Nell’ambito degli “Itinerari Gramsciani 2013”, un progetto culturale che fa capo all’Istituto Mezzogiorno-Mediterraneo, è stato presentato, nella Sala degli Specchi del Palazzo della Provincia di Cosenza, il libro di Mario Brunetti “La sinistra perduta. L’itinerario politico di un protagonista eretico attraverso il socialismo rivoluzionario”, da poco uscito per i tipi della Rubbettino.
Nell’occasione abbiamo intervistato Fausto Bertinotti, che del libro ha curato la prefazione.
Partiamo dal titolo del libro di Mario Brunetti, “Sinistra perduta”. Ecco, che fine ha fatto la sinistra in Italia?
Mi pare che il libro sia interessante, un bel libro, pieno di passione e di autenticità. Il titolo riassume bene la situazione attuale, la sinistra che abbiamo conosciuto è morta, non c’è più. Bisogna partire da questa dura realtà, per chi pensa che sia ancora aperta una contesa sui temi dell’uguaglianza, della libertà, nella società contemporanea. Perché la tragedia della morte della politica è anche la tragedia della scomparsa della sinistra.
La scomposizione del Pd potrebbe giovare alla riorganizzazione della sinistra?
No, io penso che da dentro le forze politiche organizzate non possa più venire niente, nessuna soluzione carica di futuro. In realtà il contrasto di oggi è tra un governo oligarchico che sempre di più plasma le società politiche europee, in cui i governi sono tutti a sovranità limitata, i parlamenti sono sostanzialmente svuotati, la democrazia è di fatto sospesa col nuovo governo delle èlite, e quest’aria di rivolta, di conflitto sociale che emerge dentro la pancia di questa società con gli indignados, con Occupy Wall Street, con i grandi moti di lotta che attraversano le capitali del mondo, dell’Europa, con le resistenze anche in Italia, dai No Tav alla Fiom, passando per la politica dei beni comuni, i referendum sull’acqua. Ecco, questo è il contrasto reale, nel quale è possibile ipotizzare la rinascita di una nuova soggettività della sinistra anticapitalistica. Nella politica di oggi, invece, c’è solo folklore. Il fatto che il Pd governi con Berlusconi è la normalità di questa fase non l’eccezione.
Cosa pensa di Matteo Renzi?
Eh, Eh (ride n.d.r.) è irrilevante quello che penso io…
E del Movimento 5 Stelle?
Questo è un fenomeno che ha guadagnato un grande consenso popolare sulla base di una intuizione giusta, quella per cui il sistema politico italiano è irriformabile dall’interno. E questa denuncia della perdita di consenso della società politica italiana è stata l’altra faccia dell’astensione, che ha contribuito a gonfiarne il successo. Naturalmente l’ingresso nelle istituzioni gli ha aperto lo stesso problema delle forze politiche che denunciava.
In tutto il mondo cresce la protesta contro la povertà e la corruzione. Turchia, Bulgaria, Brasile, Portogallo, Egitto. In Italia non ce la passiamo certo bene, ma in piazza non va nessuno. Perché?
Intanto va detto che i movimenti di lotta di oggi sono quasi sempre imprevedibili. Chi avrebbe detto due, tre anni fa che Mubarak sarebbe stato travolto dalla piazza. E poi nessuno ha previsto la Turchia, e poi nessuno ha previsto il Brasile, e potremmo proseguire con gli indignados. Perché nel ciclo che abbiamo conosciuto precedentemente le lotte erano in qualche modo programmate o almeno prevedibili. Le lotte di oggi, che sono senza partito e senza leader, hanno un che di spontaneo, di irrituale. Perciò bisogna fare come gli indiani: mettere l’orecchio a terra e ascoltare, ascoltare perché potrebbe accadere molto presto anche in Italia.
Da dove si dovrebbe ripartire?
Il passato ci consegna una cassetta degli attrezzi abbastanza fornita, ma non sufficientemente piena di strumenti utili a comprendere il presente. Ciò che dobbiamo capire è che oggi c’è una lotta di classe alla rovescia: il capitale fa la guerra ai poveri. E per capitale intendo quello finanziario, vero nemico dell’umanità. Si pensi alla devastazione che stanno producendo le politiche di austerità. Come dicevo prima, dal sistema politico non può venir nulla, ma c’è grande fermento nelle nostre società, nuove forme di resistenza al dominio del capitale globalizzato. Siamo come alla fine dell’ottocento, dopo la rovinosa sconfitta della Comune di Parigi. Sembrava tutto perduto, poi si aprì una lunga stagione di lotte e di successi, mescolati a sconfitte e tragedie, del movimento operaio. Si aprì il Novecento.
di Luigi Pandolfi e Francesco Madrigrano