, il 12 dicembre del 1842.
La decisione fu assunta anche perché i partiti contrapposti nella guerra civile potessero rinforzare le proprie fila con nuovi soldati.
Garibaldi, che partecipò a sostegno della fazione liberale dei Colorados, in contrapposizione alla fazione dei conservatori Blancos, ebbe modo di apprezzare il valore di Aguyar e quando nel 1848 rientrò in patria se lo ritrovò a fianco, diversamente da altri suoi uomini che decisero di rimanere nel Nuovo Mondo.
A seguito dei moti europei del 1848, il 9 febbraio 1849 viene proclamata, nei territori dello Stato Pontificio, la Repubblica Romana.
L’esperienza dura poco, soli 5 mesi, fino al luglio 1849. Fu determinante, per la sua capitolazione, l’intervento militare francese di Luigi Napoleone Bonaparte, che per convenienza politica ristabilì l’ordinamento pontificio. Tuttavia, in quei mesi Roma conobbe un grande risveglio politico e civile. Venne introdotto il suffragio universale, fu abrogata la pena di morte e riconosciuta la libertà di culto: conquiste che in Europa sarebbero diventate realtà soltanto un secolo dopo.
Impegnato nella difesa di Roma, Aguyar fu oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica dell’epoca, anche di quella internazionale. La rivista The Illustrated London News pubblicò un disegno rappresentante Aguyar e Garibaldi a cavallo e il pittore olandese Jan Koelman scrisse di lui che sorprese i nemici in battaglia abbattendoli dal cavallo con un “lazo” nello stile migliore dei gauchos delle praterie sudamericane. A quanto si diceva non conosceva la paura e più di una volta salvò la vita a Garibaldi.
Il 30 giugno 1849, Aguyar -che era stato promosso tenente- colpito da una bomba francese nel vicolo del Canestraro nei pressi di Santa Maria in Trastevere, pur grondando di sangue, riuscì a gridare: “Viva le repubbliche d’America e di Roma!
Fu portato nella vicina Santa Maria della Scala, a quel tempo adibita a ospedale, dove spirò.
Aguyar che era nato in Uruguay non per caso, ma per forza, perché suoi antenati erano stati prelevati con la forza dal continente africano dai trafficanti europei, una volta libero, scelse di combattere per la libertà nel nostro Paese.
Ma il nostro Paese non gli ha mai tributato l’onore che avrebbe meritato.
Emblematico che nonostante il suo contributo al Risorgimento italiano, il suo busto non sia presente tra le statue del Gianicolo, pur essendoci una scalinata a Roma che collega via Aurelio Saffi con via Frattelli Bandiera intitolata ad “Andrés Aguyar, luogotenente di Garibaldi”.