di Paola Lepori
Negli ultimi tempi Elise V., 23enne francese che studia e lavora nel campo della cooperazione internazionale e vive a Parigi, ripeteva spesso che era molto preoccupata per come stanno andando le cose in Francia.
Si stupiva, e si doleva, della deriva populista che ha coinvolto molti dei suoi concittadini. Non riusciva a capacitarsi del successo del Front National di Marine Le Pen, della crescente islamofobia, delle recriminazioni contro migranti e rifugiati, degli eventi di Calais, e di tutti quei segnali che indicavano che il paese del motto liberté, egalité, fraternité si fosse chiuso al mondo esterno e si trovasse sull’orlo di una pericolosa spirale d’odio e rifiuto.
Poi, qualcosa è cambiato. Si è aperto uno spiraglio, si è accesa una scintilla di speranza.
A fine marzo, i francesi sono scesi in piazza per protestare contro la riforma del lavoro proposta dal governo. Ma finite le manifestazioni i cittadini non volevano tornare a casa, sentivano che c’era ancora tanto di cui parlare e che la loro protesta è ben più ampia della questione della riforma del lavoro, che il malessere della Francia è ben più profondo.
“Le persone non volevano tornare a casa e alcune di loro non lo hanno fatto”, spiega Elise.
È così che è nato il movimento Nuit debout, raduni notturni di cittadini comuni che voglio affrontare i problemi che gravano sulla Francia in uno dei periodi più difficili della sua storia recente. Cittadini scontenti della politica e delle soluzioni proposte dalla politica.
“Sono stata al raduno notturno di giovedì 7 aprile a Place de la République, a Parigi”, racconta Elise. “Assistevo all’assemblea generale quando qualcuno ha detto che la polizia stava per sgomberare un posto in cui di solito trovano riparo i migranti. Allora, circa 400 persone si sono alzate per recarsi sul posto e quando le forze dell’ordine lo hanno saputo hanno deciso di annullare l’operazione”.
Quello, secondo Elise, è stato un momento straordinario perché ha dimostrato che i francesi sono ancora capaci di provare empatia e mostrare grande solidarietà.
Nuit debout si basa sulla ‘convergenza delle lotte’, per questo è andato oltre la riforma del lavoro e si propone di affrontare altri temi importanti.
“Nuit debout è contro la reazione del governo dopo gli attacchi di Parigi dello scorso novembre, contro lo stato di emergenza, contro le misure di sicurezza eccessive come la proposta di togliere la cittadinanza ai terroristi”, la lista è lunga.
“Ma è anche contro Hollande – credo che il suo destino sia segnato, non verrà mai rieletto – e contro le misure sociali che non sono affatto socialiste! Il governo non fa che piegarsi alle lobby finanziarie e affaristiche”, prosegue Elise.
Il malcontento investe l’intero sistema politico, il risultato di una perdita di fiducia verso tutti i politici e verso tutti i partiti, senza distinzioni. Infatti, il movimento non è legato a nessuna formazione politica né ai sindacati e, soprattutto non punta a diventare un partito. Piuttosto, si propone di creare un modo nuovo di fare politica e un modo nuovo di praticare la democrazia.
Nuit debout è un movimento pacifico, sposa la non-violenza. I partecipanti si riuniscono ogni sera nelle piazze delle città in tutta la Francia e le lasciano alle prime luci dell’alba.
A Place de la République, mi spiega Elise, i manifestanti montano ogni notte diverse strutture. C’è il palco per l’assemblea generale, ci sono banchetti alimentari, e ci sono gli stand dei vari ‘comitati’. Ogni comitato si occupa di questioni specifiche, oppure di idee e azioni concrete.
“Nuit debout si propone di condividere idee, emozioni e sentimenti, e conoscenza. I diversi comitati e l’assemblea generale non si limitano a criticare, parlano delle soluzioni ai problemi. Per esempio, lo stipendio di base (revenu de base) o un sistema democratico fondato su una nuova costituzione scritta dai cittadini”.
Elise riassume lo spirito del movimento: “In generale, l’idea è che non cambierà nulla se la gente non spinge le autorità a farlo. Che l’unione fa la forza, o almeno questo è quello che ho appreso io”.
Ma viene da chiedersi quanto potrà durare questo momento di comunione e di spirito quasi rivoluzionario.
“Penso che la durata dipenderà da due fattori”, dice Elise. “Il primo è il ritiro – o l’adozione, naturalmente – della riforma del lavoro. La riforma sarà discussa in parlamento all’inizio di maggio, poi dovrà essere approvata dal senato”.
“Il secondo fattore è per quanto tempo il governo e la autorità di Parigi sopporteranno il movimento. Se diventa violento o troppo rumoroso o semplicemente se diventerà un problema troppo grande per loro, potrebbero proibirlo. Ma questo potrebbe esacerbare la situazione e i Nuit debout delle altre città francesi continuerebbero”.
Elise mi spiega che i raduni non sono autorizzati, ma tollerati e che se le autorità volessero sciogliere e disperdere il movimento potrebbero farlo: potrebbero facilmente usare lo stato di emergenza per fermare Nuit debout.
È difficile anche prevedere quale sarà il suo impatto, probabilmente avrà un impatto sulla questione della riforma del lavoro. E sicuramente ha attratto l’attenzione nazionale.
“I media stanno seguendo Nuit debout da vicino, c’è una grande copertura mediatica. Tutti conoscono il movimento e sanno cosa sta succedendo. Credo che si stia diffondendo in tutto il paese. Per esempio, a Grenoble il primo Nuit debout è stato sabato (doveva essercene uno dieci giorni fa, dopo una manifestazione ma era stato vietato) e adesso la gente si raduna ogni notte”.
Oggi, Elise è più ottimista di quanto non fosse qualche tempo fa, ha avuto la prova che la sinistra che credeva perduta esiste ancora.
“Andando ai raduni notturni, ho capito che ci sono molte persone che la pensano come me e che vogliono che il mondo si muova in una direzione diversa. Nuit debout mi ha anche dato la possibilità di lottare per le mie idee e i miei valori e ha fatto lo stesso per molti altri come me”.
Nuit debout crea un’arena per la sinistra francese che forse era troppo scossa dalle misure di Hollande e che ha dovuto fare a meno di partito socialista che ormai di socialista non ha nulla.
Ma Elise non si lascia prendere dai facili entusiasmi: “È difficile dire se tutto questo avrà un impatto politico o elettorale reale. L’obiettivo è mostrare che i partiti politici tradizionali non funzionano più, ma cosa saremo in grado di costruire concretamente non so ancora dirlo”.