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Bruno D'Arcevia Canto delle Sirene - Olio su tela
Bruno D'Arcevia Canto delle Sirene - Olio su tela

“L’Acqua la Luce la Pietra”, a Fiuggi 27 artisti per la rinascita dell’arte figurativa

Sgarbi: «L’Arte è una maturazione della Natura. Non odio l’arte contemporanea. Odio la merda contemporanea, che anche tecnicamente viene chiamata merda d’artista»

 

«L’Arte vive e noi combattiamo con Lei». Si chiude con una battuta appassionata l’intenso intervento di Vittorio Sgarbi, che ha presentato a Roma la prestigiosa mostra di cui è curatore e che sarà inaugurata sabato 20 a Fiuggi: L’Acqua la Luce la Pietra, fino al 30 agosto presso le Officine della Memoria e dell’Immagine della cittadina laziale.

Ma soprattutto un evento che concilia la sostanza e l’indole dei luoghi con lo spirito eroico e intrepido di tanta Arte contemporanea che proclama, orgogliosamente, la rinascita del figurativismo: a Fiuggi 27 artisti esporranno le proprie opere debitrici della lezione del Classicismo, dei modi dell’Umanesimo, in una parola, delle forme della Bellezza artistica di tutti i tempi.Bruno D'Arcevia Canto delle Sirene - Olio su tela

Una rinascita che si avvale di trent’anni di revisionismo artistico, tra Argan e lo stesso Sgarbi, in un viaggio che, dall’astrattismo, ha risalito la china in nome di un recupero e di un attraversamento, tanto consapevole quanto vibrante, delle forme, delle linee e delle iconografie dell’Arte italiana.

«L’Arte è una maturazione della Natura» afferma Sgarbi, legittimando la sopravvivenza dell’Arte figurativa contemporanea «E come possiamo dichiarare che l’Arte sia morta? Sono morti forse l’acqua, la luce e la pietra?». E sconfessando chi lo vuole nemico giurato dell’arte non figurativa, ribadisce: «L’aggettivo ‘Contemporanea’ è carico di ambiguità. Non odio l’arte contemporanea. Odio la merda contemporanea, che anche tecnicamente viene chiamata merda d’artista. Ma non per questo non può esistere arte figurativa contemporanea. Come diceva Andrè Chénier: sopra pensieri nuovi facciamo versi antichi».

Del resto, proprio con quella Biennale epocale del 1980, in cui Luigi Carluccio mise al centro della mostra veneziana l’opera di Balthus, l’arte figurativa contemporanea riceveva una sua legittimazione ufficiale. Legittimazione che la mostra fiuggina ribadisce, così come – ricorda Sgarbi – il cantiere della ricostruita Cattedrale di Noto, in cui
artisti contemporanei hanno ricreato affreschi e sacri arredi, in linea con gli originali ma non come falsi o copie pedisseque degli originali, bensì in una reinterpretazione figurativa, criticamente citazionista in alcuni casi, visionariamente classicheggiante in altri.

E, così, anche Fiuggi si trasforma in ennesimo terreno di rinascita, in luogo di sfida: dieci scultori e diciassette pittori per dimostrare in sessanta opere come l’arte, fatta di forme e di tecnica, di armonia e di artigianato, di scultura che si fa per forza di levare o di sfumato pittorico, «esista ancora e che può piacere e stupire».

Come ha spiegato anche l’ideatore ed organizzatore dell’evento, Giovanni Stella, alla base della manifestazione si colloca quel genius loci che fa di Fiuggi la terra dell’acqua, dell’acqua come cura proprio di quello che Michelangelo Buonarroti definiva mal della pietra: «Alcuni documenti attestano che il grande artista venisse a Fiuggi per curare la calcolosi, a cui attribuì questo poetico nome». Da qui, la scelta della trilogia tematica a cui si ispirano le opere esposte e distribuite in tre sezioni.

Oltre a quella scultorea e pittorica, infatti, l’evento si avvarrà di uno spazio-simposio di scultura, in cui il pubblico potrà dialogare idealmente con l’artista all’opera, assistendo alla nascita di un’opera d’arte da un blocco di marmo.

L’esposizione si avvale di nomi prestigiosissimi, in una rosa di artisti di indiscutibile fascino, dal sartoriano Roberto Ferri al citazionista Bruno D’Arcevia, dal vignettista del Fatto Riccardo Mannelli, in veste di raffinato pittore, a Federico Giampaolo, sorprendente Dino Valls italiano, secondo la definizione di Sgarbi; dal “nuovo Ligabue” Raimondo Lorenzetti al classicismo anticonformista di Claudia Marchetti, fino alla vertigine emozionale dello scultore speleologo Filippo Dobrilla e al barocco underground di Livio Scarpella.

Perché l’arte figurativa non è morta. Lunga vita all’arte figurativa.

di Isabella Pascucci  

Scritto da Redazione

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